Da Corriere della Sera del 22/06/2004

«Così sarà la colonia sulla Luna. Poi Marte»

di Giovanni Caprara

Il successo dello SpaceShipOne, prima astronave privata, sembra dimostrare sul campo la validità del rapporto sul futuro delle attività spaziali presentato in questi giorni alla Casa Bianca. Frutto della «Commission on Moon, Mars and Beyond» voluta dal presidente George W. Bush nel gennaio scorso, aveva lo scopo di indicare come raggiungere gli obiettivi stabiliti dallo stesso presidente: la costruzione di una colonia lunare e lo sbarco su Marte. Le 60 pagine del rapporto compilato da nove esperti esterni alla Nasa, provenienti da università e industrie e guidati da Edward Aldrige, ex viceministro della Difesa, ha già provocato aspre reazioni. Del resto era prevedibile, dato il radicale cambiamento che prevede. «E' la più profonda trasformazione della Nasa dal momento della sua nascita», commenta John Logston, direttore dello Space Policy Institute della George Washington University. «Per mettere insieme una colonia permanente sulla Luna e preparare un viaggio verso Marte - dice Aldrige - bisogna organizzare la Nasa e le sue attività in modo del tutto diverso. Ora abbiamo ancora un' impostazione legata agli anni Sessanta e ai primi sbarchi degli astronauti. Allora si spendevano 17 miliardi di dollari all' anno, al valore attuale, garantiti dallo Stato per qualsiasi cosa: centri di ascolto, razzi, astronavi. E gli obiettivi venivano raggiunti. Ma oggi è impensabile questo modo di procedere, è venuto il momento dell' iniziativa privata». Il rapporto, dopo l' accettazione scontata della Casa Bianca, passerà al Congresso per una discussione che si preannuncia ardua. I commissari ipotizzano entro il 2020 la realizzazione della colonia lunare sulla quale dovranno vivere e lavorare come scienziati piccoli gruppi di astronauti. L' insediamento dovrà essere in grado di autosostenersi, perché trasportare dalla Terra il necessario farebbe salire i costi in maniera impossibile. Quindi energia e prodotti alimentari dovranno nascere e crescere in impianti da costruire sulle sabbie lunari. Ma per riuscire nell' impresa - precisa il rapporto - bisogna prima sviluppare 17 tecnologie chiave indispensabili: da razzi di maggiori capacità a nuovi apparati di generazione di energia, da astronavi in grado di viaggiare in maniera del tutto automatica a sistemi di comunicazione a banda larga. E pure nuove tute per gli astronauti. Tutto ciò è indispensabile per la Luna, ma servirà anche per il successivo balzo verso il Pianeta Rosso. E' qui che dovranno entrare in scena i privati. I mezzi di trasporto dovranno essere forniti dalle industrie e la Nasa pagherà il servizio solo se davvero garantito. Inoltre i dieci centri della Nasa, ora spesso in competizione fra loro con sovrapposizioni e sprechi, diventeranno degli istituti autonomi e capaci di lavorare assieme alle università e alle industrie. L' agenzia spaziale americana garantirà incentivi, organizzerà premi per stimolare l' innovazione ma sarà il mondo privato che dovrà trovare sviluppo e business nello spazio. Sotto il controllo esclusivo della Nasa rimarranno, invece, le missioni umane, cioè la punta più ardua e delicata dell' esplorazione. «Soltanto così - dice Aldrige - potremo avere i mezzi per iniziare la colonizzazione del cosmo, il nostro obiettivo ineluttabile».

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