Da La Repubblica del 11/05/2004
Sono 22, coprono il 10 per cento del territorio ma la politica del governo li sta portando al collasso
Alberghi, porti, riserve di caccia così si dissolvono i parchi italiani
"Desidero che i parchi non siano ingessati, ma fruibili da tutti", dice il ministro Matteoli
Legambiente accusa: "La gestione è senza qualità, la competenza è stata travolta"
di Antonio Cianciullo
ROMA - Negli anni Ottanta l´Italia si riempì di «parchi di carta»: semplici linee tracciate sulle mappe in modo da dare un contentino a un´opinione pubblica sempre più allarmata per il dissesto ambientale e sempre più affamata di verde. Poi, grazie a oltre un decennio di spinte convergenti dei ministri dell´Ambiente - dalle intuizioni generose di Giorgio Ruffolo alla capacità costruttiva di Edo Ronchi - quei confini acquistarono sostanza e si raggiunse un obiettivo che sembrava impensabile: il dieci per cento di territorio protetto. Adesso si torna indietro a tutta velocità: i parchi restano senza guida, le protezioni si allentano, gli alberi che si limitano a produrre ossigeno e a tenere saldo il terreno invece di venire tagliati per far posto a uno skilift o a una strada sembrano un addobbo paesistico inutile.
Le cifre fornite dal cartello delle opposizioni ambientaliste che vanno dal Wwf alla Legambiente, dai Verdi alla sinistra ecologista, è impressionante. Dei 22 parchi nazionali istituiti, 10 non hanno il presidente, 5 sono commissariati, 6 non hanno il Consiglio direttivo, 2 non sono ancora attivati, 20 sono privi di un direttore con un regolare incarico.
«Sui parchi si è abbattuto uno spoil system violento che ha travolto ogni competenza», accusa Antonio Nicoletti, responsabile del settore natura protetta di Legambiente. «L´elenco dei candidati sponsorizzati dal Polo con curriculum ambientali scarsi o nulli è imbarazzantemente lungo. Allo Stelvio, dove la battaglia è per difendere gli alberi dai mondiali di sci, si punta su un maestro di sci. Alle Dolomiti Bellunesi si propone il sindaco di un Comune fuori dal parco. All´arcipelago toscano si affida il consiglio direttivo del parco ai sindaci che si sono pronunciati contro il parco».
«Il governo ha deciso di puntare su nomine senza qualità e senza intesa con le Regioni ed è stato sconfessato dalla Corte costituzionale che ha accolto il ricorso della Regione Toscana contro il decreto di commissariamento del parco dell´arcipelago toscano», ricorda Fabrizio Vigni, capogruppo ds in commissione Ambiente. «A questa forzatura amministrativa vanno aggiunti il taglio dei finanziamenti ordinari ai parchi, l´azzeramento degli investimenti e la riduzione dei confini inseguita dalle Regioni di centrodestra. Il risultato è la corsa verso il collasso delle aree protette».
La minaccia che pende sui parchi è la devitalizzazione. Il rischio è che del verde resti solo la cornice, magari un po´ rimpicciolita, tanto per occupare il posto ed evitare un altro brutto voto sulla pagella ambientale dell´Italia. Ma dentro, quanto ai contenuti, poco o nulla.
Un pericolo giudicato non realistico dal ministro dell´Ambiente Altero Matteoli che pure non nega il peso della svolta culturale impressa dal governo Berlusconi: «Ho insistito molto per cambiare la cultura della gestione dei parchi. Prima di tutto desidero che i parchi non siano qualcosa di ingessato, ma fruibili da parte dei cittadini».
Matteoli tiene ferma la barra anche nella difesa di una delle sue operazioni più contestate: la gestione del parco dell´arcipelago toscano. «Parlo di una materia che conosco bene», racconta il ministro dell´Ambiente. «Da deputato dell´opposizione ho partecipato a varie manifestazioni contro quel parco. E Ruggero Barbetti, che io ho riproposto come commissario, era già all´epoca uno dei politici più possibilisti nei confronti dell´area protetta. È una persona valida e rivendico la correttezza della mia scelta».
Ma oltre ai tagli di bilancio e al commissariamento come stile di governo altri due pericoli minacciano quel dieci per cento di territorio finalmente difeso. Il primo è l´indebolimento del livello di protezione. Il modello, racconta Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi alla Regione Lazio, è lo snaturamento dei vincoli a difesa del parco del Circeo «per aprire la strada alla trasformazione del lago di Paola in un porto e alla costruzione di alberghi sulle dune e sul promontorio».
«Vogliono una deregulation selvaggia che porti a sparare nei parchi: una follia che mette a rischio la sicurezza dell´intero settore venatorio aprendo una pericolosa frattura tra i cacciatori da una parte e gli ambientalisti, gli agricoltori e tanti cittadini dall´altra», aggiunge Osvaldo Veneziano, presidente dell´Arcicaccia.
Infine, nota Gaetano Benedetto, responsabile dei rapporti istituzionali del Wwf, un´ultima insidia arriva dal nuovo Codice per i Beni culturali che ha indebolito le competenze dei parchi aumentando la confusione burocratica: «Mentre prima il piano paesaggistico, una volta approvato, creava uno sportello unico, oggi c´è un piano paesaggistico e un piano parco e il cittadino ha bisogno di due autorizzazioni al posto di una. Invece di semplificare il rapporto tra i cittadini e il parco sembra si lavori per creare scontento».
Le cifre fornite dal cartello delle opposizioni ambientaliste che vanno dal Wwf alla Legambiente, dai Verdi alla sinistra ecologista, è impressionante. Dei 22 parchi nazionali istituiti, 10 non hanno il presidente, 5 sono commissariati, 6 non hanno il Consiglio direttivo, 2 non sono ancora attivati, 20 sono privi di un direttore con un regolare incarico.
«Sui parchi si è abbattuto uno spoil system violento che ha travolto ogni competenza», accusa Antonio Nicoletti, responsabile del settore natura protetta di Legambiente. «L´elenco dei candidati sponsorizzati dal Polo con curriculum ambientali scarsi o nulli è imbarazzantemente lungo. Allo Stelvio, dove la battaglia è per difendere gli alberi dai mondiali di sci, si punta su un maestro di sci. Alle Dolomiti Bellunesi si propone il sindaco di un Comune fuori dal parco. All´arcipelago toscano si affida il consiglio direttivo del parco ai sindaci che si sono pronunciati contro il parco».
«Il governo ha deciso di puntare su nomine senza qualità e senza intesa con le Regioni ed è stato sconfessato dalla Corte costituzionale che ha accolto il ricorso della Regione Toscana contro il decreto di commissariamento del parco dell´arcipelago toscano», ricorda Fabrizio Vigni, capogruppo ds in commissione Ambiente. «A questa forzatura amministrativa vanno aggiunti il taglio dei finanziamenti ordinari ai parchi, l´azzeramento degli investimenti e la riduzione dei confini inseguita dalle Regioni di centrodestra. Il risultato è la corsa verso il collasso delle aree protette».
La minaccia che pende sui parchi è la devitalizzazione. Il rischio è che del verde resti solo la cornice, magari un po´ rimpicciolita, tanto per occupare il posto ed evitare un altro brutto voto sulla pagella ambientale dell´Italia. Ma dentro, quanto ai contenuti, poco o nulla.
Un pericolo giudicato non realistico dal ministro dell´Ambiente Altero Matteoli che pure non nega il peso della svolta culturale impressa dal governo Berlusconi: «Ho insistito molto per cambiare la cultura della gestione dei parchi. Prima di tutto desidero che i parchi non siano qualcosa di ingessato, ma fruibili da parte dei cittadini».
Matteoli tiene ferma la barra anche nella difesa di una delle sue operazioni più contestate: la gestione del parco dell´arcipelago toscano. «Parlo di una materia che conosco bene», racconta il ministro dell´Ambiente. «Da deputato dell´opposizione ho partecipato a varie manifestazioni contro quel parco. E Ruggero Barbetti, che io ho riproposto come commissario, era già all´epoca uno dei politici più possibilisti nei confronti dell´area protetta. È una persona valida e rivendico la correttezza della mia scelta».
Ma oltre ai tagli di bilancio e al commissariamento come stile di governo altri due pericoli minacciano quel dieci per cento di territorio finalmente difeso. Il primo è l´indebolimento del livello di protezione. Il modello, racconta Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi alla Regione Lazio, è lo snaturamento dei vincoli a difesa del parco del Circeo «per aprire la strada alla trasformazione del lago di Paola in un porto e alla costruzione di alberghi sulle dune e sul promontorio».
«Vogliono una deregulation selvaggia che porti a sparare nei parchi: una follia che mette a rischio la sicurezza dell´intero settore venatorio aprendo una pericolosa frattura tra i cacciatori da una parte e gli ambientalisti, gli agricoltori e tanti cittadini dall´altra», aggiunge Osvaldo Veneziano, presidente dell´Arcicaccia.
Infine, nota Gaetano Benedetto, responsabile dei rapporti istituzionali del Wwf, un´ultima insidia arriva dal nuovo Codice per i Beni culturali che ha indebolito le competenze dei parchi aumentando la confusione burocratica: «Mentre prima il piano paesaggistico, una volta approvato, creava uno sportello unico, oggi c´è un piano paesaggistico e un piano parco e il cittadino ha bisogno di due autorizzazioni al posto di una. Invece di semplificare il rapporto tra i cittadini e il parco sembra si lavori per creare scontento».
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