Da RaiNews24 del 18/08/2006
Originale su http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=63607
Ambiente: il buco nell'ozono si chiude, ma più lentamente del previsto
In base alle rilevazioni, il livello delle sostanze dannose nell'atmosfera e' in continuo calo
Ginevra - Il buco nell'ozono si sta chiudendo. La ferita inferta allo strato protettivo del nostro pianeta, che impedisce ai raggi ultravioletti più nocivi di raggiungere il suolo, sta lentamente guarendo. Troppo lentamente, però. Più di quanto non fosse previsto.
IL RAPPORTO DELLE AGENZIE ONU
Secondo quanto comunicato da due agenzie dell'Onu, l'Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) e il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep), in ampie aree di Europa, Nord e Sud America, Asia, Africa e Australia-Nuova Zelanda, lo strato di ozono dovrebbe tornare ai livelli precedenti agli anni Ottanta solo nel 2049. Recupero posticipato addirittura al 2065 al di sopra dell'Antartide. La precedente indagine, portata a termine nel 2002, aveva stabilito come termini per il recupero il 2044 e il 2050.
IL PROTOCOLLO DI MONTREAL
Wmo e Unep hanno diffuso un rapporto preliminare che anticipa le conclusioni di uno studio più ampio. Lo studio sarà pubblicato il prossimo anno e analizzerà diffusamente gli effetti del Protocollo di Montreal, che obbliga i Paesi firmatari a mettere al bando i prodotti nocivi, in primo luogo i gas Cfc. Il Protocollo è stato sottoscritto nel 1987. In Italia è entrato in vigore l'1 gennaio 1989.
RECUPERO RITARDATO
Il ritardo nel recupero dello strato di ozono - ritardo rispettivamente di 5 anni in gran parte del mondo e di 15 anni sopra l'Antartide - è dovuto, secondo gli esperti, al maggior utilizzo di alcuni tipi di gas Cfc, inizialmente non messi la bando dal Protocollo di Montreal, e di alcuni prodotti utilizzati per rimpiazzare i Cfc stessi.
IL RITORNO ALLA NORMALITÀ NON È GARANTITO
La concentrazione di sostanze dannose per l'ozono nella troposfera è tuttavia "in continuo calo, dopo aver raggiunto il livello massimo nel triennio 1992-1994", ha spiegato Michel Jarraud, segretario generale del Wmo. Questo dimostra - ha aggiunto Achim Steiner, direttore esecutivo dell'Unep - che "il Protocollo di Montreal funziona", anche se il ritardo nel recupero dimostra che "non possiamo dare per acquisito il ritorno alla normalità e dobbiamo mantenere e accelerare i nostri sforzi per mettere al bando i composti chimici più dannosi".
IL RAPPORTO DELLE AGENZIE ONU
Secondo quanto comunicato da due agenzie dell'Onu, l'Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) e il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep), in ampie aree di Europa, Nord e Sud America, Asia, Africa e Australia-Nuova Zelanda, lo strato di ozono dovrebbe tornare ai livelli precedenti agli anni Ottanta solo nel 2049. Recupero posticipato addirittura al 2065 al di sopra dell'Antartide. La precedente indagine, portata a termine nel 2002, aveva stabilito come termini per il recupero il 2044 e il 2050.
IL PROTOCOLLO DI MONTREAL
Wmo e Unep hanno diffuso un rapporto preliminare che anticipa le conclusioni di uno studio più ampio. Lo studio sarà pubblicato il prossimo anno e analizzerà diffusamente gli effetti del Protocollo di Montreal, che obbliga i Paesi firmatari a mettere al bando i prodotti nocivi, in primo luogo i gas Cfc. Il Protocollo è stato sottoscritto nel 1987. In Italia è entrato in vigore l'1 gennaio 1989.
RECUPERO RITARDATO
Il ritardo nel recupero dello strato di ozono - ritardo rispettivamente di 5 anni in gran parte del mondo e di 15 anni sopra l'Antartide - è dovuto, secondo gli esperti, al maggior utilizzo di alcuni tipi di gas Cfc, inizialmente non messi la bando dal Protocollo di Montreal, e di alcuni prodotti utilizzati per rimpiazzare i Cfc stessi.
IL RITORNO ALLA NORMALITÀ NON È GARANTITO
La concentrazione di sostanze dannose per l'ozono nella troposfera è tuttavia "in continuo calo, dopo aver raggiunto il livello massimo nel triennio 1992-1994", ha spiegato Michel Jarraud, segretario generale del Wmo. Questo dimostra - ha aggiunto Achim Steiner, direttore esecutivo dell'Unep - che "il Protocollo di Montreal funziona", anche se il ritardo nel recupero dimostra che "non possiamo dare per acquisito il ritorno alla normalità e dobbiamo mantenere e accelerare i nostri sforzi per mettere al bando i composti chimici più dannosi".
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