Da L'Unità del 13/08/2006
Originale su http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=58840

Israele: approvata la tregua ma la guerra continua

Israele accetta la tregua. Caccia e tank dovrebbero fermarsi alle lunedì mattina alle otto ora locale, le sette in Italia. Nel frattempo continua il bagno di sangue, anche per gli israeliani. Domenica mattina, mentre il gabinetto Olmert era riunito a Tel Aviv, le sirene hanno suonato incessantemente nel nord del paese, da Haifa a Tiberiade e fino agli insediamenti ebraici sulle alture del Golan. Sono venti i civili israeliani feriti, alcuni in modo grave. Un razzo katiuscia ha centrato una casa uccidendo un anziano a Yaara, nella Galilea, facendo salire a 41 i civili israeliani morti nel conflitto. Ma è stata sicuramente la giornata di sabato la più nera per l'esercito israeliano, che ha confermato 24 soldati uccisi nei combattimenti di ieri. Fra questi anche una soldatessa, il sergente maggiore della riserva Karen Tendler, 26 anni. La donna-soldato era a bordo di un elicottero militare di tipo Yassur abbattuto ieri sera con un missile anticarro dai miliziani sciiti nel Libano Sud, vicino alla frontiera. Con lei sono morti altri quattro commilitoni.

Nonostante un'intensa battaglia durata tutta la notte, l'esercito israeliano non è riuscito a conquistare la cittadina di Khiam, principale centro abitato della parte orientale del territorio che nei piani di Olmert dovrebbe trasformarsi in una "fascia di sicurezza" per lo stato ebraico. Secondo fonti della sicurezza libanese all'alba gli uomini di Tsahal sono arretrati senza essersi impadroniti della città. La cittadina, di fondamentale importanza strategica, ormai ridotta a un cumulo di macerie, è stata strenuamente difesa dagli Hezbollah. E solo macerie, ormai, sono anche i quartieri meridionali di Beirut, ex roccaforte di Hezbollah, dove nel primo pomeriggio si è accanita l'aviazione israeliana usando anche bombe ad alto potenziale per distruggere rifugi e tunnel. Tra le vittime, ancora di numero imprecisato, anche due bambini.

Ed è in questo clima non propriamente di vittoria che si è riunito in tarda mattinata il governo a Tel Aviv. Il premier Ehud Olmert visibilmente scosso, difeso dal suo vice, l'anziano leader rivale-amico di Sharon, Shimon Peres, che ha invitato gli israeliani a serrare i ranghi per fare fronte comune contro Siria, Iran, Hezbollah e Hamas. Olmert è stato difeso anche dal suo ministro della Difesa, il laburista Amir Perezt - «ha condotto la guerra in modo eccellente», ha detto - e dalla "delfina" di Sharon, il ministro degli Esteri Tzipi Livni. Suonano però come una gaffe le parole della Livni che dopo 33 giorni di guerra difendendo la risoluzione per il cessate il fuoco varata giovedì sera all'Onu, ammette che «nessun esercito è in grado di attuare la risoluzione dell'Onu 1559 attraverso strumenti militari». E la risoluzion 1559, ricordata in quella di giovedì, è quella in base alla quale s'è mossa l'invasione del Libano: è quella che prevede «il disarmo e lo scioglimento delle milizie libanesi e straniere presenti in Libano», comprese Hezbollah. La Livni ha anche aggiunto che il rafforzamento del primo ministro libanese Fouad Siniora è nell'interesse di Israele. Mentre Olmert ha incaricato un mediatore israeliano di prendere contatti con Hezbollah per trattare la liberazione dei due soldati catturati a metà luglio, all'origine del conflitto. Ora Israele è disposto anche a uno scambio di prigionieri.

Ieri il leader del Partito di Dio Sayyed Hassan Nasrallah, in un discorso alla televisione "al Manar" aveva accettato la risoluzione 1701 dell'Onu rivendicando però il diritto di resistere all'occupazione israeliana. Mentre il governo di Beirut di Fuad Siniora che dovera riunirsi ieri e poi oggi, ha rinviatola decisione ufficiale a domani o dopo. Pare per forti contrasti sul disarmo delle milizie Hezbollah.

Israele - per bocca della ministra Tzipi Livni - rivendica la continuazione delle ostilità fin quando non sarà dispiegato il contingente Unifil a cui parteciperà anche l'Italia. Il che vorrebbe dire un'altra settimana di combattimenti. Lunedì il ministro degli Esteri Massimo D'Alema - uno dei maggiori sponsor del cessate il fuoco sotto l'egida Onu - sarà a Beirut per concordare i tempi, dopo il vertice di domenica sera a Palazzo Chigi.

Per ora, comunque, continua la guerra. E la guerra continua a mietere soprattutto vittime civili. Una ventina quelle di domenica. Nella Valle della Bekaa, un missile sparato contro un pick-up vicino al villaggio di Shaat ha ucciso l' autista ed ha ferito i quattro occupanti di un' auto che viaggiava dietro il primo veicolo. In un altro villaggio della stessa zona un missile è stato sparato contro una motocicletta ed il guidatore è morto. Altri due civili libanesi sono morti in un bombardamento israeliano nel villaggio di Ali an-Nahri, a una ventina di chilometri da Baalbeck. Una donna con i suoi tre bambini ed una domestica sono rimasti uccisi la notte scorsa nel bombardamento di Bourj ash-Shamali, una località ad est di Tiro, dove anche domenica mattina si è concentrato il fuoco dell'artiglieria israeliana. La zona di Tiro è anche devastata da un grande incendio divampato all'alba, quando una bomba lanciata dall'aviazione israeliana ha colpito un distributore di benzina, e le fiamme si sono propagate in fretta per il vento. I pompieri che cercavano di raggiungere la zona e spegnere le fiamme che minacciavano un ospedale sono stati bersagliati da nuovi raid. Così in tutto sotto le bombe sono rimasti almeno sette civili uccisi. Ai quali si aggiunge un soldato regolare dell'esercito libanese rimasto ucciso anche lui sotto i bombardamenti.

Secondo la radio militare israeliana nella giornata di domenica sarebbero una sessantina i miliziani Hezbollah uccisi (530 in totale in un mese di guerra per il ministero della Difesa). E una ventina i militari israeliani feriti. Ma il conto delle vittime in guerra, come si sa, è sempre molto approssimativo.

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