Da L'Unità del 31/07/2006
Originale su http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=58547
Il premier Olmert agli israeliani: non ci sarà alcuna tregua
Non si sono fermati i raid sul Libano
Bombardano da terra, dal mare, perfino dal cielo. Chiamarla "tregua" è davvero difficile. Lo stop di 48 ore dei raid sul Libano proclamato da Israele non è altro che una momentanea riduzione dell´intensità degli attacchi aerei. Offre una finestra umanitaria appena sufficiente per contare i morti e far arrivare i primi soccorsi nel centro – nord del Paese, ma non attenua minimamente l´impatto dell´offensiva al sud. Anzi, le incursioni israeliani contro i villaggi a ridosso del confine controllati dagli hezbollah crescono di numero e forza. «Rammarico per le vittime di Cana» ma «Israele continua a combattere» ribadisce il premier Ehud Olmert parlando ai sindaci del nord del Paese. «Non ci sarà una tregua nei prossimi giorni», annuncia, sostenendo che i guerriglieri di Hezbollah «hanno subito un duro colpo, per riprendersi dal quale avranno bisogno di molto tempo».
Del resto la cosiddetta "tregua", irritualmente annunciata da un portavoce del dipartimento di Stato Usa, appare come una concessione estorta alle autorità israleiane dalla pressione diplomatica di Washington. Un palliativo apparso necessario anche agli occhi degli statunitensi dopo la strage di Cana con la morte di 60 civili tra cui quasi quaranta bambini. Ma la sostanza dell´impasse diplomatica non cambia. L´apparente impantanamento dell´offensiva terrestre nel Libano meridionale (in oltre due settimane gli israeliani sono riusciti a penetrare in territorio libanese per poco più di due chilometri) sembra costringere il governo di Tel Aviv a spingere sempre di più sull´acceleratore della guerra per conquistare il massimo di vantaggi territoriali possibili una volta che sarà costretto a fermare i suoi soldati.
Il ministro della Difesa Amir Peretz, criticato alla Knesset per la sua acquiescenza alle richieste americane, l´ha detto chiaramente: Israele non può e non deve accettare un cessate-il-fuoco immediato in Libano, e anzi la sua offensiva contro i miliziani sciiti di Hezbollah si espanderà, in misura tale che «cambierà il volto dell'intera regione».
Gli osservatori delle Nazioni Unite segnalano, nelle 48 ore di sospensione dei bombardamenti, due raid aerei sul centro di Taibe, nel settore orientale del sud del Libano, ed un altro raid nel sud con l'uccisione di un soldato ed il ferimento di tre. Secondo un portavoce dell´esercito, gli aerei «sparano soltanto su zone disabitate in attesa di prevenire attacchi contro le forze terrestri». I pesanti cannoneggiamenti sui villaggi libanesi a ridosso del confine sono «fuoco di copertura». E in ogni caso, aggiunge, «non siamo impegnati a sospendere tutti i raid».
Se c´è una conseguenza immediata dei due giorni di bombardamenti soft concessi da Israele, è l´aumento del bilancio dei morti. Perché la rimozione delle macerie in molti villaggi fin qui inaccessibili rivela nuove stragi. Come nel villaggio meridionale di Sarifa dove la Croce Rossa ha trovato decine di cadaveri, forse cinquanta, sepolti da 12 giorni e ormai in decomposizione. O a Zibkin, dove i morti sono nove, o a Qlaile, altre quattro vittime.
Del resto la cosiddetta "tregua", irritualmente annunciata da un portavoce del dipartimento di Stato Usa, appare come una concessione estorta alle autorità israleiane dalla pressione diplomatica di Washington. Un palliativo apparso necessario anche agli occhi degli statunitensi dopo la strage di Cana con la morte di 60 civili tra cui quasi quaranta bambini. Ma la sostanza dell´impasse diplomatica non cambia. L´apparente impantanamento dell´offensiva terrestre nel Libano meridionale (in oltre due settimane gli israeliani sono riusciti a penetrare in territorio libanese per poco più di due chilometri) sembra costringere il governo di Tel Aviv a spingere sempre di più sull´acceleratore della guerra per conquistare il massimo di vantaggi territoriali possibili una volta che sarà costretto a fermare i suoi soldati.
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