Da La Repubblica del 19/07/2006
Originale su http://www.repubblica.it/2006/07/sezioni/esteri/medio-oriente-cinque/g...

Oggi, ottavo giorno dall'inizio degli attacchi, oltre 60 vittime libanesi. Il capo dello Stato invoca il cessate il fuoco ed esige un risarcimento da Israele

Libano: i morti salgono a 300. Appello del presidente Siniora

Bombardate nel Sud due postazioni dell'Unifil, una delle quali, a Marun el-Ras, con molti profughi. Non c'è stata tuttavia alcuna vittima

BEIRUT - Quella di oggi, l'ottavo giorno di guerra in Libano, Galilea e territori palestinesi, è stata la giornata più sanguinosa, con oltre 60 morti libanesi. Che, ha denunciato il primo ministro libanese Fuad Siniora, ammontano già a 300, mentre la Croce Rossa internazionale ha parlato di almeno 310 morti. Siniora, rivolgendosi agli ambasciatori accreditati a Beirut, ha sollecitato "un immediato cessate il fuoco", la "fine" del blocco quasi totale al Paese e l'invio di aiuti umanitari urgenti.

Il capo del governo libanese ha anche assicurato che il suo governo "batterà ogni strada per fare in modo che Israele paghi per gli attacchi" distruttivi che stanno "riducendo a brandelli" il Libano.

I bombardamenti su Beirut oggi sono cominciati già poco dopo la mezzanotte: tre ore di martellamento su aeroporto e strade, mentre le truppe di terra dello Tsahal sono penetrate in territorio libanese. I caccia israeliani hanno colpito per la prima volta il quartiere cristiano della capitale, un'area residenziale, abitata da stranieri, considerata finora sicura a differenza dei sobborghi meridionali sciiti della capitale.

Gli hezbollah hanno centrato invece, provocando tre vittime, il cuore storico di Nazareth, in Galilea, le strade che si intrecciano attorno alla Basilica dell'Annunciazione, dove vivono sopratutto arabo-israeliani, di religione musulmana o cristiana.

Si combatte anche nei villaggi del sud del Libano mentre i bombardieri israeliani sparano incessantemente sui villaggi nella valle della Bekaa, considerati covi di Hezbollah, da cui ormai peraltro sono fuggite oltre 300.000 persone, il 70% della popolazione. Intere famiglie sono finite sotto le macerie; fuoco anche su un orfanotrofio nei pressi di Tiro e sul quartier generale dell'Unifil, la forza di pace dell'Onu nel sud del Libano.

Sono state bombardate due sedi Unifil: la prima, quella del villaggio di Marun el-Ras, era piena di sfollati, dal momento che molti civili libanesi avevano cercato rifugio nella base dell'Unifil. Tuttavia non ci sono state vittime, così come non ce ne sono state nell'altra postazione bombardata, a Naqura.

Mentre la pioggia di razzi Hezbollah sull'alta Galilea ha causato la morte di due bambini. In mattinata carri armati israeliani sono penetrati a Gaza uccidendo almeno 6 palestinesi e ferendone 50. In serata l'aviazione ha di nuovo bombardato la Striscia, provocando la morte di altri tre guerriglieri.

Sul piano diplomatico, la giornata ha registrato poco più che segnali: si è fatto sentire il presidente siriano Bashar al Assad, che ha chiesto un cessate il fuoco. Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha ripetuto al rappresentante della Ue, Javier Solana, che Israele non si fermerà fino a quando non verranno liberati i soldati rapiti.

Da parte sua il presidente statunitense George Bush ha assicurato al Congresso di Washington che farà di tutto, anche inviando eventuali forze militari, per proteggere la fuga dal Libano dei cittadini americani.

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