Da Agenzia Fides del 20/04/2006
Originale su http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=9252&lan=ita

Ciad: ancora tensione, si teme per lo svolgimento delle elezioni presidenziali di maggio

N’Djamena - “Sebbene la situazione sia al momento calma, la popolazione civile vive nel comprensibile timore di nuovi combattimenti” affermano fonti della Chiesa locale da N’Djamena capitale del Ciad. Il 13 aprile, gli scontri verificatisi a N'Djamena e ad Adré tra l’esercito regolare e i ribelli del Fronte Unito per il Cambiamento (FUC), hanno provocato la morte di 70 civili e di almeno 40 soldati. Secondo il Presidente ciadiano Idriss Deby, vi sono stati 60 civili morti a N'Djamena, mentre ad Adré vi sono stati una dozzina di morti e 17 feriti.

“Le preoccupazioni della popolazione sono legate alle elezioni presidenziali del 3 maggio. Si teme che i ribelli tentino una nuova offensiva contro la capitale per impadronirsi del potere” affermano le nostre fonti. “I ribelli affermano che questo è l’unico modo per cambiare la situazione politica perché accusano Deby di aver conservato il potere dal 1990 ad oggi con frodi elettorali e con la violenza”.

Il Presidente Deby ha invece affermato che il Ciad rischia di scivolare nella guerra civile se non si terranno come previsto le elezioni presidenziali del 3 maggio, in cui lui stesso è candidato. “Se non ci saranno le elezioni il 3 maggio... ci sarà un vuoto costituzionale e non si può escludere una guerra civile generalizzata'', ha detto Deby in un’intervista. Il Capo dello Stato ciadiano ha escluso che il suo governo possa giungere ad un compromesso nella sua disputa con la Banca mondiale che ha congelato le royalties del Ciad sul petrolio. Il Ciad ha minacciato di sospendere la sua produzione di greggio a meno che la Banca mondiale, non sblocchi le royalties entro la fine del mese.

La Banca Mondiale infatti accusa la dirigenza ciadiana di non aver rispettato l’accordo sull’investimento in progetti civili dei proventi del petrolio. L’istituzione finanziaria internazionale aveva infatti concesso prestiti agevolati al Paese africano per costruire un oleodotto fino all’Atlantico per esportare il petrolio del Ciad. In cambio, il governo locale si impegnava a investire i proventi (“royalties” in gergo tecnico) dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi in progetti di sviluppo a lungo termine.

Lo sfruttamento dell'oro nero ciadiano è iniziato nel 2003 grazie a un finanziamento di un consorzio di compagnie petrolifere e della Banca Mondiale, che, in contropartita, ha chiesto che il 10% delle royalties incassate dallo Stato africano - 307 milioni di dollari in totale alla fine del 2005 - fosse collocato su un conto “per le generazioni future”. Nel gennaio scorso però Deby, alla ricerca di denaro per finanziare la sua guerra contro i ribelli, aveva cessato i versamenti su tale conto. La Banca Mondiale, ha accusato Deby di aver violato le regole e ha risposto con la sospensione dei pagamenti delle royalties e dei programmi di sviluppo destinati al Ciad.

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