Anime perse? Percorsi di vita di sette detenuti in regime di massima sicurezza
Edito da San Paolo Edizioni, 2006
144 pagine, € 10,00
ISBN 8821556697

Il libro introduce e accompagna il lettore in un carcere di massima sicurezza: un microcosmo complesso, popolato da uomini che vivono un'esistenza molto difficile, in un contesto nel quale vigono norme e regole ben diverse da quelle della società comune.
L'incontro, in un settore di massimo isolamento, con sette detenuti che hanno voluto ripercorrere la propria vita, offre al lettore la possibilità di comprendere come e perché un'esistenza normale possa interrompersi e drammaticamente modificarsi fino a diventare una vita diversa..., «una vita da criminali». Le riflessioni dei detenuti fanno intuire che, attraverso un sofferto percorso di recupero, ogni individuo, anche il più malvagio, può comprendere i propri errori, pentirsene e ambire a un futuro da uomo migliore.
Recensione
Il carcere rappresenta nell’immaginario di molte persone un limbo in cui accantonare l’esistenza di chi si è macchiato di colpe e reati, gravi o meno che siano. L’espressione limbo non è usata a caso, perché i detenuti compiono un irreversibile processo di allontanamento dalla considerazione in società. Infatti, al di là delle strutture carcerarie addette e di sparuti gruppi di volontari, il rapporto che li lega al mondo “di fuori” è connotato dalla più totale indifferenza se non dall’ostilità.
Benvenuto allora è tutto ciò che ci porta a maggior comprensione del fenomeno carcerario ma, soprattutto, delle storie e dei percorsi delle persone recluse. Come è ben spiegato da suor Maria Fabiola Catalano, coordinatrice del gruppo di volontari cui appartiene Gianfabio Scaramucci, il curatore di questo libro, l’intento «non è dettato da un perbenismo borghese ma è il risultato di sei anni di lavoro di un cesello coraggioso […] un percorso molto faticoso [che] dalla diffidenza iniziale [ha portato] all’aiuto reciproco che i detenuti si danno tra loro».
Attraverso queste pagine i volti delle persone, le cui gesta sono spesso narrate nelle vicende di cronaca nera metropolitana, acquisiscono carne e sostanza, contribuendo a ridurre quel di più di pena dovuto alla spersonalizzazione e all’oblio.
Filippo Di Blasi
Il carcere rappresenta nell’immaginario di molte persone un limbo in cui accantonare l’esistenza di chi si è macchiato di colpe e reati, gravi o meno che siano. L’espressione limbo non è usata a caso, perché i detenuti compiono un irreversibile processo di allontanamento dalla considerazione in società. Infatti, al di là delle strutture carcerarie addette e di sparuti gruppi di volontari, il rapporto che li lega al mondo “di fuori” è connotato dalla più totale indifferenza se non dall’ostilità.
Benvenuto allora è tutto ciò che ci porta a maggior comprensione del fenomeno carcerario ma, soprattutto, delle storie e dei percorsi delle persone recluse. Come è ben spiegato da suor Maria Fabiola Catalano, coordinatrice del gruppo di volontari cui appartiene Gianfabio Scaramucci, il curatore di questo libro, l’intento «non è dettato da un perbenismo borghese ma è il risultato di sei anni di lavoro di un cesello coraggioso […] un percorso molto faticoso [che] dalla diffidenza iniziale [ha portato] all’aiuto reciproco che i detenuti si danno tra loro».
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Annotazioni
A cura di Gianfabio Scaramucci
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