Buon lavoro. Dodici storie a tempo indeterminato
Edito da Fernandel, 2006
155 pagine, € 13,00
ISBN 8887433666
di Federico Platania
Quarta di copertina
I racconti che compongono questo libro narrano la realtà lavorativa del posto fisso. Dodici storie ambientate in anonimi palazzi aziendali, dove personaggi annichiliti sono protagonisti di banali vicende
d’ufficio che scivolano verso una conclusione angosciante e a volte tragica.
Proprio il concetto di "posto fisso" – inteso sia come elemento di stabilità sia come impossibilità di sviluppo – fa di questa raccolta il complemento letterario ai molti recenti titoli di narrativa italiana che hanno per tema il precariato. Se in quelli si raccontano le ingiustizie subite e le speranze di una generazione che tra un lavoro stagionale e l’altro sogna di approdare al lido sicuro del contratto a tempo indeterminato, in "Buon lavoro" si scopre che il lido è tutt’altro che sicuro, che le ingiustizie continuano e le speranze finiscono. Con stile freddo e neutro – e proprio per questo ancora più inquietante – Federico Platania descrive una nuova generazione di "colletti bianchi", che offre un quadro sconfortante e grottesco della vita impiegatizia contemporanea.
I racconti che compongono questo libro narrano la realtà lavorativa del posto fisso. Dodici storie ambientate in anonimi palazzi aziendali, dove personaggi annichiliti sono protagonisti di banali vicende
d’ufficio che scivolano verso una conclusione angosciante e a volte tragica.
Proprio il concetto di "posto fisso" – inteso sia come elemento di stabilità sia come impossibilità di sviluppo – fa di questa raccolta il complemento letterario ai molti recenti titoli di narrativa italiana che hanno per tema il precariato. Se in quelli si raccontano le ingiustizie subite e le speranze di una generazione che tra un lavoro stagionale e l’altro sogna di approdare al lido sicuro del contratto a tempo indeterminato, in "Buon lavoro" si scopre che il lido è tutt’altro che sicuro, che le ingiustizie continuano e le speranze finiscono. Con stile freddo e neutro – e proprio per questo ancora più inquietante – Federico Platania descrive una nuova generazione di "colletti bianchi", che offre un quadro sconfortante e grottesco della vita impiegatizia contemporanea.