Da asianews.it del 15/06/2006
Originale su http://www.asianews.it/view.php?l=it&art=6445
India: allo studio una proposta di legge pro-eutanasia
E’ la prima volta che nell’Unione indiana si considera la possibilità della “dolce morte”. “La medicina – dice ad AsiaNews l'ex segretario generale della Conferenza episcopale – deve preservare la vita, non comminare la morte”.
di Nirmala Carvalho
Mumbai – Per la prima volta nella sua storia, l’India sta considerando l’adozione di una legge che depenalizzi l’eutanasia. Per la Chiesa indiana, “trattare la questione del dolore eliminando fisicamente chi soffre è una semplice evasione dei doveri morali di ogni uomo, oltre che un gravissimo errore”,
Si tratta di una proposta controversa, ed al momento la linea di pensiero dominante fra i cittadini è quella di aspettare che la proposta venga spiegata da una equipe di dottori. La Commissione legale indiana – incaricata di preparare il testo di legge - ha raccomandato di preparare il testo in modo che la legge difenda i pazienti con malattie terminali che – in caso di rifiuto dei trattamenti medici - “non possano essere accusati di tentato suicidio”.
Una delle proposte parla inoltre della necessità di “una diretta richiesta di eutanasia da parte del paziente o dei membri della sua famiglia”, anche se gli stessi esperti temono “l’abuso che potrebbe essere compiuto dai familiari per fini non umanitari”.
“Condannare la pratica del suicidio assistito e ribadirne con forza l’illegalità – dice ad AsiaNews mons. Percival Fernandez, ex segretario generale della Conferenza episcopale indiana e dirigente del Centro bio-medico di Mumbai – è il primo mezzo che abbiamo per ribadire il valore incondizionato della vita umana”.
“La società intera – continua – deve capire l’importanza di preservare la vita il più a lungo possibile. L’impegno della scienza medica e fisica deve essere mirato a sostenere questo valore ed ogni compromesso con questo impegno porterebbe solo ad una sfiducia della popolazione nei confronti della professione medica”.
“Un trattamento medico aggressivo – aggiunge – combinato alla somministrazione di anti-dolorifici potenzialmente mortali hanno la stessa intenzione dell’eutanasia, ovvero eliminare il dolore. Partono dal desiderio di dominare la morte e dal rifiuto di accettare una verità che ci sovrasta. Lasciamo la questione delle mani dell’unico in grado di dare la vita”.
“Stiamo analizzando con cura le raccomandazioni – ha detto H R Bharadwaj, ministro indiano della Giustizia – e le proposte sono state inviate al ministero della Sanità per un parere tecnico”.
Lo scorso anno, a Hyderabad, un uomo di 25 anni tenuto in vita grazie a delle macchine aveva chiesto l’eutanasia per poter donare i propri organi: la richiesta era stata respinta, ma il caso ha aperto una breccia nell’opinione pubblica indiana.
Si tratta di una proposta controversa, ed al momento la linea di pensiero dominante fra i cittadini è quella di aspettare che la proposta venga spiegata da una equipe di dottori. La Commissione legale indiana – incaricata di preparare il testo di legge - ha raccomandato di preparare il testo in modo che la legge difenda i pazienti con malattie terminali che – in caso di rifiuto dei trattamenti medici - “non possano essere accusati di tentato suicidio”.
Una delle proposte parla inoltre della necessità di “una diretta richiesta di eutanasia da parte del paziente o dei membri della sua famiglia”, anche se gli stessi esperti temono “l’abuso che potrebbe essere compiuto dai familiari per fini non umanitari”.
“Condannare la pratica del suicidio assistito e ribadirne con forza l’illegalità – dice ad AsiaNews mons. Percival Fernandez, ex segretario generale della Conferenza episcopale indiana e dirigente del Centro bio-medico di Mumbai – è il primo mezzo che abbiamo per ribadire il valore incondizionato della vita umana”.
“La società intera – continua – deve capire l’importanza di preservare la vita il più a lungo possibile. L’impegno della scienza medica e fisica deve essere mirato a sostenere questo valore ed ogni compromesso con questo impegno porterebbe solo ad una sfiducia della popolazione nei confronti della professione medica”.
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