Da La Repubblica del 07/10/2004
Diventa realtà la profezia del padre della patria Ataturk. Il ministro degli Esteri Gul: "Una giornata storica"
Istanbul festeggia il via libera. Erdogan: il primo scoglio è superato
Disappunto dal premier solo per l´intenzione di alcuni paesi di indire referendum
di Marco Ansaldo
ISTANBUL - La profezia di Ataturk diventa realtà. «Un giorno anche l´Anatolia - disse Mustafa Kemal, il padre dei turchi, l´uomo che tolse il fez alla Turchia e la mise in frac - sarà parte dell´Europa». Il sole tramonta lento sul Bosforo, e Istanbul tira un sospiro di sollievo. «È stata una giornata storica», sorride soddisfatto il ministro degli Esteri, Abdullah Gul, il primo a lanciarsi in una dichiarazione a caldo dopo il sì proveniente da Bruxelles. Finisce una giornata davvero importante e i lontani eredi del Grande turco tralasciano le condizioni stringenti imposte al paese che aspira ad essere la 28esima stella della bandiera europea, e vedono il bicchiere mezzo pieno.
«Condizioni? - esclama da Strasburgo il premier Erdogan incalzato da una giornalista - non so da dove lei tragga l´impressione che si tratti di un sì condizionato. Non lo è, è un sì pieno». «La commissione - gli fa eco da Ankara il suo vice Gul - ha fatto le raccomandazioni che doveva fare. Ci occuperemo di una valutazione più accurata dopo aver letto i particolari di ogni paragrafo».
La Turchia insomma incassa lo sperato «sì», e lascia da parte lo scontato «ma...» che tutti attendevano. Dopo due anni accelerati di riforme, uno sforzo che nessuno dei precedenti esecutivi né di centro destra né di centro sinistra aveva mai affrontato, il governo di Recep Tayyip Erdogan non poteva rifiutare l´offerta europea, a rischio di perdere tutto. E ai più critici verso la formazione del leader conservatore basterebbe ora ricordare che è stato precisamente questo governo, detto di ispirazione islamica - una sorta di Dc turca post-litteram - a fare le riforme e a portare a casa lo storico risultato di iniziare le trattative con l´Europa.
La gente è soddisfatta. Il tassista Aydin si comprerà una macchina nuova, «per accogliere i turisti che adesso arriveranno numerosi». E i sostenitori più accigliati dell´opposizione, il Partito repubblicano voluto da Ataturk, si vedono scippare il sogno del fondatore da un leader che non aveva precisamente radici del tutto secolari. «Il primo ministro è un politico formidabile - ribatte il professor Norman Stone, già professore a Oxford e oggi docente all´Università Bilkent della capitale - il più formidabile dopo Turgut Ozal. È venuto fuori con difficoltà da un distretto di Istanbul, ed è riuscito a controllare un partito molto diviso».
Le dichiarazioni di Erdogan ieri sono state improntate all´ottimismo, con un filo di prudenza. «L´analisi della commissione europea è equilibrata - ha detto pacato - e il nostro desiderio è che le trattative comincino nei primi mesi del 2005. Il primo stadio della corsa è superato. Ora il processo è nelle mani dei leader politici che il 17 dicembre decideranno di dare inizio al negoziato».
Il premier turco ha evitato polemiche per la cosiddetta "clausola capestro", cioè l´eventuale sospensione del negoziato con Ankara se la maggioranza dei paesi membri considereranno la Turchia lontana dal percorso promesso. «Se ci sarà un´interruzione - ha chiarito - bisognerà rimuovere tale interruzione». Ma con la stessa franchezza ha espresso disappunto per l´intenzione della Francia e di altri paesi di sottoporre l´adesione a un referendum popolare: «Una decisione ingiusta, perché per nessun altro paese è stato fatto altrettanto».
Ma tutta la Turchia ha vissuto con grande attesa i risultati di Bruxelles. I canali televisivi, compatti nella copertura dell´evento, hanno trasmesso in diretta ogni dettaglio della riunione comunitaria. «Questo paese - incalza il professor Stone - è il solo posto fra Atene e Singapore che offra alla sua gente una vita decente. Gli europei sarebbero dei folli a lasciarlo andare. Con gli investimenti esteri che di solito arrivano dopo l´iniziale Euro-boom, la Turchia diventerà un´altra Spagna».
L´uomo della strada, che porta sempre meno i baffi smentendo l´ennesimo luogo comune, è soddisfatto. Non si spiegherebbe il clamoroso consenso che il partito di Erdogan ha ottenuto alle politiche del 2002 (quasi il 35%) e alle amministrative del 2004 (42%). L´inflazione, per trent´anni stabile attorno all´80%, da molti mesi è sotto controllo e a una sola cifra. Il primo gennaio la Turchia abbandonerà la lira pesante, e i milioni di zeri spariranno dai tassametri degli autisti, che facevano impazzire i viaggiatori. Un generale, turbato da una possibile perdita di patriottismo derivante dall´abbraccio con l´Europa, dice che sarebbe un grande insulto ora togliere la testa di Ataturk dalle banconote. Ma, ricordano i fedelissimi del Grande turco, fu lo stesso Mustafa Kemal a dire che «non i contratti, ma i sentimenti e i bisogni uniscono i popoli assieme». Turchi ed europei.
«Condizioni? - esclama da Strasburgo il premier Erdogan incalzato da una giornalista - non so da dove lei tragga l´impressione che si tratti di un sì condizionato. Non lo è, è un sì pieno». «La commissione - gli fa eco da Ankara il suo vice Gul - ha fatto le raccomandazioni che doveva fare. Ci occuperemo di una valutazione più accurata dopo aver letto i particolari di ogni paragrafo».
La Turchia insomma incassa lo sperato «sì», e lascia da parte lo scontato «ma...» che tutti attendevano. Dopo due anni accelerati di riforme, uno sforzo che nessuno dei precedenti esecutivi né di centro destra né di centro sinistra aveva mai affrontato, il governo di Recep Tayyip Erdogan non poteva rifiutare l´offerta europea, a rischio di perdere tutto. E ai più critici verso la formazione del leader conservatore basterebbe ora ricordare che è stato precisamente questo governo, detto di ispirazione islamica - una sorta di Dc turca post-litteram - a fare le riforme e a portare a casa lo storico risultato di iniziare le trattative con l´Europa.
La gente è soddisfatta. Il tassista Aydin si comprerà una macchina nuova, «per accogliere i turisti che adesso arriveranno numerosi». E i sostenitori più accigliati dell´opposizione, il Partito repubblicano voluto da Ataturk, si vedono scippare il sogno del fondatore da un leader che non aveva precisamente radici del tutto secolari. «Il primo ministro è un politico formidabile - ribatte il professor Norman Stone, già professore a Oxford e oggi docente all´Università Bilkent della capitale - il più formidabile dopo Turgut Ozal. È venuto fuori con difficoltà da un distretto di Istanbul, ed è riuscito a controllare un partito molto diviso».
Le dichiarazioni di Erdogan ieri sono state improntate all´ottimismo, con un filo di prudenza. «L´analisi della commissione europea è equilibrata - ha detto pacato - e il nostro desiderio è che le trattative comincino nei primi mesi del 2005. Il primo stadio della corsa è superato. Ora il processo è nelle mani dei leader politici che il 17 dicembre decideranno di dare inizio al negoziato».
Il premier turco ha evitato polemiche per la cosiddetta "clausola capestro", cioè l´eventuale sospensione del negoziato con Ankara se la maggioranza dei paesi membri considereranno la Turchia lontana dal percorso promesso. «Se ci sarà un´interruzione - ha chiarito - bisognerà rimuovere tale interruzione». Ma con la stessa franchezza ha espresso disappunto per l´intenzione della Francia e di altri paesi di sottoporre l´adesione a un referendum popolare: «Una decisione ingiusta, perché per nessun altro paese è stato fatto altrettanto».
Ma tutta la Turchia ha vissuto con grande attesa i risultati di Bruxelles. I canali televisivi, compatti nella copertura dell´evento, hanno trasmesso in diretta ogni dettaglio della riunione comunitaria. «Questo paese - incalza il professor Stone - è il solo posto fra Atene e Singapore che offra alla sua gente una vita decente. Gli europei sarebbero dei folli a lasciarlo andare. Con gli investimenti esteri che di solito arrivano dopo l´iniziale Euro-boom, la Turchia diventerà un´altra Spagna».
L´uomo della strada, che porta sempre meno i baffi smentendo l´ennesimo luogo comune, è soddisfatto. Non si spiegherebbe il clamoroso consenso che il partito di Erdogan ha ottenuto alle politiche del 2002 (quasi il 35%) e alle amministrative del 2004 (42%). L´inflazione, per trent´anni stabile attorno all´80%, da molti mesi è sotto controllo e a una sola cifra. Il primo gennaio la Turchia abbandonerà la lira pesante, e i milioni di zeri spariranno dai tassametri degli autisti, che facevano impazzire i viaggiatori. Un generale, turbato da una possibile perdita di patriottismo derivante dall´abbraccio con l´Europa, dice che sarebbe un grande insulto ora togliere la testa di Ataturk dalle banconote. Ma, ricordano i fedelissimi del Grande turco, fu lo stesso Mustafa Kemal a dire che «non i contratti, ma i sentimenti e i bisogni uniscono i popoli assieme». Turchi ed europei.
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