Da Corriere della Sera del 24/05/2004

«Il generale Sanchez ha assistito alle torture»

Le accuse di un sergente americano. Il Pentagono: è falso. «Sparite duemila pagine dal rapporto Taguba»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Non solo sapeva, ma partecipò anche alle discussioni sulle torture, o addirittura presenziò agli interrogatori: questa la clamorosa accusa che un capitano rivolgerebbe al generale Ricardo Sanchez, il comandante delle operazioni in Iraq. Lo sostiene Robert Shuck, l'avvocato militare del sergente Ivan Frederick, incriminato per sevizie nelle famigerate carceri di Abu Ghraib. In un’udienza preliminare davanti alla Corte marziale di Campo vittoria presso Bagdad, il 2 aprile scorso, Shuck affermò che in cambio della immunità il capitano Donald Reese, l'ex superiore di Frederick, era pronto a testimoniare che Sanchez «vide ciò che accadeva nella prigione». Quando il giudice John McCabe gli chiese di ripeterlo, Shuck rispose: «Sono un magistrato della Corte e non mento. Questo è ciò che mi ha detto».

Il Pentagono ha subito smentito la notizia, pubblicata dal Washington Post con gli estratti dell'udienza a Campo Vittoria, definendola «falsa» e confermando la deposizione di Sanchez al Congresso della scorsa settimana, in cui il generale dichiarò di avere appreso delle torture del 2003 solo lo scorso febbraio, all'apertura della inchiesta in merito. Ma secondo il giornale, la responsabilità delle sevizie risale ai più alti gradi delle forze armate Usa in Iraq, se non a lui personalmente. Il Washington Post nota che Sanchez affidò Abu Ghraib all’intelligence militare e che a dirigere gli interrogatori fu una donna, il capitano Carolyn Wood, nota per avere adottato «metodi forti» contro i detenuti in Afghanistan. Cita anche l'asserzione di un sergente, Brian Lipinski, che gli aguzzini delle carceri agirono sempre «su ordini superiori».

La posizione di Sanchez è resa delicata anche dalle rivelazioni dei giornali britannici. L' Independent pubblica un'agghiacciante intervista con un ex sergente dei marines congedatosi dopo 12 anni, Jimmy Massey: «In un mese e mezzo in Iraq il mio battaglione uccise trenta civili, un sacco di innocenti. Protestai col mio comandante che colpivamo un intero popolo, era come commettere genocidio. Mi rimproverò di essere un vigliacco e mi trasferì. Non ressi più: una volta, a una dimostrazione di protesta, udimmo uno sparo e uccidemmo dieci persone. Vidi le foto delle atrocità di Falluja contro quattro americani e pensai che noi facevamo la stessa cosa». L' Independent denuncia poi la condotta delle truppe britanniche, sottolineando la testimonianza di un iracheno, Hashim Mohammed di 26 anni: «Ci arrestarono a Bassora e ci interrogarono. Eravamo in sei, ci picchiarono con sbarre di ferro, uno di noi morì».

Il settimanale Time apre un nuovo capitolo dello scandalo: il rapporto del generale Taguba (la relazione interna al Pentagono sulle torture) ricevute dal Congresso Usa mancherebbero duemila pagine di documenti.

Nel discorso oggi, in tv nell’ora di massimo ascolto, il presidente Usa Bush proverà a fare un passo oltre la vicenda delle torture, lanciando «un’ambiziosa campagna». Così hanno anticipato al Washington Post fonti dell’amministrazione: «parlerà del futuro, non del passato». Attenzione rivolta al dopo 30 giugno, dunque, e al passaggio di poteri agli iracheni che riacquisteranno la «piena sovranità». Con la possibilità anche di decidere sulla presenza delle forze della coalizione. La Casa Bianca vuole dare segnali di essere disposta a cedere il controllo in tempi rapidi. In questo senso andrebbe la scelta di far circolare nei prossimi giorni una bozza di risoluzione Onu che dia piena legittimità al nuovo esecutivo e incoraggi gli alleati a contribuire alla sicurezza del Paese.

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