Da Corriere della Sera del 15/09/2003

Powell: «E' ancora presto per passare il potere alla popolazione in Iraq»

«Noi non siamo degli occupanti, siamo venuti nel Golfo da liberatori». Il segretario di Stato a Bagdad

di Lorenzo Cremonesi

BAGDAD - «Non siamo occupanti. Siamo venuti da liberatori, abbiamo l' esperienza dei liberatori, è scritto nella storia degli Stati Uniti negli ultimi 60 anni», ripete Colin Powell dal podio, appena arrivato nella capitale irachena. Una visita-lampo, la prima per il segretario di Stato. E una visita che ha una rilevanza anche personale per Powell: era capo di Stato maggiore al tempo della Guerra del Golfo nel ' 91 ed è stato il grande tessitore della diplomazia americana nel braccio di ferro con l' Onu prima dell' ultimo conflitto. Powell ha ieri voluto soprattutto rassicurare: «Ho trovato una forte volontà di normalizzazione. Sono rimasto impressionato dagli sforzi per tornare alla vita civile. Troppe volte le notizie che arrivano dall' Iraq sono improntate al pessimismo. Non voglio mettermi al posto dei giornalisti, ma esistono anche storie positive: una democrazia nascente, l' energia elettrica ripristinata, più sicurezza nelle strade, i servizi di base hanno cominciato a ritornare». Powell non ha mancato di ribadire la risposta americana alla richiesta francese affinché il nuovo governo iracheno assuma i pieni poteri in tempi brevissimi. «Ci vuole tempo. Rischiamo altrimenti di pregiudicare l' intero processo. Il nuovo Consiglio iracheno deve prima stilare la costituzione, va poi approvata in un referendum, infine si terranno le elezioni. Noi americani non intendiamo restare in Iraq un giorno più del necessario». Non ha nascosto le difficoltà. «Certo c' è ancora instabilità nel Paese», ha detto, puntando il dito contro la presenza di estremisti islamici arrivati dall' estero. Solo un' ora prima del suo arrivo in mattinata all' aeroporto di Bagdad, un altro soldato Usa era rimasto ucciso in un attentato nella zona di Falluja. I media locali non mancano di notare che dal primo maggio (quando il presidente Bush aveva dichiarato la fine della guerra) sono morti 155 soldati americani.

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