Da Corriere della Sera del 29/07/2003

«Eliminato il raìs sarà tutto più facile»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Ci stiamo avviando a una sorta di terza guerra dell' Iraq? Qualche giornale, di qua e di là dall' Atlantico, se lo chiede, e Anthony Cordesman, il direttore del Centro di studi strategici di Washington, ammonisce che il rischio è reale. Ma a James Schlesinger, l' ex ministro della Difesa e dell' Energia ed ex capo della Cia nelle amministrazioni repubblicane, la domanda sembra «troppo pessimista». «Non che io sia molto ottimista», dichiara. «Però credo che esista una ragionevole possibilità di successo. La strada della stabilizzazione e ricostruzione dell' Iraq sarà lunga e faticosa, tre anni almeno. Ma le cose non andranno così male come certi media e certi democratici pensano». James Schlesinger visse in prima persona la tragedia del Vietnam e rifiuta il paragone con l' Iraq: «E' vero che non abbiamo pianificato una via d' uscita e non la pianificammo allora. Ma non siamo nella stessa palude militare».

Che cosa c' è di diverso?
«La popolazione innanzitutto: nordvietnamiti e Vietcong erano in maggioranza con Ho Chi Min, gli iracheni sono in maggioranza contro Saddam Hussein. Il terreno: in Vietnam il nemico aveva forti basi nei villaggi e nelle giungle, in Iraq le ha soltanto nel "triangolo sunnita" presso Bagdad. La guerriglia: là era dappertutto e poteva espandersi, qui è urbana e destinata a contrarsi».

I baathisti del raìs sono appoggiati dai terroristi e da gruppi provenienti dall' Iran e dalla Siria?
«Sì, ma in misura molto modesta a quanto mi risulta. Il presidente, con i suoi modi incauti, li ha invitati a farsi avanti. Ma è meglio che se la vedano con i nostri soldati in Iraq piuttosto che cerchino di ripetere un attentato come quello delle Torri gemelle a Manhattan, perché è più facile che perdano. Non si sono procurati molti alleati neppure tra gli sciiti».

Ma lo stillicidio di uccisioni non mina il morale delle truppe?
«Secondo me, per ora il problema più grave non è quello: stiamo intensificando le retate e la resistenza diminuirà a poco a poco. Il problema più grave in Iraq sono i pubblici servizi e la ripresa dell' economia. Per esempio, ci siamo lasciati sorprendere dalla mancanza di elettricità: uno sbaglio, perché sapevamo che Saddam nascondeva la rete e le centrali e la toglieva quando voleva spaventare la popolazione».

E' plausibile che la cattura o la morte del raìs siano vicine come dice il Pentagono?
«Il giubilo di Bagdad alla scomparsa dei figli mi fa sperare di sì. Se Saddam si sottraesse alla caccia sarebbe un rovescio per noi. Diverrebbe un incubo come Bin Laden, anche se soltanto su un piano psicologico, simbolico. E' il motivo per cui l' abbiamo intensificata. La cattura o la morte del raìs accrescerebbero l' appoggio a Bush».

Che cosa dovrebbe fare la Casa Bianca per migliorare la situazione in Iraq?
«Prima ancora di ripristinare i servizi pubblici, deve rafforzare la sicurezza. E' una corsa contro il tempo. In Vietnam noi riuscimmo a imporla, ma troppo tardi: l' America si era stancata della guerra, ci costrinse a disimpegnarci. E pensare che due anni prima aveva portato in trionfo il generale Westmoreland, che comandava le operazioni!».

L' America si stancherà del conflitto iracheno?
«Devo ammettere che è l' incognita maggiore. Come reagirà se tra nove mesi, un anno, poco o nulla sarà cambiato? Se i nostri soldati continueranno a morire, se non ci sarà un governo iracheno, se mancherà il sostegno internazionale? E' una domanda a cui non so rispondere».

Lei è possibilista, ma i media sono dubbiosi, e il loro ruolo fu decisivo nel Vietnam.
«I media sono al terzo ciclo. Nel primo, alla vigilia della guerra, previdero catastrofi: l' uso delle armi di sterminio da parte degli iracheni, missili Scud su Israele e così via. Nel secondo, durante i combattimenti, previdero stragi di civili, guerriglia urbana di mesi, eccetera. Ora prevedono l' emorragia delle nostre truppe e una resistenza sempre più accentuata. Si sbagliarono nei primi due casi, mi auguro che si sbaglino anche in questo».

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