Da La Repubblica del 03/06/2003
L’isola sarebbe in pole position tra i siti candidati ad ospitare i fusti radioattivi, si valuta anche una località pugliese
Rivolta contro le scorie nucleari
Entro l‘estate la scelta del “cimitero“. Protesta la Sardegna
di Antonio Cianciullo
ROMA — Al momento di sicuro c’è solo l’identikit. E’ un posto poco abitato, non sismico, con ottime garanzie di sicurezza. Entro l’estate questo luogo avrà un nome. E assieme al nome riceverà in regalo 55 mila metri cubi di scorie nucleari.
Per il cimitero radioattivo italiano è partito il conto alla rovescia. A fine giugno verrà elaborata la rosa dei 405 finalisti. I candidati saranno sottoposti all’esame del Consiglio dei ministri che ne sceglierà uno, un paese solo chiamato a saldare il conto accumulato dall’Italia nella breve stagione nucleare interrotta dal referendum del 1987. Una località che dovrà offrire garanzie di stabilità geologica e di sicurezza per un periodo temporale più lungo dell’intera storia della nostra specie.
Le prime ipotesi già cominciano a circolare. E assieme ai nomi sono partite le proteste. A guidare la rivolta è la Sardegna, che si sente addosso i panni di candidato più quotato. Con i poteri straordinari concessi dal presidente del Consiglio al generale Carlo Jean, nominato nel febbraio scorso commissario per risolvere l’emergenza rifiuti radioattivi, il quadro della situazione è infatti cambiato. Da una parte ha preso quota l’ipotesi di collocare il cimitero nucleare all’interno di una base militare per evitare il problema delle autorizzazioni locali. Dall’altra la collocazione delle scorie su un’isola, in un primo tempo esclusa per i problemi di sicurezza legati al trasporto via mare, è tornata d’attualità.
E così, nonostante, la smentita del sottosegretario alla Difesa Salvatore Cicu («Nessuno ha indicato la Sardegna come eventuale destinazione delle scorie nucleari»), il coordinatore nazionale di Sardigna Natzione, Bustianu Cumpostu, ha annunciato l’uso di scudi umani contro lo sbarco del materiale radioattivo. In Sardegna tre sono i siti che potrebbero essere chiamati in causa: le miniere abbandonate del Sulcis (che fanno parte del patrimonio Unesco e rientrano nel parco geominerario), la base italiana di Perdasdefogu e quella americana della Maddalena.
Ma oltre alla Sardegna ci sono altri candidati forti: la Puglia, la Basilicata, l’Emilia Romagna, la Sicilia e il Piemonte. Il logo prescelto coincide con una miniera, un sito nucleare esistente o una base militare. Ci sono infine altre due ipotesi extracomunitarie. Un progetto congiunto Mosca-Washington studia l’ipotesi di costruire in Kazakistan un centro di smaltimento per i metalli contaminati in Siberia, nel quadro di un progetto di cooperazione tecnologica tra Italia e Russia, potrebbero finire invece i materiali radioattivi che sono stati prodotti nelle centrali italiane, riprocessati nell’impianto inglese di Sellafield e dovrebbero tornare al mittente. Allo stato attuale gli accordi non consentono però lo smaltimento all’estero dell’intero pacchetto dei rifiuti nucleari italiani.
Per il cimitero radioattivo italiano è partito il conto alla rovescia. A fine giugno verrà elaborata la rosa dei 405 finalisti. I candidati saranno sottoposti all’esame del Consiglio dei ministri che ne sceglierà uno, un paese solo chiamato a saldare il conto accumulato dall’Italia nella breve stagione nucleare interrotta dal referendum del 1987. Una località che dovrà offrire garanzie di stabilità geologica e di sicurezza per un periodo temporale più lungo dell’intera storia della nostra specie.
Le prime ipotesi già cominciano a circolare. E assieme ai nomi sono partite le proteste. A guidare la rivolta è la Sardegna, che si sente addosso i panni di candidato più quotato. Con i poteri straordinari concessi dal presidente del Consiglio al generale Carlo Jean, nominato nel febbraio scorso commissario per risolvere l’emergenza rifiuti radioattivi, il quadro della situazione è infatti cambiato. Da una parte ha preso quota l’ipotesi di collocare il cimitero nucleare all’interno di una base militare per evitare il problema delle autorizzazioni locali. Dall’altra la collocazione delle scorie su un’isola, in un primo tempo esclusa per i problemi di sicurezza legati al trasporto via mare, è tornata d’attualità.
E così, nonostante, la smentita del sottosegretario alla Difesa Salvatore Cicu («Nessuno ha indicato la Sardegna come eventuale destinazione delle scorie nucleari»), il coordinatore nazionale di Sardigna Natzione, Bustianu Cumpostu, ha annunciato l’uso di scudi umani contro lo sbarco del materiale radioattivo. In Sardegna tre sono i siti che potrebbero essere chiamati in causa: le miniere abbandonate del Sulcis (che fanno parte del patrimonio Unesco e rientrano nel parco geominerario), la base italiana di Perdasdefogu e quella americana della Maddalena.
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