Da La Repubblica del 26/06/2006
Originale su http://www.repubblica.it/2006/06/sezioni/esteri/iraq-93/ritiro-usa/rit...
Iraq, il New York Times anticipa i piani del generale Casey "Entro il 2007 solo 80 mila soldati". Oggi sono 130mila
Inizia il ritiro Usa: "A settembre partiranno le prime due brigate"
Il progetto è il più dettagliato e verosimile fra tutti quelli finora ipotizzati. Entro un anno in patria sette o otto delle quattordici brigate
di Alberto Flores D'Arcais

Stando a un documento del Pentagono rivelato ieri dal New York Times, l'exit strategy americana dall'Iraq sarebbe ormai pronta, con l'inizio (molto parziale) del ritiro subito dopo l'estate e una riduzione piuttosto consistente dei militari nel giro dei prossimi diciotto mesi.
Non si tratta di una novità assoluta - già nei mesi scorsi diversi scenari erano filtrati attraverso i media - ma il "piano Casey", dal nome del generale che comanda l'esercito degli Stati Uniti in Iraq, è il più dettagliato e presumibilmente il più vicino alla realtà fra tutti quelli finora ipotizzati.
Il quotidiano cita i contenuti di un briefing che il generale George Casey ha tenuto nei giorni scorsi al Pentagono, presenti i più alti comandanti dell'esercito Usa e cui ha fatto seguito un incontro a due con il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld e un successivo incontro alla Casa Bianca (sempre presente Rumsfeld) con il presidente George W. Bush. Non si tratta di un piano vero e proprio, piuttosto di un progetto che si basa sulle attuali condizioni della situazione politico-militare nel paese del Golfo e su tre convinzioni: che nei prossimi dodici mesi l'Iraq vivrà un periodo di stabilizzazione, che in un lasso di tempo che va dall'estate 2007 fino a quella del 2008 l'autorità del governo iracheno sarà un fatto compiuto e che per la fine del 2008 lo stesso governo di Bagdad e l'esercito e la polizia irachena saranno in grado di controllare e governare il paese in totale autonomia.
Ovviamente tutto dipende dalla capacità dell'esercito iracheno e delle forze di coalizione di ridurre gradualmente fino a neutralizzare la capacità militare degli insurgents e dei terroristi di Al Qaeda. Per il generale Casey le minacce principali a una futura stabilità dell'Iraq sono quattro: una ancora radicata presenza sul territorio degli uomini di Bin Laden che la morte di Zarqawi ha solo indebolito; la presenza di decine di gruppi criminali che agiscono in proprio senza un disegno complessivo ma che rendono alcune zone del paese ad alto rischio di ordine pubblico; il sostegno che ai gruppi paramilitari sciiti arriva dall'Iran; e ultima, ma non per importanza, la divisione ideologico-settaria all'interno dei partiti politici e nello stesso governo iracheno.
"I recenti colloqui sono tutti destinati a formulare il nostro punto di vista in concertazione con il nuovo governo iracheno", ha spiegato al New York Times uno dei funzionari dell'amministrazione che ha accettato di parlare con il giornale con la garanzia dell'anonimato: "Questo processo consentirà ora al generale Casey di concordare le azioni con il governo di Al Maliki in modo da passare dalla fase teorica a quella pratica, con un piano di sicurezza per i prossimi due anni".
Prima di procedere a un ritiro sia pure molto parziale i comandi americani in Iraq vogliono essere certi che il grado di addestramento delle forze di sicurezza irachene abbia raggiunto quello standard elevato (e fissato dal Pentagono) che eviti gli errori del passato, quando centinaia, se non migliaia, di militari e poliziotti hanno scelto - una volta finito l'addestramento - di passare dalla parte degli insurgents, andando a ingrossare le fila dei nemici dell'America.
Con il "progetto Casey" vengono prese al momento in esame le brigate da combattimento dispiegate in Iraq (oggi sono in tutto 14) che rappresentano solo una parte dei circa 130mila militari americani impegnati in Iraq. Ogni brigata conta circa 3.500 uomini, quindi il prossimo settembre sarebbero solo settemila i militari che tornerebbero a casa senza essere rimpiazzati. E anche alla fine del 2007, dopo il ritiro di altre sette od otto brigate da combattimento, il numero dei soldati Usa che rimarrebbero in Iraq sarebbe comunque alto: almeno 80mila uomini.
La rivelazione del New York Times è uscita contemporaneamente alla pubblicazione del piano di "riconciliazione nazionale" illustrato dal premier iracheno Nuri Kamal al-Maliki, che prevede anch'esso una riduzione delle truppe americane. Piano salutato con favore dalla Casa Bianca ma criticato da diversi membri del Congresso per la parte che prevede una grande amnistia. Il timore, al Congresso Usa, è che a beneficiarne siano troppi nemici dichiarati (ed in armi) dell'America.
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