Da Corriere della Sera del 08/09/2005

Lo stallo giuridico del caso Bankitalia

Le leggi e le virtù

di Sergio Romano

Conviene riconoscere realisticamente che sul caso Fazio siamo ormai in situazione di stallo. Il ministro dell’Economia ha pubblicamente sfiduciato il governatore della Banca d’Italia. Il presidente del Consiglio è stato reticente, ma si è espresso alla fine con un richiamo alla coscienza dell’interessato che ogni altro uomo pubblico, nelle stesse circostanze, avrebbe perfettamente compreso. I due vicepresidenti del Consiglio non nascondono i loro sentimenti. Il leader della Lega, Umberto Bossi, ha ammesso che le dimissioni sono desiderate dalla maggioranza del Paese. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta ha proposto a Fazio di autosospendersi. La Banca centrale europea ha manifestato disagio e imbarazzo. Il capo dello Stato dice che bisogna «uscire dal tunnel»: un modo indiretto per ricordare che l’Italia, fino a quando Fazio non avrà deciso di andarsene, continuerà a restarvi. La stampa internazionale e gli ambienti finanziari europei hanno già detto che il governatore è unfit , vale a dire inadatto a esercitare le sue funzioni. Ma nulla di tutto questo sembra avere scalfito la testarda resistenza di Fazio. Si può fare di più? Il governo potrebbe invocare l’articolo 14 dello Statuto del sistema europeo di banche centrali dove è detto che un governatore può essere sollevato dall'incarico quando «non soddisfa più alle condizioni richieste per l'espletamento delle sue funzioni o si è reso colpevole di gravi mancanze». Ma sa che una tale decisione, oltre a essere impugnabile di fronte alla Corte di giustizia, non verrebbe approvata da una parte della maggioranza. Potrebbe introdurre nuovamente nel disegno di legge sul risparmio la clausola proposta da Tremonti secondo cui l’attuale governatore verrebbe automaticamente revocato al momento dell’adozione del nuovo statuto. Ma la formula fu fortemente scoraggiata da un’opinione della Banca centrale europea nel maggio del 2004. Da Francoforte è inutile attendere aiuto. La Bce è divisa fra due esigenze contrastanti: vorrebbe che Fazio se ne andasse, ma teme che la partenza potrebbe sembrare imposta al governatore da un movimento d’opinione e creare in tal modo un pericoloso precedente per l’indipendenza dei banchieri centrali.

Ma insomma, si chiederà a questo punto il lettore, non esiste un mezzo per indurre il governatore della Banca d’Italia a farsi da parte? Può darsi che la fantasia giuridica di un mago del diritto riesca nei prossimi giorni a scovare qualcosa. Ma la risposta giusta è: non esiste perché non dovrebbe esistere. Vi sono situazioni, in ogni grande democrazia, che il legislatore preferisce lasciare al giudizio, alla saggezza e alla discrezione degli interessati. E vi sono pubbliche funzioni che richiedono, per l’appunto, queste virtù. Quando il governo e il parlamento, per risolvere un caso particolare, adottano una regola restrittiva, aggiungono un altro lacciuolo burocratico ai molti che appesantiscono la macchina dello Stato. Fazio è già riuscito a provocare la fine di una tradizione (il mandato senza termini) che dava al vertice della Banca d’Italia una particolare autorevolezza. Se continuerà su questa strada qualcuno, prima o dopo, troverà il modo per introdurre nello statuto una clausola che lo costringa ad andarsene. E Fazio, quando finalmente uscirà da palazzo Koch, lascerà un istituto meno forte e prestigioso di quello che ereditò dal governatore Ciampi.

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