Da The Washington Post del 01/09/2005

I drammatici racconti dei sopravvissuti che si trovavano nei pressi della moschea di Al Kadhimya

"Un urlo: qui esplode tutto... Poi la fuga e il salto nel fiume"

di Ellen Knickmeyer

BAGDAD - È stato il singolo episodio più sanguinoso nei due anni e mezzo di guerra in Iraq. Il disastro non è stato provocato direttamente da un attacco, ma la tensione era alta per via di un precedente assalto della guerriglia con lanciarazzi e mortai contro la folla di pellegrini, che aveva ucciso sette persone. Anche l'affollamento ai posti di blocco allestiti sul ponte per perquisire i pellegrini alla ricerca di bombe hanno contribuito direttamente alla catastrofe, dicono le autorità e i testimoni.

«La gente stava sul ponte, e più di una persona ha cominciato a gridare, dicendo "Il ponte crollerà, il ponte esploderà"», dice Khalid Fadhil, un orefice che ha assistito al tumulto. «La gente quindi ha cominciato a fuggire in preda al panico, spingendosi l'un l'altro, cercando di scappare. Qualcuno cadeva e la gente gli camminava sopra. Gli altri si gettavano dal ponte, nel fiume».

Alcuni dei pellegrini sono caduti da 30 metri d'altezza nelle acque verdi e limacciose e del Tigri. Altri, all'estremità del ponte, si sono schiantati sulla riva, finendo sui marciapiedi e in mezzo agli scivoli e alle altalene di un parco per bambini sulla riva del fiume.

«Ho visto una donna anziana in lacrime, completamente in preda al panico, gettarsi dal ponte», dice Fadhil. «Ho visto un altro uomo cadere sul pavimento di mattoni della riva e morire sul colpo. Ho visto sette persone trascinate morte alla fine del ponte, asfissiate».

«Chi sapeva nuotare ed era in grado di farlo è sopravvissuto. Gli altri sono morti», dice Sattar Jabbar, 22 anni, vestito di nero, miliziano sciita dell'Esercito del Mahdi, che stava dando una mano per garantire la sicurezza, e che dopo essere saltato giù anche lui ha aiutato a tirare fuori dal fiume morti e feriti.

Dei passanti si sono radunati ad un'ansa del fiume dove la corrente portava a riva i corpi, tirandoli fuori dal fiume. Gli uomini si sono tolti la camicia e sono entrati a piedi nel fiume, cercando innanzitutto persone ancora in vita da aiutare, e quindi i cadaveri.

«Sentivo che il corpo stava per cedere, non riuscivo a respirare», dice Mariam Abbas, pellegrina ventiduenne, vestita con l'abaya (abito lungo), che è sopravvissuta alla ressa. «Alcuni saltavano dal ponte, vecchi, giovani, bambini».

Un ragazzo ha afferrato Mariam Abbas proprio mentre stava per perdere conoscenza, dice lei, passata qualche ora dalla tragedia. «Mi ha afferrata per le braccia, mi ha tirata su e mi ha lanciata ai suoi amici sotto al ponte», dal lato sunnita del Tigri.

L'hanno stesa per terra e le hanno gettato acqua sul viso per farla rinvenire. Dice la ragazza. «Grazie a Dio, ho concluso il mio pellegrinaggio».

Sandali di plastica, ciabatte, mucchi di cibo e copricapi persi dai pellegrini in preda al panico ricoprivano il ponte per centinaia di metri.
Annotazioni − Articolo pubblicato il 01/09/2005 su "la Repubblica". Traduzione di Fabio Galimberti.

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