Da La Repubblica del 08/07/2005

Tredici anni di terrore

"È un terrorismo senza volto cresce nelle nostre moschee"

La Cia avverte: una nuova generazione, autonoma da Bin Laden

di Carlo Bonini

WASHINGTON - - La strage di Londra sveglia l'America con il volto di Michael Chertoff, segretario dell'Homeland Security Department, la struttura che dall'11 settembre governa la sicurezza interna del Paese. «Ho appena parlato con il presidente Bush e con il ministro dell'interno inglese - dice - E le nostre preghiere e i nostri pensieri vanno agli amici inglesi. Posso dire che la nostra intelligence non ha ricevuto segnali specifi, né informazioni credibili in grado di indicare che quanto accaduto a Londra possa ripetersi sul suolo americano. Il nostro codice di allerta resta pertanto "giallo", se si eccettua il sistema dei trasporti (autobus, metropolitane, ferrovie), per il quale ho disposto il passaggio al "codice arancio". Posso inoltre aggiungere che, come chiesto dal presidente, tutte le nostre risorse disponibili di intelligence sono concentrate nell'aiutare gli inglesi e stabilire le responsabilità della strage».

Mentre Chertoff parla al Paese, e i sindaci di New York, Chicago, Los Angeles danno seguito alle istruzioni del Dipartimento per la sicurezza interna, mentre il segretario di stato Condoleezza Rice si mette al telefono con il ministro degli esteri inglese Jack Straw per offrire la massima assistenza, Washington ripiomba nel clima plumbeo da Paese in stato di allerta permanente. Raddoppiati i presidi delle stazioni del metrò, cani in cerca di esplosivi, l'edificio del dipartimento del Tesoro evacuato dopo la segnalazione di un'auto sospetta, la fermata metrò del Medical Center di Bethesda, alla periferia della città, chiusa per alcune ore dopo la individuazione di un pacco che risulterà innocuo.

Al lavoro dall'alba anche l'intera struttura di intelligence americana, secondo il protocollo della crisi. Vengono attivati il "Joint Operations command center" e il nuovo ufficio di John Negroponte, direttore nazionale dell'intelligence, che coordina Cia ed Fbi. Le certezze sono poche e sembrano suggerire tutte la stessa cosa. Londra come Madrid. Spiega un funzionario di alto livello dell'Antiterrorismo americana: «Stiamo lavorando attentamente sulle analogie con gli attentati in Spagna del marzo dello scorso anno. Che evidentemente non sono soltanto legate alla scelta dell'obiettivo: il sistema di trasporto. Ma, soprattutto, alla assoluta assenza di segnali che ha preceduto l'attacco, perché non una sola informazione di intelligence è stata raccolta nei giorni scorsi dai nostri servizi e dai servizi inglesi su un pericolo imminente». Del resto, non è l'unico punto di sovrapposizione tra i due orrori. «La rivendicazione a nome della «Organizzazione segreta di Al Qaeda in Europa» - aggiunge una seconda fonte di intelligence in contatto in queste ore con Scotland Yard - non significa nulla, come nulla significava la sigla che rivendicò la strage di Madrid. Ma proprio questo può dirci qualcosa sul profilo di chi dobbiamo cercare».

Li chiamano "homegrown radicals", nel gergo degli addetti. Radicali islamici "cresciuti in casa", nelle moschee della periferia di Londra. Scotland Yard e l'intelligence americana lavorano ad una lista di 50 nomi, cui corrispondono altrettanti individui regolarmente residenti in Inghilterra e di cui Londra e Washington hanno perso le tracce negli ultimi mesi. E forse lì potrebbe essere la chiave.

Michael Levitt ha lavorato per molti anni nell'unità antiterrorismo del Fbi e oggi dirige uno dei dipartimenti del "Washington Institute for near East policy", rispettato think-tank della capitale. Dice: «Le bombe di Londra ci dicono quel che ci hanno detto in passato le stragi di Madrid e di Casablanca. Nessuna sofisticazione nel piano d'attacco e terroristi sganciati da quello che immaginiamo come il cuore di Al Qaeda. Vale a dire Osama bin Laden e i suoi colonnelli. Non mi stupirei se, nei prossimi giorni, scoprissimo che quanto accaduto è stato concepito da qualche imam radicale in qualche sobborgo di Londra. C'è solo una cosa da capire: se siano stati o meno utilizzati kamikaze. Perché questo segnalerebbe un'ulteriore escalation della minaccia e una sua ulteriore radicalizzazione. Significherebbe che, per la prima volta, in Europa, qualcuno si è abbandonato al martirio. Ma se invece a Londra non sono stati utilizzati kamikaze, come sembrano indicare le informazioni di cui si dispone in questo momento, allora la sovrapposizione con Madrid sarebbe davvero perfetta».

Con l'analisi di Levitt concorda David Heymann, direttore del dipartimento "Sicurezza interna" del "Center for Strategic and international studies", altro importante think-tank di Washington. Ha lavorato per l'ufficio del consigliere per la sicurezza nazionale negli anni dell'amministrazione Clinton e ora dice: «Le bombe di Londra dimostrano che sta accadendo qualcosa di molto importante. Che il nemico tradizionale, prima confinato nei campi di Al Qaeda in Afghanistan e quindi confluito in parte tra le formazioni di insorti in Iraq, ha cambiato volto. E presumibilmente identità. Chiamiamolo jihadismo, chiamiamolo radicalismo locale. Il risultato non cambia. L'Europa è diventata e sarà sempre di più il campo di battaglia dei "reduci della jihad" e di chi, in questi anni, la jihad non l'ha combattuta, ma ai suoi insegnamenti si è formato. Insomma, in questi anni, abbiamo dato un calcio ad un nido di vespe. E oggi ne fronteggiamo gli esiti».

Di fronte a questa seconda generazione di terroristi, non c'è addetto ai lavori, a Washington, che non segnali come a questa nuova diaspora del terrore calzino a perfezione obiettivi che inquadrano innanzitutto la popolazione civile, le infrastrutture deboli delle grandi città: aeroporti, stazioni ferroviarie, metropolitane. È un motivo aggiuntivo di preoccupazione, ma, in queste ore, per l'amministrazione Bush, anche di immediato ritorno politico. Nel pomeriggio di Washington (la notte di ieri in Italia), il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, spiega all'America che le bombe di Londra sono un richiamo alla "priorità" dell'agenda politica internazionale: la lotta al terrorismo su scala globale.

Proprio quella che Washington aveva lamentato come latitante dai lavori del G8 scozzese.

«Questa mattina - dice in premessa Rumsfeld - il mondo civilizzato ha guardato preoccupato la gente di Londra incrociare il volto della violenza e della brutalità. Siamo dunque vicini alle famiglie che hanno perso i loro cari e a chi è rimasto ferito».

Quindi, l'affondo: «Troppo spesso la lotta globale contro gli estremismi violenti viene discussa in contesti che distraggono dalla dura realtà. E la realtà è che le vittime di questa violenza sono madri e padri, mogli e mariti innocenti con cui ogni giorno condividiamo le nostre vite. Gli inglesi hanno imparato dalla loro storia che questo genere di Male deve essere affrontato. E i nostri due Paesi sanno perfettamente che il giorno in cui cederemo alle richieste del terrore, qualunque esse siano, queste continueranno a crescere».

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