Da Il Mattino del 18/11/2003
Ancora caos tra rastrellamenti e sequestri di armi
di Vittorio Dell'Uva
NASSIRIYA - «Il vecchio regime è stato disperso non annientato. Non possiamo escludere niente». Il generale Bruno Stano, comandante del nostro contingente a Nassiriya, fa riferimento a forze conservatrici che, saldandosi con gruppi terroristici, provano a contrastare il lavoro che gli italiani stanno svolgendo.
Da un mese le pattuglie si spingono molto più a nord verso la strada per Kerbala. Al controllo del territorio si accompagna un’intensificazione degli sforzi per la ricostruzione del Paese: «Non è detto che tutto questo non possa dare fastidio», dice il generale riferendosi all'attentato del 12 novembre e alle successive minacce che «possono soltanto indurre a operare con maggiore fermezza e determinazione». «Le risposte le dobbiamo dare alla gente di questa provincia e non a Bin Laden o a Saddam», incalza il colonnello Scalas che del contingente è il portavoce: «Non ci fermeranno Al Qaida, nè il deposto raìs. Noi non abbiamo paura, ma piuttosto la consapevolezza che qui ci sono tanti problemi che dobbiamo contribuire a risolvere».
Se qualcosa cambia è la presenza sul campo. Al contingente si è appena unito un altro gruppo di incursori della Marina chiamati a svolgere compiti di intelligence come gli uomini di tutti i reparti. In arrivo dall'Italia ci sono dieci elicotteri. Sulle strade sono comparsi assieme ai mezzi leggeri anche i blindati «Centauro». Ogni giorno il 52 per cento della truppe è ormai impegnato in operazioni esterne che qualche risultato lo danno. Ieri mattina la task force «Dimonios» del colonnello Angelo Mura ha sequestrato ventidue lanciagranate, cinque kalashinkov e una pistola sulla statale 7 all'altezza di Al Sahita. In pieno giorno una decina di persone, fuggite poi a bordo di due pick-up, stavano provando a nascondere le armi tra le dune dopo averle avvolte in protezioni di plastica.
Una massiccia operazione di rastrellamento era stata programmata proprio nel giorno in cui i kamikaze hanno portato la morte nella casermetta dei carabinieri. E già prima del 12 novembre erano tenute sotto osservazione le quattro persone «trattenute» da giovedì scorso dai carabinieri in quanto sospettate di avere avuto il ruolo di fiancheggiatori nell’attentato. L'indagine su di loro si presenta tutt'altro che facile. Non soltanto oppongono il silenzio assoluto ad ogni domanda, ma evitano accuratamente di parlare tra loro. Al momento è stato persino impossibile accertare la loro nazionalità.
Intanto, l’operazione «Martello di ferro» lanciata all'indomani della strage di Nassiriya dai militari Usa contro gli irriducibili seguaci di Saddam, ha colpito ancora e ieri sei guerriglieri iracheni sono morti in scontri con le truppe americane nella zona di Tikrit, città natale dell'ex raìs, mentre a Ovest di Baghdad è stato catturato un ex leader della milizia dei Feddayn di Saddam. Ma anche la guerriglia irachena è tornata a colpire e due militari americani sono morti e due sono rimasti feriti in separati attacchi a Balata, cento chilometri a nord di Baghdad.
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