Da Corriere della Sera del 28/04/2005
Sangue sul nuovo governo iracheno Nella lista dei ministri sette donne. Ma nel giorno della svolta
È fatta. Dodici settimane dopo le elezioni, è finalmente pronta la lista dei ministri del primo governo democratico dell’Iraq moderno. Il neopremier, lo sciita Ibrahim Jaafari, ha annunciato ieri sera che le trattative sono finite. «Abbiamo la lista dei ministri» ha dichiarato alle due maggiori reti televisive locali, Al Hurrah e Al Iraqia.
di Lorenzo Cremonesi
IL GOVERNO - Questa mattina il nuovo esecutivo, che sarebbe composto da 32 ministri (di cui 7 donne), sarà sottoposto all’esame del Consiglio diretto dal Presidente, il curdo Jalal Talabani, assieme ai due vice: uno sciita e uno sunnita. Poi, probabilmente già nella giornata odierna, sarà presentato ai 275 parlamentari della nuova Assemblea nazionale per la fiducia. Naturalmente, sempre che non vi siano intoppi all’ultimo minuto. E l’intero meccanismo non subisca l’ennesimo rinvio. Dopo le elezioni del 30 gennaio scorso e il coraggio dimostrato dai cittadini nel recarsi alle urne in massa nonostante la minaccia del terrorismo, i nuovi dirigenti avevano promesso che si sarebbero impegnati per accelerare il processo politico e affrontare di petto gli immensi problemi che attanagliano il Paese. Primo tra tutti la mancanza di sicurezza. Violenza, attentati e guerriglia sono all’ordine del giorno. Ne è la prova l’assassinio, ieri a Bagdad, della deputata Lamea Khaddouri Al Sakri, che era stata eletta nella lista del premier uscente Iyad Allawi. La donna è stata uccisa a colpi di mitra sulla porta di casa. Restano inoltre endemiche la mancanza di elettricità, acqua e soprattutto la piaga della disoccupazione.
IL NEGOZIATO - Il partito di maggioranza, la lista unitaria sciita (148 seggi), ha trovato enormi difficoltà nel dialogo con i curdi (85 seggi). Due in particolare i nodi da risolvere: le forti aspirazioni autonomistiche curde (inclusa la scelta di non smantellare la loro milizia: i Peshmerga) e la loro determinazione a controllare il bacino petrolifero di Kirkuk. Altro motivo di tanta lentezza è la lunga trattativa per cercare di includere la lista di Iyad Allawi (40 seggi). Gli sciiti sarebbero ben contenti di farne a meno. Soprattutto non gradiscono le insistenze di Allawi per assorbire nei nuovi organismi di sicurezza gli elementi sunniti e tra loro numerosi ufficiali legati al sistema repressivo dell’ex dittatura baathista. Ma i curdi vedono proprio in Allawi un fedele alleato contro il pericolo crescente di una teocrazia sciita troppo vicina al regime di Teheran. Ancora ieri sera le emittenti a Bagdad sottolineavano che proprio i curdi stavano tentando una mediazione in extremis con il premier uscente. «Allawi ha chiesto 7 dicasteri. Tra cui quello della Difesa e per se stesso il posto di vicepremier. Ma al momento la Difesa resta al sunnita Sadun al-Duleimi», spiega la tv Al-Sharqia. Tra i vari tentativi mirati a cooptare il massimo numero di sunniti (che in gran parte si sono astenuti al voto) va registrato ieri pomeriggio anche il lungo incontro tra Jaafari e una folta rappresentanza di dignitari provenienti da Tikrit, area natale di Saddam Hussein.
LA SICUREZZA - Il primo passo del nuovo esecutivo sarà senz’altro mirato a rafforzare esercito e polizia per cercare di battere la violenza della guerriglia sunnita e i gruppi del terrorismo islamico. Un problema che lo stesso capo di Stato maggiore Usa, generale Richard Myers, in una conferenza al Pentagono ha ammesso restare a livelli simili a quelli del 2004. «Le loro capacità offensive sono paragonabili a un anno fa, sono in grado di compiere tra i 50 e 60 attentati al giorno», ha dichiarato. Una pericolosa inversione di tendenza, che secondo molti commentatori è anche conseguenza dello stallo politico. Subito dopo le elezioni infatti il numero e la qualità delle violenze erano notevolmente diminuite. Salvo via via risalire nell’ultimo mese, con dozzine di vittime negli attentati kamikaze e persino un elicottero civile abbattuto alla periferia di Bagdad.
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LA SICUREZZA - Il primo passo del nuovo esecutivo sarà senz’altro mirato a rafforzare esercito e polizia per cercare di battere la violenza della guerriglia sunnita e i gruppi del terrorismo islamico. Un problema che lo stesso capo di Stato maggiore Usa, generale Richard Myers, in una conferenza al Pentagono ha ammesso restare a livelli simili a quelli del 2004. «Le loro capacità offensive sono paragonabili a un anno fa, sono in grado di compiere tra i 50 e 60 attentati al giorno», ha dichiarato. Una pericolosa inversione di tendenza, che secondo molti commentatori è anche conseguenza dello stallo politico. Subito dopo le elezioni infatti il numero e la qualità delle violenze erano notevolmente diminuite. Salvo via via risalire nell’ultimo mese, con dozzine di vittime negli attentati kamikaze e persino un elicottero civile abbattuto alla periferia di Bagdad.
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