Da La Stampa del 24/01/2005

Ma Hamas chiede una contropartita politica: suoi dirigenti nelle istituzioni

Abu Mazen: il cessate il fuoco è ormai vicino

Il successore di Arafat avrebbe convinto i gruppi radicali a posare le armi

di Aldo Baquis

TEL AVIV - E' ormai vicino un accordo inter-palestinese per un cessate il fuoco a Gaza: lo ha annunciato ieri nel corso di una intervista alla televisione di stato il presidente palestinese Abu Mazen, che è reduce da una tornata di colloqui con i principali responsabili di Hamas e della Jihad islamica. «Il dialogo nazionale ha compiuto dei progressi importanti, arriveremo persto ad un accordo sul cessate il fuoco», ha affermato. Sul terreno, i gruppi armati della intifada in questi giorni hanno ridotto sensibilmente le proprie attività: certo per rispetto verso Abu Mazen e per non scontrarsi con centinaia di agenti delle forze di sicurezza dislocati sul terreno, ma anche per via di una ondata di maltempo e per non turbare la ricorrenza islamica della festa del Sacrificio.

Nella intervista il presidente ha mantenuto il tono pacato che lo caratterizza: ha elencato i successi già ottenuti, non ha nascosto le difficoltà che ancora lo attendono. Sul piano operativo, ha ammesso che finora il dislocamento degli agenti palestinesi nel Sud della striscia di Gaza subisce impedimenti «per via dei posti di blocco militari israeliani». Ma ha anche espresso fiducia di potre incontrare presto il premier Ariel Sharon con cui intende discutere la realizzazione del Tracciato di pace e il futuro ritiro da Gaza.

Il dialogo con le diverse fazioni palestinesi procede in maniera spedita: ma il suo successo, secondo Abu Mazen, dipenderà anche dall'atteggiamento di Israele che potrebbe contribuire alla riuscita di un futuro cessate il fuoco «Facendo terminare gli attacchi alle nostre città, le esecuzioni mirate e rilasciando i nostri prigionieri». In precedenza i dirigenti di Hamas (Mahmud a-Zahar, Said Siam, Ismail Hanyeh) avevano detto ad Abu Mazen di essere pronti ad esaminare un periodo di «calma» nei Territori, a condizione che Israele sia indotto a pagare un prezzo adeguato: ad esempio, la scarcerazione in massa di migliaia di detenuti dell'intifada.

Hamas, a quanto pare, pretende un prezzo politico anche da Abu Mazen: ad esempio l'inquadramento nei suoi servizi di sicurezza dei militanti del suo braccio armato Ezzedin al-Qassam, e la inclusione dei suoi dirigenti politici nel parlamento e nelle istituzioni governative palestinesi: anche a scapito di funzionari di al-Fatah. Su questi punti, i contatti sono ancora alla fase iniziale.

Israele segue questi sviluppi con grande attenzione. Ieri, in una seduta di governo tenuta nella città di Sderot (la più bersagliata dai razzi sparati dalla vicina striscia di Gaza) diversi ministri israeliani hanno avuto parole di elogio nei confronti di Abu Mazen. Il capo di stato maggiore, generale Moshe Yaalon, ha riferito che a Gaza - grazie all'intervento del presidente palestinese - le violenze sono quasi cessate. Ma nelle stesse ore dalla Cisgiordania sono giunte informazioni relative al tempestivo arresto di un militante di al Fatah di Jenin che si accingeva a compiere un attentato suicida e alla scoperta a Nablus di un importante laboratorio per la confezione di ordigni. I militari israeliani vi hanno trovato tre corpetti per kamikaze e decine di chilogrammi di materiale esplosivo.

A quanto pare questo laboratorio era usato da membri del braccio armato di Hamas i cui dirigenti sono stati catturati nei giorni scorsi a Nablus da una unità di élite israeliana. I servizi segreti israeliani cercano adesso di stabilire se quel laboratorio - il più importante scoperto negli ultimi tre anni - non facesse parte di un tentativo più ambizioso di avviare anche in Cisgiordania la produzione dei Qassam. Dettagliate istruzioni sulla confezione di questi razzi (il cui costo è di 50 dollari al pezzo) sono state distribuite nelle ultime settimane da Hamas sia con cassette video, sia attraverso siti internet.

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