Da La Repubblica del 03/01/2005

L´allarme di Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute, dopo la devastazione del maremoto

"Il nuovo secolo si è presentato comincia l´era delle catastrofi"

"Il nostro pianeta è fragile. Se non arrestiamo la crescita dei gas serra rischiamo di creare un pianeta a misura di tsunami"
"I danni aumentano esponenzialmente sia per la violenza degli eventi climatici estremi sia perché le zone a rischio sono sempre più popolate"
"L´inquinamento ha indebolito le barriere coralline e la capacità di autodifesa degli ecosistemi colpiti dal maremoto"
"Negli ultimi 30 anni lo spessore dei ghiacci nel Mar Artico è calato del 40%: entro 50 anni il pack scomparirà durante l´estate"

di Antonio Cianciullo

ROMA - L´asse terrestre che si è spostato facendo slittare il Polo Nord di 5-6 centimetri. La zolla tettonica su cui poggia l´isola di Sumatra proiettata verso Sud-Ovest di 30 metri. L´orografia di intere regioni sconvolta. L´effetto tsunami è destinato ad allargarsi all´intero pianeta?
«E´ una catastrofe spaventosa che mostra la fragilità della nostra convivenza con gli ecosistemi. Siamo troppo distratti: ci accorgiamo della natura solo quando ci colpisce in modo drammatico», risponde Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute e presidente dell´Earth Policy Insitute. «Purtroppo non credo che questo danno terribile esaurisca la portata della minaccia che abbiamo di fronte».

Teme gli effetti fisici dell´oscillazione dell´asse di rotazione?
«No. Si tratta di un fenomeno minimo e in ogni caso un leggero spostamento dell´asse di rotazione della Terra è normale: è successo altre quattro volte solo negli ultimi cento anni. Piuttosto vedo un significato simbolico in questo disastro di fine anno: è il biglietto da visita del ventunesimo secolo. La catena di disastri prodotti dal maremoto offre una drammatica prospettiva di quello che ci attende se non arrestiamo la crescita dei gas serra. Tra sollevamento dei mari e aumento degli uragani rischiamo di creare un pianeta a misura di tsunami».

L´onda killer è stata scatenata da un terremoto eccezionalmente violento. L´uomo non c´entra.
«Questo è vero solo parzialmente. La distruzione delle foreste di mangrovie, l´inquinamento che ha indebolito le barriere coralline, l´erosione delle spiagge facilitata dal dissesto idrogeologico hanno indebolito la capacità di autodifesa degli ecosistemi aggrediti dallo tsunami: le coste sono diventate più vulnerabili».

E a sua volta lo tsunami ha accelerato l´erosione e ha devastato le barriere coralline. Questi danni sono reversibili?
«Dipenderà dalla salute complessiva degli ecosistemi colpiti. Finora hanno saputo reagire a questo genere di aggressioni. Ma adesso ci troviamo in una situazione nuova, inedita. Il cambiamento climatico prodotto dall´uso massiccio di combustibili fossili e dalla deforestazione sta facendo salire la temperatura degli oceani a una velocità incompatibile con la sopravvivenza delle barriere coralline. Se le cose non cambieranno, invece di assistere a un recupero delle barriere coralline delle zone colpite le vedremo morire nelle aree non toccate dallo tsunami».

Di fronte a un aumento del rischio nelle aree costiere c´è chi propone un rafforzamento delle difese in stile olandese: dighe per proteggere le aree a rischio. E´ d´accordo?
«Mi sembra difficile estendere all´intero globo il modello olandese. Il costo in termini di costruzione e manutenzione del sistema di dighe sarebbe enorme, superiore al budget militare globale: i paesi più poveri non potrebbero affrontare un investimento del genere».

Dunque cosa suggerisce di fare?
«Abbiamo due possibilità. La prima è lasciare che le cose procedano invariate, secondo la formula chiamata business as usual. In questo caso si accelererà il processo di riscaldamento che porta all´innalzamento dei mari e al moltiplicarsi dei tifoni rendendo frequente lo scenario creato dallo tsunami di San Silvestro. Già oggi la Groenlandia perde 51 miliardi di metri cubi di acqua all´anno: è quasi due terzi del flusso annuale del Nilo al suo ingresso in Egitto. E negli ultimi 30 anni lo spessore dei ghiacci nel Mar Artico è diminuito del 40 per cento: entro 50 anni il pack scomparirà durante l´estate. Se si arrivasse alla fusione dei ghiacci della Groenlandia il livello dell´acqua salirebbe di 7 metri».

Spero che la seconda possibilità ci lasci qualche chance in più.
«Ce le lascia. A patto di ridurre subito e drasticamente l´emissione di gas serra. Dal 1985 il numero delle perturbazioni devastanti, nell´emisfero settentrionale, è raddoppiato. Inoltre i danni aumentano esponenzialmente sia per la violenza degli eventi climatici estremi sia per l´aumento demografico nelle zone a rischio: occorre costruire con più accortezza. E questo vale per i terremoti come per i disastri prodotti dall´uomo. Con la differenza che questi ultimi possono essere evitati».

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