Da Corriere della Sera del 18/12/2004
A Istanbul i negozianti sognano in euro ma Ece la ballerina si sente colonizzata
di Antonio Ferrari
ISTANBUL - In attesa del verdetto di Bruxelles, la risposta alla prima domanda è un'altra domanda: sempre la stessa. È così sulle rive del Bosforo, dove il freddo viene addolcito dalle mille suggestioni della Sublime Porta che abbraccia due mondi o nelle vie anonime della capitale, la gelida Ankara.
«Da dove viene?» Il passaporto equivale a un attestato sulla pagella dell'amicizia. Italia e Spagna in testa. Francia, Austria e Danimarca in coda. Anche dopo la firma dell'accordo, che ieri pomeriggio ha ufficialmente aperto la porta alla Turchia, sembra che nessuno voglia dimenticare i contrastanti umori dei futuri partner. Sono mesi che i mass media non parlano d'altro.
La ballerina classica Ece Ergan, 23 anni, bella ragazza che non nasconde i propri gusti occidentali, ha una reazione fiera e pungente: «Per il mio lavoro dovrei essere felice, perché nell'Ue potrò avere molte opportunità. Come cittadina turca non sono soddisfatta perché l'Europa, nei confronti del nostro Paese, continua ad avere atteggiamenti coloniali». Ma Necmet, che vende sciarpe di seta al bazar, ha già aggiornato i prezzi, naturalmente in euro. È convinto che il futuro ingresso porterà una ricchezza diffusa. Inutile spiegargli che non sarà necessariamente così.
Quello di ieri è stato il più gigantesco e costoso sforzo mediatico mai compiuto dalla Turchia. Per l’intera giornata di venerdì 17 (qui il numero sfortunato è il 13) tutte le tv e le radio sono rimaste con le telecamere e i microfoni aperti su Bruxelles, per un'interminabile e appassionante diretta, che ha coinvolto l'intero Paese. Come paralizzato in un'attesa spasmodica, che all'annuncio dell'accordo si è sciolta in un collettivo sospiro liberatorio. «Il mio primo sentimento? Non è stata una vittoria del cuore, ma la vittoria della ragione - dice Erturul Ozkok, direttore di Hurriyet , il quotidiano più autorevole del Paese-. Raggiungere l'obiettivo è stato il traguardo più importante: per noi, per l'Ue e per l'intero Medio Oriente. In futuro, Siria, Iraq e Iran confineranno con l'Europa. Mi ha colpito che, a Bruxelles, ad attendere il sì dei 25 vi fossero almeno 200 giornalisti arabi».
Mai, come ieri, la Turchia si è stretta affettuosamente attorno al proprio leader, l'islamico moderato Recep Tayyip Erdogan. Con una passione che pareva prescindere dall'esito dell'estenuante trattativa.
Nella tarda mattinata, quando si erano diffuse indiscrezioni su un possibile fallimento e sul rientro anticipato del premier, l'orgoglio ha vinto sul disappunto. Un giovane avvocato si era lanciato in una previsione: «Il primo ministro, comunque, tornerà a casa da eroe. Se ha successo, sarà il vincitore. In caso contrario, verrà applaudito come un vero delikanli , uno cioè che ha saputo respingere un'umiliazione». I delikanli sono i giovanotti del rione asiatico di Istanbul, dove è cresciuto Erdogan: accompagnato dal mito d'essere un vero Robin Hood di quartiere. Uno che sa farsi rispettare.
La sua popolarità adesso è alle stelle. L'uomo che difende il velo delle donne e le tradizioni musulmane, che non accetta la promiscuità delle giovani generazioni, che viene osannato nell'Anatolia rurale e conservatrice, è diventato, più di numerosi laici, la bandiera della Turchia europeista. «Sappiamo bene che i vantaggi economici che potrà portarci la Ue non sono straordinari. Noi, a differenza di altri membri dell'Unione, come la Spagna, la Grecia e il Portogallo, la nostra transizione l'abbiamo pagata da soli, senza alcun contributo. E poi prevediamo che la crescita economica dell'Ue sia finita. Il vantaggio, quindi, è di altra natura: avere un preciso punto di riferimento. Appartenere alla grande famiglia dell'Unione aiuterà a consolidare la nostra democrazia, a diffondere la cultura del rispetto dei diritti umani e potrà offrire condizioni di vita migliori» spiega l'economista Asaf Savas Akat, professore all'Università Bilgi di Istanbul.
La Borsa, termometro degli umori di Istanbul, si è mantenuta, per tutto il giorno, in terreno positivo. La notizia ufficiale dell'accordo è giunta poco prima della chiusura. L'euforia, probabilmente, si accenderà lunedì, alla riapertura delle contrattazioni, ma è già ben visibile sul mercato dei cambi, con l'euro e il dollaro in discesa contro la lira turca. L'industriale Selim Egeli, presidente del Business Council turco-greco, è raggiante: «Il sogno si è realizzato. Posso pensare finalmente che i miei figli saranno cittadini europei. Il compromesso su Cipro? Al nostro premier, sul problema dell'isola, è stata presentata la fattura di 30 anni di errori, anche e soprattutto nostri. Ora è finita, anche se tutto deve ancora cominciare».
«Da dove viene?» Il passaporto equivale a un attestato sulla pagella dell'amicizia. Italia e Spagna in testa. Francia, Austria e Danimarca in coda. Anche dopo la firma dell'accordo, che ieri pomeriggio ha ufficialmente aperto la porta alla Turchia, sembra che nessuno voglia dimenticare i contrastanti umori dei futuri partner. Sono mesi che i mass media non parlano d'altro.
La ballerina classica Ece Ergan, 23 anni, bella ragazza che non nasconde i propri gusti occidentali, ha una reazione fiera e pungente: «Per il mio lavoro dovrei essere felice, perché nell'Ue potrò avere molte opportunità. Come cittadina turca non sono soddisfatta perché l'Europa, nei confronti del nostro Paese, continua ad avere atteggiamenti coloniali». Ma Necmet, che vende sciarpe di seta al bazar, ha già aggiornato i prezzi, naturalmente in euro. È convinto che il futuro ingresso porterà una ricchezza diffusa. Inutile spiegargli che non sarà necessariamente così.
Quello di ieri è stato il più gigantesco e costoso sforzo mediatico mai compiuto dalla Turchia. Per l’intera giornata di venerdì 17 (qui il numero sfortunato è il 13) tutte le tv e le radio sono rimaste con le telecamere e i microfoni aperti su Bruxelles, per un'interminabile e appassionante diretta, che ha coinvolto l'intero Paese. Come paralizzato in un'attesa spasmodica, che all'annuncio dell'accordo si è sciolta in un collettivo sospiro liberatorio. «Il mio primo sentimento? Non è stata una vittoria del cuore, ma la vittoria della ragione - dice Erturul Ozkok, direttore di Hurriyet , il quotidiano più autorevole del Paese-. Raggiungere l'obiettivo è stato il traguardo più importante: per noi, per l'Ue e per l'intero Medio Oriente. In futuro, Siria, Iraq e Iran confineranno con l'Europa. Mi ha colpito che, a Bruxelles, ad attendere il sì dei 25 vi fossero almeno 200 giornalisti arabi».
Mai, come ieri, la Turchia si è stretta affettuosamente attorno al proprio leader, l'islamico moderato Recep Tayyip Erdogan. Con una passione che pareva prescindere dall'esito dell'estenuante trattativa.
Nella tarda mattinata, quando si erano diffuse indiscrezioni su un possibile fallimento e sul rientro anticipato del premier, l'orgoglio ha vinto sul disappunto. Un giovane avvocato si era lanciato in una previsione: «Il primo ministro, comunque, tornerà a casa da eroe. Se ha successo, sarà il vincitore. In caso contrario, verrà applaudito come un vero delikanli , uno cioè che ha saputo respingere un'umiliazione». I delikanli sono i giovanotti del rione asiatico di Istanbul, dove è cresciuto Erdogan: accompagnato dal mito d'essere un vero Robin Hood di quartiere. Uno che sa farsi rispettare.
La sua popolarità adesso è alle stelle. L'uomo che difende il velo delle donne e le tradizioni musulmane, che non accetta la promiscuità delle giovani generazioni, che viene osannato nell'Anatolia rurale e conservatrice, è diventato, più di numerosi laici, la bandiera della Turchia europeista. «Sappiamo bene che i vantaggi economici che potrà portarci la Ue non sono straordinari. Noi, a differenza di altri membri dell'Unione, come la Spagna, la Grecia e il Portogallo, la nostra transizione l'abbiamo pagata da soli, senza alcun contributo. E poi prevediamo che la crescita economica dell'Ue sia finita. Il vantaggio, quindi, è di altra natura: avere un preciso punto di riferimento. Appartenere alla grande famiglia dell'Unione aiuterà a consolidare la nostra democrazia, a diffondere la cultura del rispetto dei diritti umani e potrà offrire condizioni di vita migliori» spiega l'economista Asaf Savas Akat, professore all'Università Bilgi di Istanbul.
La Borsa, termometro degli umori di Istanbul, si è mantenuta, per tutto il giorno, in terreno positivo. La notizia ufficiale dell'accordo è giunta poco prima della chiusura. L'euforia, probabilmente, si accenderà lunedì, alla riapertura delle contrattazioni, ma è già ben visibile sul mercato dei cambi, con l'euro e il dollaro in discesa contro la lira turca. L'industriale Selim Egeli, presidente del Business Council turco-greco, è raggiante: «Il sogno si è realizzato. Posso pensare finalmente che i miei figli saranno cittadini europei. Il compromesso su Cipro? Al nostro premier, sul problema dell'isola, è stata presentata la fattura di 30 anni di errori, anche e soprattutto nostri. Ora è finita, anche se tutto deve ancora cominciare».
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