Da La Stampa del 06/12/2004
Una «spia» di Israele in cambio di sei «terroristi»
Scambio di prigionieri tra egiziani e israeliani
Procede il disgelo tra i due Paesi dopo la morte di Arafat e in vista dello sgombero dalla Striscia voluto dal premier Sharon. Potrebbe tornare a Tel Aviv l’ambasciatore del Cairo assente da quattro anni
di Aldo Baquis

L'accordo israelo-egiziano è stato suggellato la settimana scorsa durante una visita a Gerusalemme del ministro degli esteri egiziano Ahmed abu al-Ghait e del capo dell' intelligence, generale Omar Suleiman. Nei giorni scorsi Mubarak ha riconosciuto a Sharon la intenzione di puntare seriamente a un accordo con i palestinesi e ieri i due statisti si sono nuovamente parlati al telefono, rinnovandosi le espressioni di stima reciproca. «L'Egitto - ha spiegato Sharon - intende essere maggiormente attivo nei processi in corso, che forse in futuro porteranno alla pace con i palestinesi». Secondo diversi osservatori, è possibile che Sharon si sia impegnato a liberare anche detenuti palestinesi, mentre il Cairo potrebbe inviare a Tel Aviv un nuovo ambasciatore dopo che per quattro anni la carica è rimasta vacante in segno di protesta per la dura repressione militare israeliana della ribellione nei Territori.
Le storie incrociate della «spia israeliana» Azzam Azzam (41 anni) e dei «terroristi egiziani» (Imad Said, Muhammad Yusri, Mustafa Yusuf, Mustafa Abu Daif, Mahmud Izzat e Mahmud Maher, tutti ventenni) sono ricche di aspetti altamente improbabili.
E' il novembre 1996 quando il meccanico druso della industria tessile israeliana Tefron viene prelevato dal suo albergo del Cairo da otto agenti dei servizi egiziani. Le accuse nei suoi confronti vengono da un collega egiziano, Imad a-Din Ismail, che nel febbraio 1996 aveva visitato il villaggio di Azzam in Galilea, Magher. Al ritorno in Egitto avrebbe detto ai servizi segreti che una donna araba israeliana aveva tentato di reclutarlo nel Mossad e che il suo contatto era appunto Azzam . Nel processo, celebrato nel giugno 1997, furono finalmente esibite le «prove» a carico di Azzam: due paia di mutande - inviate ad Ismail dalla misteriosa donna araba - e due contenitori di colore che, secondo la pubblica accusa, avevano consentito all' «agente del Mossad» di tracciare messaggi invisibili.
I sei studenti universitari egiziani sono stati arrestati nel Neghev ad agosto, dopo aver varcato illegalmente il confine israelo-egiziano. Avevano con sé un fucile ad aria compressa e coltelli. Secondo una versione, volevano rapire soldati israeliani per negoziare la liberazione di detenuti palestinesi. Al tribunale di Beer Sheva è stato anche sostenuto che intendevano rapinare una banca e impadronirsi di un carro armato.
Per loro fortuna, il loro arresto è coinciso con i contatti israelo-egiziani finalizzati a coordinare il ritiro da Gaza (fissato per la estate 2005) e con la morte di Yasser Arafat, che ha repentinamente rimesso in moto la attività diplomatica regionale dopo lunghi mesi di letargo. Il loro processo (in cui rischiavano fino a dieci anni di carcere) è slittato per ordini dall'alto e ieri sono stati consegnati all'ambasciata egiziana a Tel Aviv. Azzam nel frattempo è rientrato nel suo villaggio della Galilea.
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