Da Corriere della Sera del 29/11/2004

L’americano, Speedy Gonzales, il bulldozer I mille volti dell’uomo che sogna l’Eliseo

di Massimo Nava

PARIGI - Duecento anni fa, Napoleone fu incoronato imperatore. Nicolas Sarkozy comincia oggi, nel giorno del settantaduesimo compleanno di Chirac, l'ascesa al trono della Francia moderna, l'Eliseo. Sarkozy non crede alle coincidenze, ma è abilissimo nel far sì che ci credano i francesi. Nell'immaginario collettivo, è l'uomo che la Francia aspetta, il leader di una nuova destra, più moderna, più atlantica, più riformatrice, il giovane che soppianta la vecchia politica e la vecchia generazione, il presidente in pectore che invertirà la rotta del declino e cancellerà, come un nuovo de Gaulle, le frustrazioni da ex grande potenza.

Nella politica-spettacolo, Nicolas Sarkozy ha già spiegato a tutti che il sogno è possibile. Una bulimia di notizie, ritratti, interviste, promesse, foto di famiglia, con l'onnipresente moglie Cecilia, già eletta factotum della segreteria del partito.

Da ieri, lo credono le truppe della destra, ansiose di rivincite elettorali e lo temono gli avversari, quelli interni al partito e una gauche divisa e ancora in cerca di un capo.

Nei panni di sostituto del «monarca» Chirac, Sarkozy sembra essersi calato fin da bambino, con il piglio dell'animale politico e il bisogno di affermazione tipico dell'«estraneo» all'establishment e alla tradizione. Figlio di una modesta famiglia di immigrati ungheresi, laurea in legge, Sarkozy non ha frequentato l'Ena, la fucina della classe dirigente francese: un «mandarinato» in cui Sarkozy ha navigato, lasciandosi cooptare e proteggere per poi tradire i protettori e rompere appunto con la tradizione. A 17 anni era già entrato in politica, a 30 era sindaco di Neully, il quartiere ricco della periferia di Parigi, a 38 ministro e, adesso, a 49, capo del partito. Vent'anni fa, al congresso di Nizza, presieduto da Chirac, aveva preparati un discorsetto di cinque minuti, il tempo limite fissato dalla presidenza. Parlò a ruota libera per venti, raccogliendo applausi a scena aperta. Per Chirac fu una folgorazione e l'inizio di un’amicizia, rotta da un primo tradimento: l'alleanza con Balladour, che gli costò in lungo dimenticatoio e l'ostracismo di un'altra persona fondamentale nel potere francese, Bernardette Chirac.

L'ascesa di Sarkozy è andata di pari passo con il declino del partito e la crisi d'identità del modello francese. Vestendo i panni dell'uomo nuovo, Sarkozy sogna per la Francia un nuovo modello, cercando di dimostrare che, ogni volta che gli è stata data la possibilità, lui lo ha già messo in pratica. La Francia chiede sicurezza? Ecco Sarko lo sceriffo di Francia, il ministro dell'interno che manda i poliziotti a riprendersi il territorio e prende applausi fra la borghesia tentata dalle sirene di Le Pen, il leader della destra xenofoba. La Francia chiede riforme? Ecco il superministro dell'economia che condanna le 35 ore, mette freno alla spesa pubblica, predica meritocrazia e competitività per le imprese. La Francia confronta l'usura dei valori repubblicani con il fallimento dell'integrazione? Ecco il nuovo leader mettere in discussione le «colonne» del tempio: laicità, Stato provvidenza, egualitarismo, posto fisso.

Tutti concetti che Sarkozy ha ripreso nel suo discorso d'investitura, 18 cartelle di battute studiate per i titoli sui giornali e per scaldare le truppe. «La Francia non è un museo, né un parco d'attrazione per turisti», «Non è sufficiente al benessere dell'uomo lavorare 35 ore piuttosto che 39», «Il mondo cambia, la Francia non deve restare immobile». «L'Europa non è una zona di libero scambio, ma un progetto politico. È la ragione per cui spero che la Turchia sia associata all'Europa, ma non integrata». «Se le nostre leggi non piacciono, nessuno è obbligato a vivere in Francia per subirle». «Se chiedo che lo Stato affronti la questione dei luoghi di culto è perché non voglio che siano finanziati dall'estero o che gli imam non parlino una parola di francese». «A furia di facilitazioni, compromessi e lassismo, il 20 per cento degli allievi si ritrova ogni anno senza formazione, senza prospettive, senza futuro«.

Sarebbero facili le semplificazioni, del genere «Sarko l'americano», come già lo dipinge la sinistra, o del genere «Dio, patria, famiglia, ordine», dopo che Sarko ha scoperto anche il bisogno di spiritualità. «Speedy Sarkozy», «Jago», «Piè veloce», «Bulldozer» confonde i critici come la girandola di soprannomi che l'opinione pubblica gli ha affibbiato. Un po' Blair e un po' Clinton, come vorrebbe essere lui, Sarkozy confonde anche il giudizio degli economisti. Il liberista è anche il primo a difendere le industrie francesi in Europa, il dirigismo dello Stato, i monopoli pubblici. «Il suo credo è il pragmatismo», dicono i suoi consiglieri. E anche questo è un segno di novità, che fa giustizia dell'immobilismo del sistema. Forse vorrebbe assomigliare a de Gaulle, «un vero rivoluzionario» che però è anche un modo per essere comunque un politico francese. Forse ha studiato Machiavelli, che è sempre il modo migliore per conquistare il potere.

Ieri ha detto di essere pronto a costruire una nuova Francia, sempre che i francesi siano pronti a cambiare con lui.

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