Da Corriere della Sera del 22/10/2004

FISCO & LEGGI

Il partito del premier accelera sui tre scaglioni. L’attacco di Tabacci (Udc): qui può saltare tutto

di Mario Sensini

Le tre aliquote fiscali per il 2005 non sono un dogma. Ieri dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è arrivata un’apertura alle istanze degli alleati, ed in particolare di An, restia a concedere troppi favori ai contribuenti più ricchi e determinata a mantenere una quarta aliquota del 43% per i redditi più alti. «Dobbiamo vederci per parlarne. E’ una decisione che prenderemo tutti insieme» ha detto ieri il premier. E questo prima che le avanguardie parlamentari di Forza Italia presentassero un emendamento alla Finanziaria con l’introduzione secca delle tre aliquote del 23% (per i redditi fino a 26 mila euro), 33% (fino a 33 mila) e 39% (oltre 33 mila euro). Una mossa che ha preoccupato moltissimo sia An che l’Udc, ma che è stata poi ridimensionata dagli stessi parlamentari azzurri.

Per le vie brevi, da un Berlusconi determinato più che mai a condurre in porto il taglio alle tasse ed evitare problemi, sarebbe arrivata in serata agli alleati anche la disponibilità a discutere degli scaglioni di reddito ai quali applicare le nuove aliquote. Elemento forse ancor più importante per calibrare la distribuzione dei benefici fiscali promessi per il 2005. Scelta puramente politica sulla quale le posizioni dei partiti di maggioranza, che ieri hanno temuto un nuovo tradimento della collegialità, ancora divergono apertamente. «Con quell’emendamento di Forza Italia - ha detto Maurizio Leo, esperto fiscale di An - si avvantaggerebbero solo i redditi oltre 70 mila euro. Pochissimo quelli fino a 30 mila, niente tutti gli altri. Inaccettabile».

«Forza Italia forse non vuole il taglio delle tasse. Se la mettono giù così, senza discutere con gli altri, rischiano di mandare tutto all’aria» commentava l’udc Bruno Tabacci, rassicurato subito dopo dal responsabile economico di Forza Italia, Luigi Casero: «E’ solo un emendamento civetta. Può servire al governo per inserire il suo progetto. E’ chiaro che ogni decisione spetta al vertice di maggioranza». Vertice che si terrà quasi certamente la prossima settimana, anche se probabilmente non sarà risolutivo. Le divergenze da appianare sono ancora rilevanti, e poi Berlusconi non ha troppa fretta. Presentare l’emendamento sulle tasse quando la Finanziaria, ora alla Camera, sarà al Senato per la seconda lettura eviterebbe se non altro una doppia, lunga, insidiosa, discussione parlamentare.

Sul tavolo, per il momento, ci sono 7 miliardi (sempreché non insorgano problemi sulla copertura, ancora avvolta da mistero anche se Siniscalco ieri all’Ecofin ha assicurato che si tratterà di misure permanenti), e molti progetti per distribuirli. Il rafforzamento degli assegni familiari (un miliardo dei sette) mette d’accordo tutti, perché risolve in parte il problema degli incapienti, cioè di chi non paga tasse perché ha redditi troppo bassi e che non avrebbe benefici dal nuovo taglio.

Sul resto le distanze sono grandi. Per l’Irpef An mette l’enfasi sulla famiglia. E un emendamento alla Finanziaria indica che il 60% del taglio dovrà beneficiare, appunto, le famiglie. L’Udc punta su quelle monoreddito, mentre la Lega chiede un’area di esenzione fiscale differenziata su base regionale. Quanto alle imprese, An chiede che almeno 3 miliardi del pacchetto siano destinati agli sgravi Irap. Mentre Forza Italia ipotizza un intervento da un miliardo, l’Udc pretende qualcosa in più, e alla Lega interessa favorire le piccole e medie imprese rispetto alle grandi. Tutti accarezzano l’idea della fiscalità di vantaggio per il Sud, ma anche ieri all’Ecofin si è capito che c’è pochissimo margine per questa possibilità.

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