Da La Stampa del 21/10/2004

Garanzie anche per loro

di Tito Boeri

Sono due milioni e duecentomila gli immigrati che oggi risiedono con un regolare permesso di soggiorno in Italia, come ha ricordato proprio ieri il ministro Pisanu. Contribuiscono già oggi a circa il 6% del nostro prodotto interno lordo. Svolgono per lo più lavori da cui gli italiani rifuggono, come la conceria delle pelli o la raccolta dei pomodori. Bassi salari anche se magari hanno un diploma di scuola secondaria o, addirittura, una laurea. Tappano le falle del nostro sistema di protezione sociale, fornendo assistenza agli anziani non autosufficienti a costi accessibili. E quando non spinti a lavorare in nero, contribuiscono a pagare le nostre pensioni.

Ma sono ancora in molti a guardare con diffidenza, se non con aperta ostilità, a una risorsa così importante per la nostra economia. Secondo i sondaggi Eurobarometro, quasi un italiano su due ritiene che gli immigrati abusino dei nostri servizi sociali. Vero? Solo in minima parte e per colpe in gran parte nostre. Non è vero che gli immigrati ricevano in Italia più trasferimenti sociali degli italiani. Dato che risiedono quasi tutti in aree dove la disoccupazione è più bassa e sono molto più giovani dei nostri connazionali, la percentuale di chi non lavora tra di loro è più bassa che tra gli italiani. Portano via tempo alle nostre amministrazioni i controlli dei permessi di soggiorno. Ma questo è un costo evitabile, voluto dalla legge Bossi-Fini che impone controlli eccessivi, onerosi non solo per le nostre burocrazie, ma soprattutto per gli immigrati. In alcuni casi, è vero, portano via posti agli asili nido, perché hanno redditi più bassi, più figli e, quindi, passano davanti agli italiani nelle graduatorie. Talvolta anche gonfiano le classi in cui mandiamo i nostri figli e, anche per ritardi nell'imparare la nostra lingua, sono di freno al completamento dei programmi. Ma anche questi sono problemi risolvibili se affrontati per tempo.

Il fatto è che mentre gli immigrati hanno investito per venire da noi, sostenendo costi economici e umani molto elevati, noi non abbiamo fatto altrettanto. Eppure dal successo della loro integrazione in Italia dipenderà non poco del nostro futuro. Più rapida la loro integrazione, più grande il beneficio, anche solo fiscale, che otterremo dalla loro presenza. Perché immigrati che si integrano rapidamente possono accedere a lavori che generano più valore aggiunto, che pagano più contributi, sono più stabili e li incoraggiano a investire essi stessi nell'integrazione loro e dei loro figli, con meno rischi di finire intrappolati nel lavoro nero e di continuare a parlare un'altra lingua.

Dobbiamo poi investire di più nei figli, nostri e degli immigrati. Ciò significa più asili nido e meno sprechi di risorse in bonus figli annunciati all'ultimo minuto e interrotti dopo un anno, non in grado perciò di incoraggiare la fertilità e offerti anche a chi non è in condizione di bisogno. Mentre gli immigrati che non sono cittadini dell'Unione Europea, gli unici che forse beneficerebbero davvero di questi trasferimenti, vengono esplicitamente esclusi dall'accesso al bonus figli.

Fra dieci giorni a Roma verrà formalmente approvata la Costituzione Europea. Sancisce il diritto di chiunque risieda e si sposti legalmente all'interno dei confini dell'Unione di ricevere protezione sociale. E' un principio giusto. Non solo sul piano dell'equità. Escludendo gli immigrati dalla protezione sociale si finisce unicamente per spingerli al lavoro nero e ritardarne l'integrazione.

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