Da Corriere della Sera del 06/10/2004

Lavorano nel nostro Paese e ne condividono i valori, ma non sono ancora cittadini. La mano tesa di Ciampi

Tanti come Ayad: i quasi italiani sospesi fra due mondi

di Magdi Allam

Si sentono tutti italo-iracheni. Uomini e donne di frontiera. In crisi di identità. Sospesi tra due mondi. Milioni di immigrati in Italia si riconoscono nella figura di Ayad Anwar Wali, assassinato dai terroristi iracheni perché italiano, abbandonato dalle autorità italiane perché iracheno. Il suo estremo sacrificio non è affatto percepito come un caso isolato e sfortunato. Assurge bensì a emblema di un malessere collettivo, la triste occasione per una denuncia forte e un appello corale che s'impone di fronte alla tragedia di una morte atroce e assurda. Per milioni di immigrati Ayad rivela il loro vissuto, focalizza la loro fragilità e tradisce la loro aspirazione. Ayad rappresenta una storia esemplare dal tragico epilogo di gente speciale, costretta ad abbandonare la terra natia, che si è radicata nel nostro Paese, ha migliorato la qualità della propria vita grazie all'Italia, si sente profondamente italiana, ha abbracciato il sistema di valori occidentale rivoluzionando il modo di essere e di concepire la vita. Ayad è stato un uomo e un imprenditore di successo, era riuscito a trasformare la sua ricchezza culturale e la sua passione civile in una fruttuosa attività di promozione del Made in Italy in Medio Oriente. L'ha fatto da musulmano laico: non pregava, non digiunava, beveva il vino, si era sposato in una chiesa cattolica della Turchia musulmana, ha lasciato un figlio italiano e cattolico. Anche in questo Ayad riflette la realtà della stragrande maggioranza degli immigrati musulmani in Italia, persone semplici che tendenzialmente rifuggono dall'ideologismo degli islamici estremisti e dei nazionalisti fanatici.

Eppure la nostra Italia in questo esordio del Terzo millennio fatica a recepire positivamente e pienamente personalità in bilico, esistenze trasversali e realtà transnazionali incarnate dalla figura di Ayad e riproposte dal vissuto di milioni di immigrati. Un eccesso di cautela che talvolta sconfina nella paura degli «altri», assumendo le sembianze di veti legislativi e amministrativi alla concessione della cittadinanza italiana con modalità e tempi ragionevoli. E che finisce per condannare gli «altri», anche nel caso di chi come Ayad si riconosce pienamente nel «noi», privandoli di un punto di riferimento solido nella «italianità» sul piano identitario, ideale e giuridico.

Una difficoltà che si tocca con mano proprio a Castelfranco Veneto, la città di adozione di Ayad, che lui aveva sinceramente amato e che ha indubbiamente favorito il suo successo. Ebbene lì è possibile trovare un'azienda, come la Castelgarden che produce tosaerba, che ha allestito al suo interno una sala di preghiera islamica e alla mensa offre dei pasti halal. Ma è tutt'attorno a questa proficua attività imprenditoriale immersa e proiettata nella realtà e nella logica della globalizzazione che si percepisce la distanza che la separa dal contesto politico, legale, sociale e culturale punitivo e avvilente per gli immigrati, tollerati come mano d'opera indispensabile e avversati come persone pienamente realizzate. Non è un caso che il presidente Ciampi sia stato la prima alta personalità dello Stato a porgere le proprie condoglianze alla famiglia di Ayad. Già lo scorso 24 settembre egli si è posto alla testa tra quanti in Italia vorrebbero colmare la discrepanza tra il paese reale e la classe politica in materia di cittadinanza.

Ciampi ha sollecitato una legislazione più agevole per la concessione della cittadinanza italiana a tutti gli immigrati che dimostrino la «conoscenza, sufficiente e certificata, della lingua italiana», in aggiunta alla «condivisione dei principi della Costituzione della Repubblica». Il capo dello Stato aveva lanciato un altro segnale forte a favore della valorizzazione degli immigrati, conferendo lo scorso 19 agosto la medaglia d'oro al merito civile al senegalese Cheikh Sarr, morto in mare per salvare un italiano davanti alle spiagge di Castagneto Carducci in provincia di Livorno. Una medaglia d'oro a un eroe italo-senegalese sulla cui bara erano avvolti il tricolore, la bandiera senegalese e il vessillo arcobaleno simbolo della pace. La mano tesa di Ciampi è più che eloquente: è ora che la classe politica accolga come cittadini a pieno titolo tutti gli Ayad e i Sarr, tutti gli immigrati per bene che vivono nel rispetto della legge e nella condivisione dei valori fondanti della Costituzione.

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