Da La Repubblica del 22/09/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/i/sezioni/esteri/itarapuno/mistesimo/mis...

ANALISI

Il mistero sulle italiane

di Giuseppe D'Avanzo

FIORISCE un ottimismo ingiustificato e irresponsabile. Si dice - lo dicono "fonti dell'intelligence" alle agenzie Agi, Adnkronos, Ansa - che è stato "rintracciato un canale che potrebbe rivelarsi valido" e che sarebbe stato "dato un nome al gruppo che ha effettuato il sequestro delle due volontarie italiane". Ad accentuare l'euforico scenario, uno spensierato sussurro accredita l'ipotesi che il governo abbia autorizzato il trasferimento a Bagdad d'una somma di denaro adeguata a pagare il riscatto. Ci siamo, dunque? Ancora poche ore, pochi giorni e Simona Pari e Simona Torretta saranno a casa? Purtroppo no. Non c'è alcun motivo, allo stato delle cose, per essere meno preoccupati degli ultimi 14 giorni.

La verità è che non c'è nessun "canale" utile a risolvere la crisi. Intendiamoci su che cosa è, in questi casi, un "canale". È un tizio che si propone come mediatore capace innanzitutto di dimostrare che gli ostaggi sono vivi e almeno una di queste altre tre cose: sa chi li ha catturati o chi li ha in custodia; ha con il gruppo dei rapitori un "rapporto attivo". Il "mediatore" non c'è ancora, purtroppo.

"Ci sono - dice il direttore del Sismi Nicolò Pollari al Comitato di controllo parlamentare - dei contatti, tanti contatti attivati". Per dirla in un altro modo, Pollari rassicura che i suoi uomini si stanno dannando l'anima. Vuole dire che cercano informazioni attendibili nel buco nero dove ancora non c'è una rivendicazione, un proclama, un'immagine, una richiesta economica o politica, il perché del sequestro di quattro volontari che lavorano per il popolo iracheno.

Come orientarsi? Dove muoversi? A quale porta bussare? Dice Pollari: "Abbiamo individuato una serie di contatti che possono raccogliere informazioni capaci di dirci chi ha rapito Simona Pari e Simona Torretta". Il lavoro della nostra intelligence è dunque ancora in questa "fase primaria" in una Bagdad dove le forze in campo, le alleanze e i conflitti mutano nell'arco di dodici ore e dove anche gli ulema, le maggiori autorità religiose sunnite, cominciano ad orientarsi a fatica (due membri del Gran Consiglio, Hazem al Zaida e Mohammed Jadou, sono stati ammazzati in 24 ore). In questo caravanserraglio, sembra voler dire Pollari al Parlamento, è già tanto avere delle convinzioni. Il direttore sostiene di averne un paio. La prima è che "Simona Pari e Simona Torretta sono vive". La seconda è che il messaggio diffuso in Internet la notte scorsa è inaffidabile. Quel messaggio attribuito ad Abu Musa al Zarqawi, sostiene che "le italiane non sono state comprate", smentendo così le dichiarazioni del viceministro degli esteri iracheno. Hamid al Bayati aveva detto che le nostre ragazze erano state "sequestrate da organizzazioni criminali, che potrebbero averle vendute a elementi del gruppo di al Zarqawi".

"Non sono state comprate" è però una formula così ambigua da lasciare le cose nella nebbia densa dov'erano. Non le hanno comprate, perché le ha catturate direttamente Tawhid wal Jihad? O Tawhid wal Jihad non ha nulla a che fare con il sequestro delle Simone? Se il messaggio Internet è falso - come crede Pollari e come credono a Bagdad - si sgombra il campo dall'equivoco e si resta alle prese con la stessa domanda di sempre. Chi ha rapito le Simone? Pollari, in questo caso, non azzarda convinzioni, ma - dice - che se dovesse scommettere un nichelino direbbe che Simona Pari e Simona Torretta sono nelle mani di al Zarqawi.

Lo scenario, messo insieme con le poche circostanze che al momento si conoscono, è ancora quello peggiore, dunque. Il sequestro è un'azione condotta con metodo militare da uomini che appaiono, ai presenti, militari. Il commando (pare) chiede nome e cognome agli sfortunati che, nel pomeriggio del 7 settembre, si attardano nella sede di un "Ponte per..." e, come se sapesse chi rapire, porta via Simona Pari, Simona Torretta, Mahanz Bassam e Ra'ad Ali Abdul Raziz. L'azione contro le italiane assomiglia al sequestro dei tre tecnici della Gulf Service Company. Due americani, Jack Hensley ed Eugene Armstrong; un inglese, Kenneth Bigley. Anche loro sono da tempo a Bagdad e vengono rapiti nella propria abitazione. Sono sequestri inconsueti. Mai prima d'ora a Bagdad gli ostaggi sono stati prelevati in casa e non per strada. C'è la stessa mano dietro queste azioni? La mano che ha afferrato le vite di Jack Hensley, Eugene Armstrong e Kenneth Bigley è la mano di al Zarqawi. L'uomo che organizza il terrore e la morte nel triangolo sunnita e a Bagdad chiede "la liberazione delle donne detenute nelle carceri irachene". È la stessa richiesta che una rivendicazione poco affidabile propose al governo italiano in cambio di "pochissime informazioni" sulla sorte delle Simone. Può essere soltanto una coincidenza, ma nel vuoto di informazioni certe l'identità della richiesta è diventata - con le modalità dell'azione del commando - il secondo indizio che ci sia la mano di al Zarqawi dietro il sequestro delle due Simone. Indizi, soltanto indizi nel garbuglio iracheno.

La certezza, si è pensato, si avrà soltanto con un video. Solo l'attendibilità delle immagini potrà dirci se le Simone sono vive, e chi le ha rapite, e che cosa vuole per liberarle. Oggi, anche l'ipotesi del video è debole perché i sequestratori - a quanto pare - avrebbero difficoltà a far comprendere alla propria gente che, in questa guerra, è necessario aggredire pure le donne nonostante i precetti del Corano. Mentre al Zarqawi decapita i suoi ostaggi (Hensley, Armstrong), attendiamo così un comunicato per orientarci in questo enigma, per sapere se siamo nel peggio o nell'orribile. Dov'è la ragione dell'ottimismo?

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