Da La Repubblica del 09/09/2004

Il rapimento di Simona Torretta e Simona Pari segna un salto di qualità nell´attacco all´Italia

"Un sequestro di alto livello" torna l´incubo di Al Zarqawi

Per gli assassini che si ispirano a Bin Laden il nostro paese appare fragile e condizionabile
L´attesa del video di rivendicazione per avere certezza sul gruppo autore del rapimento

di Giuseppe D'Avanzo

MAI dall´11 settembre 2001 l´Italia è stata (ha avvertito di essere) così in pericolo. Il sequestro di Simona Torretta e Simona Pari. L´assoluto buio d´informazioni sul loro destino. Il nulla, nemmeno un sussurro, sull´identità del gruppo terroristico che le ha in ostaggio con Raad Alì Abdul-Aziz e Manhaz Bassam, cittadini iracheni. Ancora. Il più significativo e concreto e attuale allarme degli ultimi tre anni per gli «interessi italiani all´estero» che nei prossimi giorni, secondo la nostra intelligence, possono essere colpiti «duramente e in più luoghi». E ancora, l´ultima immagine di Enzo Baldoni, diffusa dal sito web www.iai.i8.com, a rinnovare l´orrore, a tenere calda la paura. Un "tagliando" di manutenzione del terrore che vuole schiacciarci in un sentimento di sgomenta impotenza. C´è un "cambio di passo" nelle minacce al nostro Paese.

Gli addetti sapevano e temevano che questo momento sarebbe presto arrivato. Da luglio le informazioni e le analisi dei servizi segreti americani ed europei lo annunciavano. Ora tutti i segnali sembrano dirci che è giunto.

Un alto funzionario dell´antiterrorismo del Dipartimento di Stato, il mese scorso, spiegava che «l´obiettivo di Al Qaeda è di mettere sotto pressione gli anelli deboli della catena che si oppone al fondamentalismo islamico. È quel che è successo con le Filippine che hanno richiamato il contingente impiegato in Iraq. Da un punto di vista militare, il rientro è stato irrilevante: si trattava di poche decine di soldati. Dal punto di vista politico, al contrario, il ritiro dal terreno di un alleato della coalizione angloamericana è il più importante risultato ottenuto dai terroristi dall´inizio della guerra irachena».

Era quest´analisi che faceva ritenere l´Italia, più che l´Inghilterra di Tony Blair, come il primo e prossimo bersaglio dei terroristi. Ieri retrovia logistica utile al reclutamento e all´indottrinamento, piazza protetta per la latitanza e per una nuova identità o un buon finanziamento, l´Italia oggi è per gli assassini che si ispirano a Osama Bin Laden il Paese della coalizione emotivamente e politicamente più contrario alla guerra e tuttavia militarmente impegnato in Iraq con uomini e mezzi, secondi soltanto a quelli degli americani e agli inglesi. Nelle intenzioni degli assassini, colpire l´Italia può ampliare il varco aperto dall´11 marzo a Madrid. Scuotere la coalizione in Iraq e la comunità europea, isolare ancora di più gli Stati Uniti. Il nostro Paese appare, ai loro occhi, troppo fragile per sopportare l´onda d´urto di un attentato o la morte di cittadini italiani. Dunque, il bersaglio più facile per muovere in avanti la strategia di Osama Bin Laden.

Lo sceicco del terrore, con un breve annuncio di 7 minuti e mezzo trasmesso il 15 aprile dalle tv arabe Al Jazeera e Al Arabiya, spiegò di voler separare l´Europa dagli Stati Uniti. «Abbiamo capito - disse - che la maggioranza dei popoli europei desidera la riconciliazione». Osama era pronto a offrirla. «Presento un´offerta di riconciliazione con i popoli europei, il cui principio è il nostro impegno a cessare le operazioni in ogni Stato che si impegni a sua volta a non aggredire i musulmani e a non interferire nei loro affari». Nessuno ha stretto - nessuno poteva stringere - quella mano tesa e sporca di sangue. I tre mesi concessi dal "signore del terrore" sono scaduti e quel accade oggi Iraq contro gli italiani - e quel che potrebbe accadere agli «interessi italiani all´estero», se sono attendibili le informazioni dell´intelligence - dicono che gli uomini di Osama Bin Laden hanno cominciato a giocare la loro partita contro l´Europa a partire dall´Italia, "anello debole della coalizione" e il più fragile dei popoli europei.

È vero - sostengono gli osservatori - che altri italiani sono stati uccisi (Fabrizio Quattrocchi e Enzo Baldoni) e rapiti (Salvatore Stefio, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana). Ma quei sequestri hanno avuto il carattere dell´occasionalità. Gli ostaggi sono stati intercettati e portati via mentre erano in strada, di passaggio. Bloccati a un posto di blocco. Fermati con una mina. La loro condizione ha deciso poi il loro destino. Il lasciapassare che permetteva l´accesso alla Green zone di Bagdad controllata dalle forze americane ha condannato a morte Fabrizio Quattrocchi. La cittadinanza italiana ha dannato Enzo Baldoni caduto nelle mani dell´Esercito islamico dell´Iraq che già aveva affrontato il "caso Filippine".

Il sequestro di Simona Torretta e Simona Pari ha un´altra storia. I sequestratori appaiono nel centro di Bagdad in uniformi dell´esercito o abbigliati in modo da poter sembrare contractor occidentali. Si muovono a loro agio nelle stanze dell´organizzazione non governativa diretta da Simona Torretta. Hanno in mano un foglio con l´elenco dei nomi dei "cooperanti" che lavorano nella villetta. Scandiscono quei nomi uno alla volta, come per un appello. Hanno quattro nomi in mente. Quando a quel nome corrisponde un braccio alzato, chiamano fuori l´ostaggio. Sanno dunque chi catturare. Il sequestro è atipico anche per Bagdad. È mirato. Non ha come obiettivo un occidentale quale che sia il suo lavoro, la sua nazionalità, la sua età. Vogliono quegli occidentali, Simona Torretta e Simona Pari. Anche quel che avviene nelle ventiquattro ore successive all´azione sono inconsuete, sostiene una fonte araba. «Solitamente nei quartieri dove avviene il rapimento o nel quartiere dove l´ostaggio è imprigionato, qualcosa si muove, si sa, si sussurra. Certo, nessuno viene a dirti: è stato questo a rapire quello. Ma si sa, più o meno, a chi, a quale area della città, a quale setta, tribù o caporione può far riferimento il gruppo di sequestratori. O qualcosa si viene a sapere anche dal luogo della prigione, si sa, si dice a mezza bocca che in quella griglia di strade c´è un prigioniero». «Ora - continua la fonte araba - del sequestro delle due volontarie italiane nei quartieri di Bagdad non si parla. Non si dice nulla. Non c´è nemmeno un sussurro, per il momento. Non è un buona cosa perché vuol dire che tutti hanno in gran rispetto chi ha compiuto il sequestro. Lo temono. Ne hanno paura. Ne sono terrorizzati. È una circostanza che mi fa temere che, ad aver ordinato il sequestro di Simona Torretta e Simona Pari, possa essere Abu Musab Al-Zarqawi. E non ci sono mani peggiori in cui finire oggi a Bagdad. In ogni caso, bisogna attendere il video della rivendicazione e del proclama politico per dare certezza all´identità del gruppo».

Tawhid e Jihad è il gruppo di Abu Musab Al-Zarqawi. Ha rivendicato la decapitazione dell´americano Nicholas Berg e del sudcoreano Kim Sun-Il. È il sodalizio che viene considerato oggi più vicino alle indicazioni di Al Qaeda e del suo "vertice" nascosto lungo i 2.500 chilometri di frontiera che separano l´Afghanistan dal Pakistan.

L´ipotesi che sia Abu Musab Al-Zarqawi a minacciare la vita delle "cooperanti" italiane e a guidare quest´attacco contro il nostro Paese lascia in un canto le prime indiscrezioni che definivano come «schegge sciite fuori controllo dell´Esercito del Majdi di Moqdata Al Sadr» o «un gruppo di baathisti con infiltrazioni sunnite» l´identità del gruppo che tiene prigioniere Simona e Simona. Al-Zarqawi è lo scenario peggiore, il più pericoloso, il più inquietante. «Perché - sostiene una fonte istituzionale - potrebbe dimostrare che il sequestro delle due volontarie è soltanto l´inizio di un piano d´attacco all´Italia che potrebbe avere nuovi episodi. E le informazioni raccolte dalla nostra intelligence sembrano già indicare i prossimi passi. Una multipla aggressione ad interessi italiani all´estero». Se è così, ha ragione un senior officer dell´intelligence degli Stati Uniti a concludere che «l´Italia si deve preparare al peggio».

Speriamo che tutta questa gente si sbagli.

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