Da Corriere della Sera del 07/09/2004
LA CORSA
E Bill affida Kerry ai suoi consiglieri elettorali
Prima dell’intervento, l’ex presidente ha telefonato al candidato democratico consigliandogli di attaccare Bush sulla politica economica e sociale. Ma lo staff del senatore è diviso
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Poche ore prima dell'operazione al cuore, Bill Clinton è corso in aiuto di Kerry, in gravi difficoltà dopo il trionfo di Bush alla Convention repubblicana di New York. Nella notte tra sabato e domenica l'ex presidente ha parlato al telefono per 90 minuti al leader democratico, che nei sondaggi delle riviste Time e Newsweek ha accusato uno svantaggio di 11 punti.
Clinton ha suggerito a Kerry di ignorare le polemiche sui suoi eroismi nella guerra del Vietnam e, invece, di attaccare senza remore il suo avversario George Bush, non tanto per i suoi errori e le sue ambiguità in Iraq e contro il terrorismo, quanto per la sua «fallimentare politica economica e sociale». «Devi convincere gli elettori che la nazione è su una strada sbagliata - gli ha consigliato - e che sai come raggiungere la pace in Medio Oriente e come ridarle benessere».
Questa formula, riassunta nello slogan «E’ l'economia, stupido!» (la carta vincente), consentì a Clinton di sconfiggere Bush padre nel '92.
L’ex presidente ha persino messo a disposizione di Kerry i suoi guru elettorali Paul Begala, James Carville, il portavoce Joe Lockardt e altri. Il candidato democratico gliene è stato grato: «Voltiamo pagina» ha detto.
L'intervento dell'ex presidente, il cui impegno politico non è stato frenato neppure dal «cuore matto», potrebbe rivelarsi tempestivo: la tragedia di Beslan in Russia ha rafforzato Bush, riportando in primo piano il problema del terrorismo. In un certo senso, il leader russo Putin, nonostante le controversie sulla sua inflessibilità, ha fornito una carta in più a George W. Per il momento, il principale tema delle elezioni è la vittoria sul terrore, un tema che favorisce Bush. Ma Clinton calcola che lo stillicidio delle morti in Iraq, dove ieri sono caduti altri sette soldati americani, privi il presidente del suo asso nella manica e che l'incerto andamento dell'economia diventi decisivo alle urne.
Kerry si è aggrappato a questa tesi come a un salvagente. Ieri, festa del lavoro (il Primo lunedì di settembre equivale al Primo maggio italiano), ha martellato sulla mancata creazione di posti di lavoro durante l’èra Bush: «Ne aveva promesso 7 milioni, ne ha perduti quasi 1 milione e i pochi che ha creato sono mal pagati».
Secondo molti politologi, l'improvvisa crisi democratica è, però, dovuta alla personalità di Kerry, il cui messaggio elettorale è spesso dispersivo e ricorda Michael Dukakis, il democratico distrutto nell'88 da Bush padre. Il New York Times ha rilevato che, anche dopo la telefonata dell’«amico Bill», non c'è chiarezza al vertice della sua campagna elettorale: «Si sono formati due campi, quello bostoniano che fa perno sul suo consigliere Mary Beth Cahill, e che non è riuscito a rintuzzare i feroci attacchi repubblicani di agosto, e il campo clintoniano che fa perno su Joel Johnson, un ex consigliere della Casa Bianca, ed è assai più combattivo».
Ha risposto Terry McAuliffe, il segretario democratico: «Non esistono contrasti tra due campi e abbiamo imparato la lezione. C'era da aspettarsi un salto di Bush nei sondaggi alla Convention, ma ridurremo lo svantaggio a poco a poco».
McAuliffe ha evidenziato che negli Stati in bilico, come l'Ohio, la Pennsylvania, l’Iowa e il Minnesota, dove ieri hanno compiuto un vertiginoso blitz, Bush e Kerry sono pressoché alla pari. Ha ribattuto la Casa Bianca: «Il presidente è e resterà in testa».
Clinton ha suggerito a Kerry di ignorare le polemiche sui suoi eroismi nella guerra del Vietnam e, invece, di attaccare senza remore il suo avversario George Bush, non tanto per i suoi errori e le sue ambiguità in Iraq e contro il terrorismo, quanto per la sua «fallimentare politica economica e sociale». «Devi convincere gli elettori che la nazione è su una strada sbagliata - gli ha consigliato - e che sai come raggiungere la pace in Medio Oriente e come ridarle benessere».
Questa formula, riassunta nello slogan «E’ l'economia, stupido!» (la carta vincente), consentì a Clinton di sconfiggere Bush padre nel '92.
L’ex presidente ha persino messo a disposizione di Kerry i suoi guru elettorali Paul Begala, James Carville, il portavoce Joe Lockardt e altri. Il candidato democratico gliene è stato grato: «Voltiamo pagina» ha detto.
L'intervento dell'ex presidente, il cui impegno politico non è stato frenato neppure dal «cuore matto», potrebbe rivelarsi tempestivo: la tragedia di Beslan in Russia ha rafforzato Bush, riportando in primo piano il problema del terrorismo. In un certo senso, il leader russo Putin, nonostante le controversie sulla sua inflessibilità, ha fornito una carta in più a George W. Per il momento, il principale tema delle elezioni è la vittoria sul terrore, un tema che favorisce Bush. Ma Clinton calcola che lo stillicidio delle morti in Iraq, dove ieri sono caduti altri sette soldati americani, privi il presidente del suo asso nella manica e che l'incerto andamento dell'economia diventi decisivo alle urne.
Kerry si è aggrappato a questa tesi come a un salvagente. Ieri, festa del lavoro (il Primo lunedì di settembre equivale al Primo maggio italiano), ha martellato sulla mancata creazione di posti di lavoro durante l’èra Bush: «Ne aveva promesso 7 milioni, ne ha perduti quasi 1 milione e i pochi che ha creato sono mal pagati».
Secondo molti politologi, l'improvvisa crisi democratica è, però, dovuta alla personalità di Kerry, il cui messaggio elettorale è spesso dispersivo e ricorda Michael Dukakis, il democratico distrutto nell'88 da Bush padre. Il New York Times ha rilevato che, anche dopo la telefonata dell’«amico Bill», non c'è chiarezza al vertice della sua campagna elettorale: «Si sono formati due campi, quello bostoniano che fa perno sul suo consigliere Mary Beth Cahill, e che non è riuscito a rintuzzare i feroci attacchi repubblicani di agosto, e il campo clintoniano che fa perno su Joel Johnson, un ex consigliere della Casa Bianca, ed è assai più combattivo».
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