Da La Repubblica del 03/09/2004

Nella notte, il discorso di investitura del presidente tra gli applausi della Convention

La promessa di Bush "Un mondo più sicuro"

di Alberto Flores D'Arcais

NEW YORK - Le prove generali le ha fatte tra il serio e il faceto poche ore prima del discorso ufficiale, quando è salito sul palco in un´improvvisata visita al Madison Square Garden e con aria compunta ha dichiarato: "Accetto orgogliosamente la candidatura". Poi, sorridendo, si è messo a gigioneggiare con giornalisti e cameramen. Per la serata del gran finale, la sua serata, George W. Bush è apparso subito in gran forma. Si è impegnato a combattere il terrorismo "non per orgoglio, non per potere", ma per una missione: "Sto correndo per la presidenza con il chiaro e positivo piano di costruire un mondo sicuro e un´America con più speranze".

Vestito di blu e con la cravatta rossa delle grandi occasioni ha fatto la prova microfoni e un lungo sopralluogo nel palco, completamente smontato e ricostruito in una nottata per rendere lo "speech" del presidente diverso anche visivamente da quelli di tutti gli altri oratori. Ha scherzato con i presenti, ha ringraziato tutti coloro che hanno lavorato alla convention, ha salutato con la mano qualche delegato presente, ha strizzato l´occhio alle telecamere, "grazie mille ora potete spegnere i microfoni". Per il discorso di accettazione tutti i principali canali degli Stati Uniti si sono sintonizzati alle dieci di sera con il Madison Square Garden, a conferma dell´appeal di George W. sul grande pubblico televisivo (ed elettorale) americano.

Così Bush ha sfruttato il suo "momentum", l´onda lunga favorevole partita insieme alla convention e sfruttata abilmente dagli strateghi repubblicani con i pesanti ed efficaci attacchi a John F. Kerry che hanno fatto perdere le staffe (e punti nei sondaggi) al candidato democratico. Se il suo vice, Dick Cheney, e il "traditore" Zell Miller (senatore democratico della Georgia) avevano puntato tutto sull´attacco personale al "mollo" e "confuso" Jfk II, Bush ha preferito un altro approccio, quello dell´ottimismo, della visione di un futuro migliore per tutti.

Ha rivendicato la guerra in Iraq e la lotta senza quartiere al terrorismo che sarà "sconfitto" in ogni parte del mondo, si è presentato come l´unico in grado di guidare l´America in anni così difficili - "credo che questo paese voglia una ferma e solida leadership con principii" - ma si è soffermato anche sui temi di politica interna: ha parlato dell´economia che migliora, della sanità, della riforma delle pensioni e dell´istruzione, sensibile ai sondaggi che dicono che a molti elettori incerti (soprattutto donne) sono i problemi della vita quotidiana quelli che interessano di più. Ha parlato del lavoro garantendo "un momento di grande opportunità per tutti gli americani, perché si guadagnino da vivere meglio, possano mantenere la loro famiglia ed avere una carriera soddisfacente", garantendo che la Casa Bianca sarà "dalla loro parte".

Ha guardato al futuro - "molti dei nostri sistemi fondamentali, le tasse, l´assicurazione sanitaria, le pensioni, l´addestramento professionale, sono stati creati per il mondo di ieri, non di domani" - promettendo di "trasformare questi sistemi, in modo che tutti i cittadini siano preparati, pronti e veramente liberi di fare le loro scelte e di proseguire i loro sogni".

Nel secondo quadriennio alla Casa Bianca - nessuno nel Grand Old Party mette in discussione la vittoria del 2 novembre - George W. Bush e i vertici repubblicani vogliono realizzare quella che viene definita la "ownership society", una società in cui a tutti venga data la possibilità di essere piccoli proprietari: di casa, di un piccolo business, di un fondo pensione o di un´assicurazione sanitaria.

Nel "suo" giorno Bush non poteva rinunciare a vestire i panni del "commander in chief", quelli per cui l´America lo ama (o lo odia). Cosa di meglio dunque per rafforzare ancora di più la sua immagine "guerriera" che a presentarlo fosse chiamato sul palco dall´attenta regia il comandante delle campagne militari in Afghanistan e Iraq, il generale (oggi a riposo) Tommy Franks; che oltre ad essere repubblicano è anche un vecchio conoscente del presidente, viene dal Texas come lui e ha frequentato la stessa scuola della First Lady Laura.

"Un mondo più sicuro, un´America di speranza", dice lo slogan che campeggia sul palco del Madison Square Garden. E per rendere il mondo più sicuro "noi abbiamo combattuto i terroristi in ogni angolo del mondo non per orgoglio, non per potere, ma per difendere la vita dei nostri cittadini". Ha parlato del Medio Oriente ("stiamo lavorando perché prevalga la libertà") e ha lanciato l´ennesimo messaggio di fiducia: "La libertà porterà anche lì quel futuro di pace e di speranza che tutti vogliamo".

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