Da La Repubblica del 02/09/2004

Cheney, un giorno da guerriero

Il presidente sbarca a New York, il suo vice riscalda la Convention

"L´America è a un guado, ha bisogno di un vero leader, non di incertezze"

di Alberto Flores D'Arcais

NEW YORK - Magari a qualcuno non piacerà quel suo tono di voce un pò burbero e poco incline ad infiammare le grandi platee ma la sua capacità oratoria è fuori discussione e i suoi amici già pregustano la sfida televisiva con l´altro candidato vice, «l´avvocato Edwards», convinti che anche l´indubbia bravura di "John 2" sarà messa a dura prova dallo "schiacciasassi Dick".

Perché Dick Cheney è un duro che rappresenta l´ala più dura del Grand Old Party e della Casa Bianca. Un uomo abituato a risorgere dopo ogni sconfitta più forte di prima e che incarna l´anima più vera del partito repubblicano. Poco importa se su alcuni temi chiave ha una posizione certo non di maggioranza, vedi la storia dei matrimoni gay in cui - per via della figlia Mary, una lesbica dichiarata che lavora al suo fianco - ha posizioni molto lontane dal Dna del partito. I militanti, anche i più conservatori, gli perdonano volentieri queste eresie perché sanno che di Dick si possono fidare, che è - forse più del presidente - uno di loro. I sondaggi che hanno accompagnato Cheney alla Convention farebbero pensare a un leader azzoppato dagli indici di impopolarità triplicati dal 13 per cento dell´agosto 2000 al 37 per cento di oggi. Ma se all´americano medio (dei sondaggi) il numero due di Bush non piace troppo, ai repubblicani Dick va decisamente a genio visto che tra gli elettori del "Gop" il suo tasso di impopolarità scende al 7 per cento.

Con George W. forma una coppia formidabile. Nel 1996 la sua trentennale carriera nell´amministrazione sembrava sepolta, si era in piena "era Clinton" e gli amici lo sconsigliavano quando confidava loro che gli sarebbe piaciuto candidarsi ancora a qualcosa, magari come vicepresidente. Quattro anni dopo grazie a Bush per Richard B. Cheney sarebbe iniziata una nuova vita e una nuova carriera che lo avrebbe portato rapidamente a diventare l´uomo più potente degli Stati Uniti dopo il presidente.

Lui ricambia con una lealtà a prova di bomba e con una discrezione mai venuta meno. Famoso per "non apparire" - dopo l´11 settembre lo stare nascosto è diventato anche un dovere istituzionale - esercita un ruolo che nessun vicepresidente prima di lui aveva mai avuto. Ha preparato la prima "finanziaria" dell´era Bush e si e occupato fin nei dettagli dell´agenda di politica interna della Casa Bianca a cominciare dai tagli alle tasse.

Non è uomo da fioretto, e alla Convention non ha smentito la sua fama. Nel giorno in cui Kerry ha rotto la tregua non scritta che il candidato "nemico" rispettata durante la Convention avversaria, non ha avuto remore a lanciare l´affondo contro "John 1", il democratico flip-flop che cambia troppo facilmente idea sulla guerra e su varie altre cose. «L´America ha bisogno di certezze e non di confusione ideologica», e il 2 novembre la scelta sarà "storica" ma allo stesso tempo semplice perché mette di fronte un presidente che ha dimostrato «leadership e decisionismo» a un rivale che mostra solo «confusione ideologica in politica estera come in politica interna».

Un discorso ad ampio respiro, in cui ha parlato di un´America «al guado», che si trova oggi nelle stesse condizioni di quella che cinquanta anni fa usciva vittoriosa dalla guerra mondiale per affrontare subito un nuovo nemico (il comunismo) e una nuova guerra, sia pure «fredda»: «Arrivano momenti nella storia in cui i leader devono prendere decisioni fondamentali su come affrontare una sfida a lungo termine all´estero e su come mantenere la sicurezza del paese. L´America ha raggiunto un altro di questi momenti». Ha elencato tutti i meriti di Bush presidente che è stato in grado in una situazione così difficile come quella di questi anni di rafforzare i "pilastri" (educazione, economia, sanità) che fanno dell´America la "terra delle opportunità".

Nella serata di "Dick il duro" gli attenti registi della Convention hanno deciso di mettergli al fianco non un´altra stella del Grand Old Party, ma un democratico doc (almeno a sentire lui), il senatore della Georgia Zell Miller che ha il curioso primato di essere l´unico politico americano ad avere parlato in prima serata a una Convention democratica (con Clinton nel 1992) e ad una repubblicana. Il "traditore", come lo chiamano i vertici democratici, ha invitato gli americani a votare per Bush «perché il mondo non può permettersi una America indecisa».

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