Da Corriere della Sera del 30/08/2004

Bush cerca il centro e lancia il «Progetto avvenire» «Kerry eroico in Vietnam ma sono io il vero lea

di Ennio Caretto

WHEELING (West Virginia) - Nella cintura della ruggine, il cuore minerario e siderurgico del Paese, George Bush, in marcia verso la Convention di New York, ripresenta agli elettori il volto moderato del 2000. Il presidente accusato di avere polarizzato gli Usa e avere spezzato le alleanze torna a essere la voce della ragione. In un'intervista alla tv Nbc ammette che Kerry «fu più eroe di me: fece la guerra del Vietnam mentre io pilotavo caccia in America». E in un discorso agli operai delle acciaierie di Wheeling anticipa un intervento conciliante alla Convention, imperniato sul «Bush bis», il «Progetto avvenire» come lo battezza il capo di gabinetto Andrew Card: «La nostra missione nei prossimi quattro anni sarà di rafforzare la libertà nel mondo e le opportunità in casa» grida il presidente. Tra gli applausi della folla che intona «quattro anni, quattro anni», Bush propone una serie di riforme economico sociali per creare «una società di proprietari e azionisti»: privatizzazione di parte delle pensioni, orari di lavoro flessibili «perché mamme e papà passino più tempo con i figli», assicurazioni mediche «portatili» di impiego in impiego.

L'intervista alla tv Nbc sottolinea la sfida centrista di Bush ai democratici nel suo vertiginoso pellegrinaggio nell'America profonda prima di raggiungere New York. «Kerry combatté in Vietnam - rileva il presidente - io no. Servii il Paese in maniera diversa, ma se mi avessero arruolato sarei andato al fronte. Il senatore deve essere orgoglioso del suo servizio militare come io lo sono del mio». Una pausa: «Non bisogna però guardare al passato, bensì al futuro. La questione di fondo è chi di noi due sia il più adatto a guidare l'America verso il prossimo decennio».

Secondo il New York Times , Bush dirige di persona la propria campagna elettorale: alle 6 di ogni mattina consulta il guru Karl Rove, riunito in cucina con il Breakfast club (bacon e uova), il trust di cervelli della Casa Bianca; più tardi controlla con la First Lady Laura gli ultimi spot tv; e non appena ritiene Kerry vulnerabile, ordina di attaccarlo, «hit him!». Ma a cavallo della Convention, la sua strategia è di confrontarsi civilmente con il rivale, lasciando ai killer del Partito il compito di denigrarne il carattere e denunciarne «la politica ultra liberal».

Anche il discorso agli operai di Wheeling ricorda il tema de «La compassione nella conservazione» del 2000. Come sempre, è una folla accuratamente scelta, ma ai margini si svolgono dimostrazioni di protesta contro la guerra in Iraq e l'aumento della povertà: «Fermez la Bush» esorta un cartello in francese (Bush si pronuncia come bocca); «Dove sono i posti di lavoro?» chiede un altro. Il presidente le ignora. In maniche di camicia, battendo i pugni sul podio, ribadisce che «la caduta di Saddam Hussein ha reso il mondo più sicuro», esalta «il potere rigenerativo della libertà», poi delinea il suo «Progetto avvenire».

Non nega che la ripresa economica nello Stato non abbia ancora dato frutti, ma, sostiene, «stiamo facendo un buon lavoro contro la recessione e il ristagno». Ricorda di avere protetto l'industria dell'acciaio per due anni con i dazi sulla importazione, di avere ridotto drasticamente le tasse «mentre Kerry le rialzerebbe». Promette che nel Bush bis «i lavoratori non lo Stato gestiranno i contributi ai sistemi pensionistico e assistenziale». Conclude che «non un angolo del Paese rimarrà indietro».

Ma mentre il presidente parla, i media della West Virginia riprendono una sua intervista alla rivista Time . E' chiaro che Bush pensa di essere rieletto grazie alla lotta al terrorismo e all'Iraq, non all'economia. «E' una lotta ideologica a lungo termine« commenta. «Ma io non sono uno storico, sono l'uomo che fa la storia. La maggiore parte degli storici non avrebbero votato per me, e non credo che scriverebbero una storia obiettiva. Comunque la guerra fu la decisione giusta». La rifarebbe, e ha mai pregato per Saddam Hussein? «La rifarei» risponde Bush che giovedì ha ammesso per la prima volta di avere calcolato male la resistenza irachena «cercando però di prevedere le conseguenze di una vittoria così rapida da consentire al nemico di scappare e riprendere a combattere. E adesso che me lo ricordate, non ho ancora pregato per Saddam, ma forse lo farò». Il presidente non nasconde di avere «imparato ad amare il mio lavoro: ha alti e bassi, e la sua parte più difficile è quella di mandare dei ragazzi al fronte: là si può morire. Ma è un momento fantastico della mia vita, e vorrei che continuasse».

Il West Virginia è un feudo storico della sinistra, uno degli Stati più colpiti dalla disoccupazione come l'Ohio, da lui visitato l'altro ieri, ma nel 2000 il presidente vi sconfisse l'avversario Albert Gore con un margine del 6 per cento. Il senatore democratico John Rockefeller, che ha seguito il discorso di Bush da un albergo, scuote la testa: «In tre anni la bushnomics , la sua economia - lamenta - ha prodotto 4 milioni e mezzo di poveri in più negli Stati Uniti, e ha causato un deficit di bilancio e un deficit commerciale senza precedenti. Ma il presidente sembra invulnerabile». E' un riferimento ai sondaggi, che danno Bush in vantaggio su Kerry e quasi in procinto di volare, capovolgendo le posizione di un mese fa. Avviandosi all' Air Force One , la Casa Bianca volante, per spostarsi nel New Hamphire, il capo di gabinetto Card spiega: «La nostra campagna elettorale ha acquistato un forte slancio, che si accentuerà dopo la Convention. La gente avverte che il rallentamento economico è temporaneo, che ciò che conta nel 2004 è la difesa del Paese. Ha fiducia nel presidente: sa che un leader forte».

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