Da La Repubblica del 31/07/2004

Lo sfidante di Bush "scippa" ai repubblicani i temi tradizionali di terrorismo e valori. E promette tagli alle tasse

L´America giudica i democratici Kerry in testa nei sondaggi

A Boston il candidato mobilita il partito: ora deve convincere gli elettori

I commentatori sulla stampa non sono stati teneri: "poca chiarezza e un programma economico irrealizzabile"
"Riporteremo gli alleati dalla nostra parte. Ma nessuno avrà diritto di veto sulla nostra sicurezza nazionale"
Nel discorso il senatore ha parlato della famiglia e della sua adolescenza a Berlino
Ha scaldato il pubblico promettendo di portare il paese verso un futuro più roseo

di Alberto Flores D'Arcais

BOSTON - «Sono John Kerry, pronto a fare il mio dovere». Quando il candidato democratico - accompagnato dalle note di Bruce Springsteen ("No surrender") - ha salutato militarmente la folla di delegati osannanti, è apparso subito chiaro quale sarebbe stato il leit-motiv del discorso di accettazione di Jfk II. Raccogliendo la sfida di George W. Bush, che ha fatto della sicurezza il tema più importante dello scontro elettorale, Kerry ha usato il gioco preferito del rivale - l´attacco - per convincere i milioni di americani ancora indecisi che non c´è alcun pericolo nel cambiare a guerra in corso il commander in chief.

Con toni più grintosi e più combattivi del solito il senatore del Massachusetts, attaccato dai repubblicani con spot quotidiani per essere un liberal pieno di dubbi, ha scippato ai suoi avversari i due temi più cari - terrorismo e valori - ribaltando su Bush e i suoi uomini le accuse di pessimismo e incapacità. Considerato troppo freddo per far breccia nel cuore popolare, ha parlato della madre («la roccia della mia famiglia, come tante madri americane») del padre e dell´adolescenza a Berlino «quando il mondo era diviso tra democrazia e comunismo». Ha fatto delle promesse - difficili da mantenere e un po´ demagogiche, quelle economiche - ma ha saputo entusiasmare e dare fiducia ai militanti di un partito che ancora pochi mesi fa davano per scontata la sconfitta, e che oggi ritornano nei mille angoli dell´America per conquistare ogni singolo voto in una delle elezioni più incerte della storia recente. Ha lanciato il suo slogan "Help is on the way", per portare l´America verso un futuro migliore.


Terrorismo - Ha riconosciuto il ruolo di Bush dopo l´11 settembre - «sono orgoglioso di come allora tutti lo appoggiammo, non c´erano repubblicani, non c´erano democratici, ma solo americani» - ma ha contestato l´attuale gestione della guerra al terrorismo promettendo che quella democratica sarà «più intelligente ed efficace, useremo ogni strumento del nostro arsenale, la nostra economia come la nostra potenza militare, i nostri principi come la nostra potenza di fuoco». Contro Al Qaeda usa le stesse parole di Bush («voi sarete sconfitti, noi vinceremo, il futuro non appartiene alla paura ma alla libertà») e promette che metterà subito in atto i consigli della commissione 11 settembre.


Guerra - C´è stato più Vietnam che Iraq, nel discorso come nella scenografia, con tanto di veterani sul palco e filmati sul delta del Mekong. Ma le stoccate alla Casa Bianca non sono mancate: «Dire che c´erano armi di distruzione di massa in Iraq non le fa esistere, dire che possiamo combattere una guerra meno costosa non vuol dire che sia possibile, dichiarare compiuta la missione non significa che sia vero».

Come commander in chief Kerry promette trasparenza - «porrò domande difficili e vorrò prove certe; riformerò immediatamente il sistema dell´intelligence, in modo che la politica sia guidata dai fatti e che i fatti non siano mai distorti dalla politica; sarò un comandante in capo che mai vi ingannerà sulla guerra; nel mio primo giorno alla Casa Bianca manderò un messaggio a ogni uomo e a ogni donna delle nostre forze armate: non vi chiederemo mai di combattere una guerra senza avere un piano per vincere la pace».

Sull´Iraq dice di sapere cosa fare ma evita di scendere nei particolari, lancia un ponte all´Europa - «abbiamo bisogno di un presidente che abbia la credibilità di portare i nostri alleati dalla nostra parte, per ridurre le spese di chi paga le tasse e i rischi dei soldati americani» - ma agli alleati dissenzienti e alle Nazioni Unite manda anche un chiaro messaggio: «Non darò mai ad alcun paese o istituzione internazionale la possibilità di veto sulla nostra sicurezza nazionale».


La Casa Bianca - Se George W. Bush quattro anni fa aveva cavalcato l´onda del sexgate promettendo di riportare "onore e dignità nell´ufficio ovale" il candidato democratico lo sfida sullo stesso terreno promettendo di riportare "fiducia e credibilità" alla Casa Bianca. Quanto agli uomini del presidente solo Colin Powell si è salvato dagli attacchi di Kerry: «Il mio vicepresidente non farà riunioni segrete sull´energia e sull´ambiente, il mio ministro della Difesa ascolterà i pareri dei comandanti militari, il mio ministro della Giustizia rispetterà la Costituzione».


I valori - Ai repubblicani, che si presentano come il partito dei "valori familiari", il candidato democratico ha rinfacciato di parlarne soltanto, senza metterli in atto. Per il futuro Kerry guarda alle cellule staminali (citando il figlio di Reagan) e alle opportunità che ogni generazione del passato ha avuto e che anche le prossime dovranno avere perché il sogno americano non muore mai, è il momento di guardare al "prossimo orizzonte" e alla prossima "speranza".


La middle class - La classe media, quella che potrebbe spostare i voti negli stati indecisi del Midwest è stata l´interlocutore privilegiato della serata. Agli americani medi Kerry promette tagli alle tasse, la certezza della "social security", ai ricchi che guadagnano oltre 200.000 dollari l´anno dice che toccherà a loro pagare per un´America più giusta. Da dove prenderà i soldi per riformare la sanità e l´istruzione non è chiaro, del resto si sa che in campagna elettorale i candidati promettono l´impossibile. Per Kerry la Convention - a parte la imprevista debacle del tradizionale lancio di palloncini (con tanto di parolaccia in diretta Cnn) - si chiude sulle ali di un grande successo personale e del ritrovato entusiasmo del partito. Da oggi inizia il difficile. Gli editoriali dei grandi giornali non sono stati teneri con il suo discorso, hanno sottolineato la poca chiarezza sulla guerra e la faciloneria di un programma economico irrealizzabile; il primo sondaggio disponibile (Zogby) fatto durante la Convention ma prima del suo discorso lo vede in testa di 5 punti nei confronti di Bush, troppo poco se si considera il vantaggio mediatico di un simile evento. La sfida "Casa Bianca 2004" oltre ad essere incerta sta anche smentendo alcune radicate tradizioni e cabale. Solo nei prossimi giorni vedremo se il messaggio di John Forbes Kerry ha raggiunto veramente le corde degli elettori indecisi.

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