Da La Repubblica del 05/08/2004

Undici mesi fa il vicepremier sorprese alleati e sinistra. Solo in autunno, forse, un testo base

Insabbiata la proposta di Fini 800 mila stranieri attendono

Si muovono gli enti locali. Il modello Genova si ripeterà anche a Venezia
La relatrice Bertolini: forse è meglio ridurre i tempi per concedere la cittadinanza

di Giovanna Casadio

ROMA -Se ci fosse la legge, sarebbero 800 mila gli immigrati pronti ad andare alle urne per le amministrative: l´1,8% degli elettori. Se ci fosse. Era stato promesso con mossa inattesa undici mesi fa dal vice premier e leader di An Gianfranco Fini: «Daremo il diritto di voto agli immigrati. Di certo entro la fine della legislatura». Acclamazioni bipartisan; un certo sconcerto nella sinistra che del voto agli stranieri da sempre ha fatto una propria bandiera; divisioni profonde nel centrodestra - dove la Lega è contraria e An spaccata a metà -tanto da convincere Berlusconi a chiarire: «Non è nel programma».

Le premesse perché l´idea finisse in soffitta c´erano tutte. Ma intanto nelle amministrazioni locali, le cose si muovono. Come a Genova, "fermata" dal governo martedì sera. Non è competenza dei municipi? Le questioni di voto sono competenza dello Stato? «Beh, vedremo. Non c´è forse il federalismo?» rispondono. Insomma, vanno avanti. A Venezia una modifica statutaria simile a quella genovese è già pronta.

In Parlamento invece si assiste al braccio di ferro tra i Poli e dentro la coalizione di governo. L´esame dei provvedimenti è stato congelato a lungo: prima, in vista delle elezioni; poi, per non aprire un altro fronte nella Cdl. La sinistra che ha presentato ben sei proposte di legge (la primogenitura spetta a quella dell´ex ministro Livia Turco, Ds) denuncia la politica del governo sull´immigrazione che punta alla tolleranza zero e «non fa nulla per l´integrazione». «La presenza degli immigrati sta diventando tumultuosa, nel 2030 ci saranno secondo le previsioni tra il 10 e il 16% di cittadini stranieri in Italia: come si può pensare che non abbiano pieni diritti e doveri?» ragiona Franco Pittau, coordinatore dell´annuale Dossier Caritas sull´immigrazione.

Le ipotesi di voto agli stranieri pongono comunque un paletto: almeno cinque anni di residenza in Italia. Ebbene, i dati del censimento 2001 contano 693 mila stranieri con quel requisito; è ipotizzabile che in due anni siano cresciuti di circa 100 mila, da qui la cifra di 800 mila potenziali aventi diritto al voto.

Ma la Lega davvero non ne vuole sentire parlare. Nella commissione Affari costituzionali di Montecitorio (dove in autunno dovrebbe essere trovata una prima sintesi) ha minacciato fuoco e fiamme. Forte il malumore anche in An, impegnata del resto in questo scorcio di estate su tutt´altro fronte: inasprire cioè le pene per i clandestini, tanto da proporre l´introduzione del reato di clandestinità e di permanenza in clandestinità. «Ma sono questioni diverse - chiosa Giampaolo Landi, responsabile immigrazione di An -. L´integrazione ci sta di certo a cuore, anche se va raggiunto un punto di equilibrio».

Più che di equilibrio sembra che la coalizione di governo si stia preparando ad aggirare l´ostacolo. E quindi - ammette la relatrice del provvedimento, la forzista Isabella Bertolini - si potrebbe modificare la legge che regola il diritto di cittadinanza, invece che intervenire sulla Costituzione introducendo il diritto di voto amministrativo per gli immigrati: «Ora passano almeno dieci anni prima di ottenere la cittadinanza da parte dello straniero che lo chieda e ne abbia i pre-requisiti. Si potrebbe anticipare a 5, 6 o 8 anni. Stabilire altresì una via giurisdizionale...».

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