Da La Repubblica del 02/08/2004

Iraq, offensiva contro i cristiani autobombe davanti alle chiese

Sei attentati a Bagdad e Mosul, almeno quindici morti

Le esplosioni a dieci minuti l´una dall´altra. Una settima auto imbottita di tritolo non è saltata in aria per caso

di Attilio Bolzoni

BAGDAD - Per la prima volta le autobombe saltano in aria davanti alle cattedrali, alle basiliche, ai conventi dell´Iraq. Un attacco al cuore della chiesa cristiana. Nel giorno di domenica, all´ora della messa del pomeriggio. Sei gli obiettivi colpiti, a Bagdad e a Mosul. Cinque chiese, un seminario, sei autobombe. E due o forse tre kamikaze che sono rimasti carbonizzati tra le lamiere, cadaveri fra cadaveri. Assalto in contemporanea, tra le 18,11 e le 19,01, quasi un´ora di esplosioni, un´autobomba ogni dieci minuti. Si parla di dodici morti solo nella chiesetta caldea che c´è nel quartiere della grande raffineria di Doura: è un conto molto provvisorio, perché fino a tarda sera nessuno ha potuto fornire una cifra attendibile degli uomini e delle donne uccisi.

Un funzionario della polizia irachena si è limitato a dichiarare che «il bilancio delle vittime è enorme». Centinaia i feriti ricoverati nei sette grandi ospedali della capitale, decine quelli a Mosul. E mentre ancora si spegnevano le fiamme da una parte e dall´altra di Bagdad, verso mezzanotte la guardia nazionale ha scoperto una settima autobomba. Era posteggiata davanti alla chiesa del quartiere Hay Palestine, a quanto pare non è esplosa per un contatto mancato. Era imbottita di tritolo.

E´ stata un´offensiva senza precedenti, un mutamento della strategia del terrore che all´improvviso si è abbattuta sui luoghi di culto cristiani, obbiettivo della guerriglia sono diventati ufficialmente quei quasi 900 mila caldei e armeni e siriaci che vivono in questo Iraq che è un grande campo di battaglia. Contro di loro, fino a ieri c´erano state scorribande e qualche agguato. Prima le intimidazioni contro le parruccherie di Bagdad, dove lavoravano in prevalenza le donne cristiane. Poi gli omicidi di alcuni titolari dei negozi di liquori, giovani caldei assassinati perché vendevano alcolici in un paese musulmano. In molti avevano chiuso bottega per paura, altri erano fuggiti fuori dall´Iraq, in Siria e in Giordania soprattutto. Ma l´attacco di ieri lancia un altro messaggio, ha un´altra impronta. E´ stato studiato, mirato, eseguito con un tempismo spaventoso.

La prima autobomba ha sollevato una nuvola di fumo che ha oscurato per alcuni minuti il cielo sopra Bagdad, quello dei palazzoni che svettano sul Tigri. Erano le 18,11 a Karrada, quartiere commerciale dove si comprano computer e frigoriferi a buon prezzo. Un boato, fiamme alte che avvolgono la basilica armena. Due uomini che passavano su quella strada in quel momento, hanno poi raccontato ai primi poliziotti arrivati di «avere visto un uomo alla guida dell´auto che è esplosa». Un kamikaze.

Un altro boato qualche secondo dopo le 18,21. Altra colonna di fumo, sempre in quel pezzo di cielo. La polizia aveva circondato la zona e i vigili del fuoco stavano tentando di spegnere le fiamme, quando qualcuno nota un´auto «sospetta» a trecentocinquanta metri, proprio davanti la chiesa di rito siriaco che è quasi sulla riva del fiume. Gli artificieri non sono nemmeno riusciti a spingersi fin lì, l´auto sospetta è esplosa prima. Un morto e dieci feriti secondo alcuni testimoni, molti morti e moltissimi feriti secondo altri. Quasi dieci minuti dopo - erano le 18, 30 - l´autobomba contro la chiesa di San Paolo su a Mosul, la capitale dei cristiani caldei iracheni, 250 mila su una popolazione di poco meno di due milioni. E sempre a Mosul, alle 18,42, un´altra chiesa che salta in aria vicino al grande ponte sul Tigri, nella zona di Mohandessin dove c´è l´università.

Alle 18,51 un boato ancora a Bagdad, nella zona meridionale, quella che sfiora il quartiere Hai Asia. E´ un convento che brucia, il convento di San Pietro e Paolo. Passano altri dieci minuti e un´auto entra a tutta velocità nel parcheggio della chiesa caldea di San Giovanni a Doura. In quel momento i fedeli stavano uscendo dal portone, la messa della domenica era appena finita. Dodici sono stati investiti in pieno dall´esplosione, tutti morti. Altri sei sono stati subito trasportati nell´ospedale di Al Kindi, due in un reparto di neurochirurgia dell´ospedale Ibn Al Nafeez che è al di là del fiume, altri quattro sono stati caricati su ambulanze che arrivavano da ogni parte. Erano le 19,01, quando l´ultima autobomba di Bagdad ha segnato la giornata più lunga per i cristiani dell´Iraq in questo infuocato dopoguerra. In qualche modo era nell´aria, era annunciato qualcosa, c´era molta inquietudine nella comunità cristiana, la paura montava settimana dopo settimana. E appena otto giorni fa il patriarca della comunità caldea Emanuele Delli aveva manifestato tutta la sua ansia ai fedeli iracheni: «Sono molto preoccupato per il futuro dei cristiani in Iraq. I segnali brutti sono tanti, tantissimi...».

Nella giornata dell´attacco al cuore della chiesa cristiana la guerriglia di sempre ha fatto stragi su stragi. Due morti e 5 feriti a Bagdad all´alba lungo una strada dove transitano i blindati americani, 5 morti e 51 feriti per un´altra autobomba a Mosul, 10 morti e 40 feriti nell´assedio di Falluja. Guerra continua su tutti i fronti.

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