Da La Repubblica del 02/08/2004
Colpiti i simboli dell´Occidente
Le comunità cristiane e ebraiche sono state a lungo uno dei cardini della società irachena
di Gilles Kepel
GLI attacchi lanciati contro i luoghi di culto cristiani in Iraq si legano a una doppia strategia: una a corto e l´altra a lungo termine. Questa campagna di attentati condotti dagli estremisti islamici si rifanno agli appelli diffusi su Internet e che portano la firma di Ayman Al Zawahiri e Osama Bin Laden e ai sermoni degli imam salafiti nei quali si predica che sia i cristiani che gli ebrei sono kuffar, infedeli e empi, e che per questo meritano la morte. Spargere il loro sangue viene infatti considerato «lecito».
Oggi l´Iraq continua a essere sotto il dominio americano, e attaccare i cristiani è un modo di colpire gli statunitensi, giudicati come "crociati cristiani". Nella strategia a lungo termine gioca il fatto che l´Iraq è stato uno delle culle del cristianesimo, e fino all´inizio del XX secolo città come Bagdad, Bassora e Mosul erano luoghi dove esistevano ampie e influenti comunità cristiane ed ebraiche.
I musulmani, loro, erano rappresentati soprattutto dalle tribù beduine sunnite, e dai contadini sciiti delle campagne. Con la creazione dello Stato di Israele nel ´48 quasi tutti gli ebrei hanno lasciato l´Iraq. Poi con le rivoluzioni socialiste dirette da ufficiali arabi sunniti - le cui tribù si sono in seguito insediate nelle città - la classe media urbana cristiana è stata colpita dalla nazionalizzazione dei beni e delle proprietà ed ha perciò preferito emigrare. Oggi il cristianesimo iracheno non è che l´ombra di quel che è stato. Attualmente la più grande città cristiano-irachena al mondo è Detroit, negli Stati Uniti, dove in tanti sono emigrati nella seconda metà del secolo scorso.
Sotto il regime di Saddam Hussein, basato sull´ideologia baathista - essa stessa fondata da un cristiano siriano, Michael Aflaq - la laicità ufficiale aveva permesso ad alcuni esponenti della comunità cristiana di giocare un ruolo pubblico. Il più celebre è stato Tareq Aziz, vicepresidente del regime e intermediario preferito da Saddam per le trattative con i paesi europei e il Vaticano e ora in carcere a Bagdad.
Ma durante il regno di Saddam, soprattutto dopo la disfatta in Kuwait nel ´91, le campagne di islamizzazione destinate a rafforzare la legittimità del despota, hanno vieppiù ridotto il ruolo e la visibilità dei cristiani. Allo stesso tempo le città vedevano scomparire le minoranze cristiane a favore delle popolazioni rurali e tribali musulmane (sia sciite che sunnite).
Gli attacchi contro i cristiani non sono soltanto un´offensiva contro un obiettivo reale, bensì soprattutto contro un simbolo. Come gli attacchi anticristiani dell´ultimo periodo in Pakistan, servono da sfogo e capro espiatorio per la rabbia degli estremisti islamici. I cristiani d´Iraq sono di fatto ostaggio di coloro che vogliono inviare un messaggio all´America cristiana che controlla il paese.
Oggi l´Iraq continua a essere sotto il dominio americano, e attaccare i cristiani è un modo di colpire gli statunitensi, giudicati come "crociati cristiani". Nella strategia a lungo termine gioca il fatto che l´Iraq è stato uno delle culle del cristianesimo, e fino all´inizio del XX secolo città come Bagdad, Bassora e Mosul erano luoghi dove esistevano ampie e influenti comunità cristiane ed ebraiche.
I musulmani, loro, erano rappresentati soprattutto dalle tribù beduine sunnite, e dai contadini sciiti delle campagne. Con la creazione dello Stato di Israele nel ´48 quasi tutti gli ebrei hanno lasciato l´Iraq. Poi con le rivoluzioni socialiste dirette da ufficiali arabi sunniti - le cui tribù si sono in seguito insediate nelle città - la classe media urbana cristiana è stata colpita dalla nazionalizzazione dei beni e delle proprietà ed ha perciò preferito emigrare. Oggi il cristianesimo iracheno non è che l´ombra di quel che è stato. Attualmente la più grande città cristiano-irachena al mondo è Detroit, negli Stati Uniti, dove in tanti sono emigrati nella seconda metà del secolo scorso.
Sotto il regime di Saddam Hussein, basato sull´ideologia baathista - essa stessa fondata da un cristiano siriano, Michael Aflaq - la laicità ufficiale aveva permesso ad alcuni esponenti della comunità cristiana di giocare un ruolo pubblico. Il più celebre è stato Tareq Aziz, vicepresidente del regime e intermediario preferito da Saddam per le trattative con i paesi europei e il Vaticano e ora in carcere a Bagdad.
Ma durante il regno di Saddam, soprattutto dopo la disfatta in Kuwait nel ´91, le campagne di islamizzazione destinate a rafforzare la legittimità del despota, hanno vieppiù ridotto il ruolo e la visibilità dei cristiani. Allo stesso tempo le città vedevano scomparire le minoranze cristiane a favore delle popolazioni rurali e tribali musulmane (sia sciite che sunnite).
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