Da Corriere della Sera del 30/07/2004

Il governo vara il Dpef. «Via libera di Fazio»

Il premier: ci sarà anche qualche intervento doloroso. Siniscalco: rallenteremo la crescita delle spese senza tagli

di Mario Sensini

ROMA - «Ottimo avvio: la direzione è giusta, il quadro dei numeri condivisibile». Arriva anche la benedizione del governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, sul Documento di Programmazione approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri. «Se questa linea verrà confermata dalla prossima Finanziaria, ci sono i presupposti di credibilità e questo inciderà positivamente anche sulla fiducia dei mercati» ha detto il governatore, secondo quanto ha riferito uno dei partecipanti, nel corso del Cipe che ha preceduto il Consiglio dei ministri. L’effetto «fiducia», tuttavia, si sente già. In conferenza stampa, dopo aver ricordato il via libera della Banca d’Italia alla manovra, «Fazio ha detto che le cifre sono corrette e le misure adeguate», Silvio Berlusconi ha sottolineato con molta soddisfazione l’esito dell’asta di ieri su 6 miliardi di euro di Btp, che ha visto «la domanda superare l’offerta di ben quattro volte, segno di grande fiducia». La linea del rigore, dunque, riscuote l’apprezzamento della Banca d’Italia. Necessario a sua volta per dare credibilità a un piano di politica economica che nell’immediato prevede molti sacrifici, e che sposta un po’ più in là nel tempo, riducendone la portata rispetto al «Contratto con gli Italiani», il piano degli sgravi fiscali che oggi non paiono compatibili con i conti pubblici. «L’impostazione è seria. I numeri sono giusti, anche se, ma trattandosi di previsioni non è un problema, dai nostri calcoli il deficit tendenziale del 2005», che il governo stima al 4,4% del pil, «e quello previsto», stimato dal Dpef al 2,7% dopo una manovra da 24 miliardi, «sarebbero di qualche decimale superiori» avrebbe detto Fazio.


RIGORE E SVILUPPO - «Questo Dpef correggerà il tendenziale di deficit del 2005, determinato dal venir meno delle una tantum, senza operare tagli, ma rallentando la dinamica di crescita della spesa corrente» ha detto il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco. Interrotto da un premier in vena di battute: «Non tagliamo, è come se ti dicessi che l’anno prossimo devi ingrassare non più di 5 chili». «Me lo dice anche mia moglie» ha abbozzato Siniscalco, subito stoppato da Berlusconi: «Lasciamo stare le mogli, anche la pancia di Buddha ha il suo fascino». Poi di nuovo serio. «Ci sarà anche qualche intervento doloroso, ma dobbiamo restare con il deficit sotto il 3% del pil» ha aggiunto il presidente. «Ma non è finita qui» ha affermato subito dopo, «perché vareremo una manovra di sviluppo che completerà le promesse elettorali».


TRE ALIQUOTE - «Per la prima volta nel nostro Paese faremo un intervento importante sulle tasse per consolidare il potere d’acquisto dei salari e lasciare più soldi in tasca ai cittadini. Avevamo indicato in due il numero di aliquote cui si voleva arrivare. Ma - ha ammesso Berlusconi - la stagnazione dell’economia e l’entità del debito pubblico ci consentono per ora di fare solo questo passo, cioè arrivare a tre aliquote». Berlusconi le ha tratteggiate, ma senza troppi dettagli di merito e sui tempi della loro introduzione. «Ci sarà un’aliquota al 23% fino a una certa soglia, il 33% per i redditi oltre quella cifra, e un’aliquota del 39% per i redditi più alti». Insieme a una no-tax area, ha detto il premier «a 7.500 euro», livello cui è fissata già oggi per i lavoratori dipendenti (7 mila per i pensionati, 4.500 per gli autonomi). Benché ridotto «è un passo importante da cui deriverà una spinta forte alla nostra economia». Il cardine del rilancio, secondo Siniscalco, «insieme alla spinta agli investimenti pubblici e privati e alla riduzione del debito». «Lavoriamo anche sulle privatizzazioni, l’importante è che il debito scenda» ha detto Berlusconi, evasivo sul collocamento di nuove azioni dell’Enel: «Non parlo, perché queste cose incidono sui mercati». Potrebbe aiutare anche l’Europa, ha concluso il premier, «con più elasticità nell’applicazione del Patto, magari calcolando la tenuta dei conti su più annualità, o togliendo dal computo del deficit alcune spese».

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