Da Il Manifesto del 30/07/2004
JOHN EDWARDS
Il candidato civettuolo
di Marco D'Eramo
BOSTON - Civettuolo assai il candidato alla vicepresidenza degli Stati uniti, John Edwards, nel suo discorso di accettazione dell'investitura. La boccuccia perennemente aperta a cerchio a mostrare la candida dentatura, ma chiusa quasi «a culo di gallina» (come dicono i francesi); la punta della lingua a scivolare da destra a sinistra e da sinistra a destra a fior di labbra, piatta sul palato; lo sguardo assassino lanciato ogni tanto di quinta; il ciuffo domato dalla brillantina sulla fronte: insomma il senatore della North Carolina è belloccio, lo sa e ci fa. Ha una retorica strappa lacrime, ma l'occhietto ammaliatore. La commozione che dovrebbero suscitare le sue evocazioni di un'America profonda, sudata e con le toppe, di vecchiette nei casolari, di stanchi minatori sporchi di carbone, di bimbi deamicisiani, suonano fesse quando ha volerle suscitare è un Don Giovanni di provincia che sembra intento a sedurre una barista. Rispetto a un Bill Clinton - altro meridionale - gli mancano l'ironia e l'autoironia, quel non prendersi sul serio, quello stile alla Renzo Arbore (Clinton suona il clarinetto). Eppure Edwards è di molto più comunicativo di John Kerry. Lo è perché parla delle «due Americhe», quella munita e quella demunita. Perché traduce in riforme sociali la linea politichese finora espressa della Convention, per cui «i democratici uniscono mentre i repubblicani dividono». Nella bocca di Edwards invece questa linea diventa: «le due Americhe devono diventare una»: che non ci sia più un'America che si paga le migliori scuole private e l'altra costretta a frequentare le più scalcinate scuole pubbliche; una che si offre la migliore sanità comprabile e l'altra condannata a non curarsi (44 milioni di americani senza copertura sanitaria).
La sua confezione plastificata lo faceva più innocuo di quello che è, mentre dal vivo è più astuto, freddo, calcolato. Il suo figurino da dieta salutista contrasta con il corpaccione della moglie e madre di cinque figli, uno morto da piccolo (forse sbaglio, ma viene da diffidare delle coppie in cui uno dei partner è troppo snello e in forma e l'altro si è troppo lasciato andare). Ma a osservare la sua performance si capisce come mai ha compiuto un'ascesa meteorica che in sei anni l'ha portato da avvocato provinciale di successo, al senato degli Stati uniti e ora a candidato vicepresidente. Sarà tosta per Hillary nel 2008 scalzarlo dalla nomination alla presidenza.
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