Da La Stampa del 30/07/2004

Nel fortino assediato aspettando la ripresa

di Mario Deaglio

«Non sarà indolore»: queste tre parole, pronunciate dal ministro dell’Economia a proposito della manovra per il 2005, tolgono ogni eventuale residua illusione che la politica economica possa miracolosamente dare tutto a tutti o, per dirla all’inglese, che sia possibile far la frittata senza rompere le uova. Al momento dell’approvazione del Dpef da parte del Consiglio dei ministri, e in attesa della Finanziaria di settembre, si ha l’impressione che le uova da rompere saranno molte e la frittata che ne risulterà relativamente scarsa.

Per comprendere bene le difficoltà attuali è necessario tener presente che le due ultime leggi finanziarie poggiavano su un’ipotesi fondamentale: quella di una crescita europea attorno al 3 per cento annuo collegata a una ancor più vigorosa crescita mondiale che avrebbe fatto dimenticare la crisi del Duemila e i colpi dell’11 settembre. Al contrario, la crescita europea è risultata pari a poco più di un terzo di quanto sperato e quella italiana si è limitata a pochi decimali, il che ha determinato introiti fiscali decisamente inferiori alle previsioni. Le pur brillanti alchimie finanziarie del ministro Tremonti non hanno potuto ribaltare la situazione.

Il ministro Siniscalco sarà più fortunato del ministro Tremonti? La crescita europea, già rivista all’insù negli ultimi sei mesi, sarà più sostenuta di quanto oggi è ufficialmente previsto? Diciamo che qualche possibilità c’è: l’economia europea dà ormai segni di muoversi abbastanza velocemente e questa modesta marea solleverà tutte le barche, anche quel vascello un po’ antiquato che è l’economia italiana. Tanto per fissare le idee ogni 0,1 per cento di crescita oltre le previsioni permetterebbe all’erario di incassare circa 500 milioni di euro senza ricorrere a nuove misure, da quelle francamente strampalate, almeno nella loro forma estrema, come la proposta dei pedaggi per le strade statali, a quelle francamente vessatorie come tagli estesi e bruschi agli enti locali e renderebbe inutile un’indebita chiusura sull’inflazione programmata e sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego.

Continuerebbe ugualmente a non esserci spazio per alcuna riduzione fiscale di dimensioni superiori a una ciliegina elettorale; e continuerebbero a non essere affrontate le debolezze strutturali che appesantiscono l’economia italiana e non paiono oggetto di seria analisi né a destra né a sinistra. Ma almeno le ruote dell’economia riprenderebbero a girare normalmente.

La strategia del ministro Siniscalco appare così pesantemente condizionata da qualcosa che non è sotto il suo controllo, dal materializzarsi o no di un «cavaliere bianco» rappresentato da una forte ripresa internazionale che venga a dar sollievo al suo fortino assediato. Per questo il suo Dpef dovrebbe essere «condizionale»: siccome nell’attuale situazione internazionale le previsioni a tre anni sono scritte sulla sabbia e sono risultate quasi costantemente errate, sarebbe a un tempo trasparente e realistico per il ministro dell’Economia ammettere questo stato di cose e costruire un Dpef «a geometria variabile»: meno tasse e meno tagli se la ripresa europea sarà più forte, con aggiornamenti ogni sei mesi. Il che introdurrebbe una nota di realismo in un quadro troppo spesso contrassegnato dall’attesa del miracolo.

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