Da La Repubblica del 30/07/2004

L´obbligo patriottico

di Vittorio Zucconi

BOSTON - L´AGNELLO si è travestito da leone e ha ruggito, nella serata finale della Convention di Boston. C´erano visibilmente due Americhe, sotto le volte della fortezza congressuale, quella del parterre e quella del podio, quella dei 4mila delegati militanti e quella degli oratori ufficiali, che nella sera dell´apoteosi del candidato hanno celebrato il loro matrimonio di interessi e hanno accettato il travestimento dei propri sentimenti autentici in cambio del sogno di rimandare a casa Bush. Il "mite uomo in grigio", come il Wall Street Journal ha chiamato Kerry, ha avuto la vittoria che cercava segnata dalla promessa non di pace subito, come la platea voleva, ma di un´America stronger, ancora più forte, più rispettata nel mondo e più giusta.

Sembra impossibile che il personaggio più pericoloso salito sul palcoscenico nei quattro giorni del "Barnum" democratico sia un uomo che neppure volendo potrebbe più fare male a nessuno, dopo avere lasciato tutte e due le gambe e un braccio in Vietnam. Ma l´ex capitano della Us Army ed ex senatore democratico della Georgia Max Cleland che perse tre dei quattro arti con i quali era nato su una bomba a mano, era, lui stesso, una mina politica vagante in questo nuovo partito democratico che John Kerry e John Edwards hanno cercato di anestetizzare e di trasformare in un partito di colombe con gli artigli.

Max Cleland, oggi a sessantadue anni professore di storia all´American University di Washington, è uno che ha versato troppo sangue in un´altra guerra insensata «per esportare la democrazia» per essere disposto a indossare fino in fondo la maschera di buonismo che Kerry ed Edwards hanno infilato per attirare gli elettori moderati, ed è uno che ha provato in prima persona dove portino le menzogne militariste. Basta chiedergli che cosa pensi di Bush per capire quanta paura facesse la sua rabbia ai registi della Convention: «Bush è un bamboccio inetto che ha mandato migliaia di ragazzi americani in guerra per farsi bello con il papà e salvare i fallimenti del vecchio George». «Bush è un immaturo che gioca a fare il macho, il maschione». «Bush dovrebbe dimettersi a andare di persona a chiedere scusa alle famiglie dei 900 morti e dei cinquemila feriti che ha spedito in Iraq per trovare due rimorchi di camion vuoti spacciati per laboratori di armi chimiche e un pacco di uranio che non c´era». Frasi che farebbero impallidire Michael Moore.

Non è il genere di commenti soft e «vogliamoci tanto bene» che questo congresso in maschera vuole trasmettere agli elettori e Cleland si è sacrificato ancora una volta per la patria e per la causa. Ha spinto la sua carrozzella sul palco nella sera della apoteosi sceneggiata di Kerry, ha inghiottito la sua doppia rabbia di grande invalido di guerra e di vittima delle sordide tattiche del partito repubblicano, che lo sconfisse in Georgia nel 2002 con "spot" che lo descrivevano come un fiancheggiatore di Al Qaeda («Io! Io che ho lasciato due gambe e un braccio per il mio paese, accusato di essere un traditore da quell´imboscato cacasotto di Bush!») e ha fatto il bravo, frenando la sua rabbia, soffocando la sua collera contro «quello schifo di un Bush» per aiutare il nuovo generale, John F. Kerry, a vincere la sua battaglia. «Spero di avere più successo questa volta - ha sbuffato spingendo la carrozzina dietro le quinte - ci tengo all´ultimo braccio che mi è rimasto».

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