Da Corriere della Sera del 29/07/2004

Kerry in barca a Boston. Con i veterani

Il candidato arriva con i commilitoni del Vietnam. Il vice: «E’ un vero comandante supremo»

di Ennio Caretto

BOSTON - Il candidato che non s'imboscò nella guerra del Vietnam e non ereditò i galloni presidenziali dal padre, ma conquistò 5 medaglie al valore militare al comando di una motovedetta nel Mekong e arrivò alle vette del Senato dopo trent'anni di politica, entra trionfalmente a Boston su un ferry boat bianco, in piedi sulla tolda in un anello di maglie blu, il colore del partito democratico. Indossano le maglie 10-12 ex commilitoni, un anello di uomini dagli occhi lucidi, dai capelli grigi e dalle spalle curve: la città è un tripudio di stendardi e di bandiere, risuonano inni patriottici. Dall'aeroporto Logan dove è atterrato il suo jet «Kerry-Edwards express», la bandiera a stelle e strisce sulla fusoliera, l'ex tenente sale sulla «Lulu E», ne prende il timone, porge ridendo la giacca salvagente a James Rosemann, un suo ex commando, gliela abbottona.

Per un attimo è di nuovo il ragazzo che guidò il suo equipaggio in battaglia e lo strappò alle imboscate: quel salvagente arancione è un ricordo, James, un repubblicano convertito, è ancora vivo solo perché Kerry, rischiando la pelle, lo ripescò dalle acque sotto il fuoco nemico.

Lo sbarco a Boston è un'apoteosi: mille, duemila persone circondano il candidato con cartelli con su scritto «Corri John, corri!», «Veterani per Kerry!», «Un'America più forte!». Il senatore afferra il microfono, cita Bruce Springsteen, il suo cantante preferito: «Nessuna ritirata, nessuna resa, vinceremo, ci rimpadroniremo della nostra democrazia e del nostro futuro». E ancora: «Noi cittadini privilegiati del più grande Paese del mondo scriveremo un capitolo nuovo, degno della nostra storia». A John Kerry non serve andare oltre, la traversata della baia rievoca il suo eroismo in guerra, si contrappone all'arrivo di Bush, un anno fa, in tuta da pilota, sul ponte della portaerei Lincoln davanti a uno striscione proclamante «Missione compiuta» (in Iraq). E' un punto a suo favore nella battaglia delle immagini e nello scontro coi repubblicani su chi sarebbe il miglior difensore dell'America nell'età del terrorismo. Lo sbarco a Boston richiama i moniti di Bill Clinton che «forza e saggezza non sono valori opposti» e di Teresa Heinz Kerry che «chi fu disposto a sacrificare la vita alla patria saprà sia proteggerla sia evitare guerre».

Nella città dove crebbe all'ombra dei Kennedy, di cui è il successore, Kerry conclude una simbolica cavalcata di sei giorni nell'America che più conta ai fini elettorali: quella delle roccheforti militari, Colorado e Virginia, e quella degli Stati «pendolo», Florida, Ohio e Pennsylvania. Il candidato sembra persuaso che chi darà al Paese maggiore senso di sicurezza verrà eletto presidente. John Edwards, il suo vice, nel discorso di ieri sera lo ha salutato come un uomo forte e deciso: «Sono proprio i tratti che vorreste in un comandante supremo».

Il suo blitz è un viaggio nel patriottismo americano. Da Aurora, il suo sobborgo natale a Denver, dove parla all'Accademia della aeronautica militare di cui fu cadetto il padre, si reca a Columbus nell'Ohio e più tardi a Cape Canaveral in Florida, al centro della Nasa. Domenica scorsa compie una puntata a Boston per lanciare la prima palla del match tra i Red Sox, la squadra cittadina, e i loro massimi rivali, gli Yankees, poi va a Norfolk in Virginia, alla più grande base della marina Usa al mondo, infine a Filadelfia in Pennsylvania di cui chiede il voto sulla scalinata del Museo dell'arte ritratta da Silvester Stallone nei film «Rocky». E ovunque si appella ai suoi trascorsi nel Vietnam.

E' la conferma di quanto le stragi del settembre 2001 abbiano cambiato l'America e la campagna elettorale. Come biglietto da visita alla «convention», Kerry presenterà la raccomandazione di 12 ex generali e ammiragli, tra cui il vincitore del Kossovo Wesley Clark. Un altro eroe del conflitto vietnamita, Max Cleland, un mutilato, introdurrà il suo discorso d'accettazione. Il Fleet Center verrà ammantato di bandiere e di fotografie di soldati. E da venerdì un milione di reduci delle guerre americane dello scorso secolo - «una banda di fratelli» - mobiliteranno gli elettori.

«Il nostro nemico non è la paura - ha tuonato Ted Kennedy - è la possibilità che Bush venga rieletto per altri 4 anni».

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