Da Il Manifesto del 07/07/2004

PRESIDENZIALI

Un vice in pannolini

di Marco D'Eramo

Così alla fine il candidato democratico alla presidenza si è scelto come potenziale vicepresidente uno che «quando io andavo a combattere in Vietnam, non sono sicuro che si fosse già tolto i pannolini»: tale fu infatti la tagliente battuta pronunciata da John Kerry sul senatore della North Carolina John Edwards quando i due si fronteggiavano nelle primarie. Naturalmente i repubblicani sono subito saltati sul «vicepresidente in pannolini», sulla sua inesperienza militare e internazionale (Edwards, 50 anni, è al suo primo mandato senatoriale). Soprattutto hanno subito sparato su Edwards come «seconda scelta», dopo il rifiuto da parte di John McCain, anticonformista senatore repubblicano dell'Arizona che nelle primarie repubblicane del 2000 era stato il più pericoloso rivale di George Bush jr.

Infatti se Kerry è stato tanto incerto su Edwards, è non solo per gli scontri avuti nelle primarie e per il gelo che vige tra loro, ma soprattutto per l'inesperienza politica di Edwards che costituisce un facile bersaglio rispetto allo sperimentatissimo (fin troppo) attuale vicepresidente Dick Cheney (che, quando Kerry era in Vietnam, già maneggiava nel governo).

Il problema è che Kerry non aveva grandi scelte. Il suo primo, categorico imperativo è di avere un partner meridionale: sono infatti 40 anni che non viene eletto un presidente originario del Nord, e tanto meno dell'«aristocratica» Nuova Inghilterra (l'ultimo fu Kennedy, del Massachusetts, nel 1960): texani Johnson, Bush padre (d'adozione) e Bush figlio, californiani Nixon e Reagan, georgiano Jimmy Carter georgiano, dell'Arkansas Clinton. Invece parla fluente francese Kerry, patrizio bostoniano (discende per parte di madre dai banchieri Forbes) sposato a una miliardaria portoghese.

Per lo meno Kerry ha avuto il buon senso di scartare uno dei boss dell'apparato democratico, Dick Gephardt, perdente nato. Ben più consistente la candidatura del capace e potente senatore della Florida Bob Graham, che per di più avrebbe portato in dote stato governato dal fratello del presidente, Jeb Bush che nel 2000 aveva scippato la vittoria ad Al Gore: anche questo novembre la Florida sarà in bilico.

Telegenico, assai apprezzato dalle elettrici, per la sua forte comunicativa Edward è stato paragonato a Bill Clinton (in questo insuperabile). Nelle primarie aveva colpito il suo insistere sulla frattura tra le due Americhe, quella dei ricchi e quella della «classe media» (che, nella tassonomia sociale americana, comprende anche la classe operaia). Per di più Edwards dice di voler rinegoziare il Trattato di libero commercio nordamericano (Nafta) per impedire che tanti posti di lavoro emigrino verso il Messico dei salari straccianti: può perciò portare come dote non solo la sua «terronità», ma anche un più convinto appoggio dei sindacati che non sono mai andati pazzi per Kerry e vedono il Nafta come fumo negli occhi.

Oltre alla retorica populista (uno degli slogan della campagna di Clinton nel 2002 era «Il popolo in primo luogo» People First), Edwards è clintoniano in quanto «Nuovo democratico», (come il New Labour di Tony Blair): è un centrista che ha votato per il Patriot Act nel 2001 e per i poteri militari a Bush in Iraq nel 2002, un politico contrario ai matrimoni tra i gay ma favorevole ad accrescere i benefici per le coppie conviventi di omosessuali. Il ticket democratico è non solo il primo da decenni a essere composto da due senatori, ma è caratterizzato dall'anguillesca sfuggevolezza politica che accomuna Kerry ed Edwards, pannoloni a parte.

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