Da La Repubblica del 04/07/2004

E´ finita la grande glaciazione

di Ilvo Diamanti

Il centrodestra è imploso. Non ha retto al pareggio ottenuto alle europee. Alla sconfitta subita alle amministrative e soprattutto a Milano. E quindi a Bologna, Bergamo, in Sardegna. Non ha retto, soprattutto, il "modello Berlusconi". Fondato sul ruolo del leader. Sviluppato lungo la direttrice territoriale che collega Milano al Nordest. Il ruolo del leader. Ridimensionato, irrimediabilmente. La Cdl non è più una monarchia assoluta, come ha affermato Follini, nei giorni scorsi. Diventa una coalizione vera. Teatro di contrattazione fra soggetti politici e interessi diversi. Una realtà ben distante dalla piramide costruita e definita da Berlusconi. Il vertice. Solo e unico leader. Le dimissioni di Tremonti costituiscono l´effetto - e al tempo stesso la prova, la dimostrazione - più visibile di questo profondo mutamento in atto. Perché Tremonti era ben più del superministro economico, il titolare del dicastero più importante. Era il vero interprete del "modello Berlusconi" applicato al governo. Ed era, al tempo stesso, la figura che, più di tutti, forniva identità e significato a questa esperienza. L´interlocutore privilegiato della piccola impresa che si snoda lungo la pedemontana del Nord. Alleato di Bossi e della Lega. Della Lega di Bossi. Garante del progetto federalista e della riforma fiscale. Europrudente e un poco scettico verso la Ue. E soprattutto verso l´euro. L´ideologo e, al contempo, il responsabile della «via padana alla riforma dello stato e dell´economia», che tanta importanza ha assunto per questo governo. Berlusconi, infatti, nel 1994 aveva vinto le elezioni portando Milano a Roma.

Aveva dato soluzione ad anni di tensioni e di conflitti fra il Nord e lo Stato, conquistando il governo con la complicità della Lega (e il sostegno di An). Nel 2001 le ha rivinte portando a Roma non solo Milano, la capitale della produzione dei beni immateriali (la finanza, i servizi, la comunicazione), ma anche il Nordest, la metropoli diffusa del post-fordismo; della piccola impresa e dei piccoli imprenditori. Oggi, però, il Nord padano è fiaccato. Dalla debolezza della Lega (anche se alle Europee appare in lieve ripresa rispetto alle elezioni recenti). Dalla debolezza di Fi, che non è più maggioranza nella coalizione. E dalla debolezza dei soggetti socioeconomici che negli ultimi vent´anni gli hanno garantito sviluppo e visibilità. I piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi. Il cui peso politico (non economico) si è ridotto, come dimostra l´affermazione di Montezemolo alla guida di Confindustria. I piccoli imprenditori. Anche se continuano a sentirsi lontani dal centrosinistra (come mostrano le indagini della Fondazione Nord Est e di Demos), diffidano del centrodestra e delle sue strategie. E dei suoi uomini. Anche di quelli verso cui nutrivano maggiori aspettative. Come Tremonti. Appunto. È fiaccato il Nord padano. È fiaccato il Nordest. Che in molte realtà locali e regionali ha abbandonato il centrodestra. In Friuli Venezia Giulia, a Padova, Verona, Udine. Oltre che a Venezia, Trento, Belluno, ecc.

Come pensare che tutto potesse procedere come prima? Che Berlusconi riuscisse, questa volta come le altre, a imporre, con le buone o le cattive, la sua legge, agli alleati riottosi? Non ha più i numeri, per fare il monarca assoluto. Per dirimere e dirigere. Tanto più che gli alleati (?), in queste elezioni, non solo hanno aumentato i loro consensi, ma ne hanno ulteriormente modificato la geografia. Sottraendo a Fi ampie quote di elettori proprio nel Sud, come dimostra l´analisi di Fabio Bordignon pubblicata oggi su Repubblica. Peraltro, alle europee, An nel Mezzogiorno ha raccolto il 55% dei propri voti; l´Udc: il 61%; Forza Italia: solo il 38%. Come pensare che la geopolitica del centrodestra non ne avrebbe risentito? Per questo, anche per questo la finanza creativa di Giulio Tremonti non poteva più suggestionare. La sua indisponibilità ad ammettere i vincoli e i costi della crisi economica internazionale. E la sua preferenza per ridurre l´intervento pubblico, la spesa sociale, in tempi insicuri, piuttosto che allargare il prelievo fiscale. Infine, i fili si sono spezzati. E la politica del governo, il baricentro della Cdl ha smesso di gravitare sul Nord. E oggi Berlusconi, il modello che aveva interpretato e imposto negli ultimi cinque anni, perde un altro attore protagonista. Dopo Bossi, entrato in un cono d´ombra sempre più denso, sempre più opaco. Da cui si leva, ogni tanto, qualche messaggio. La voce esile, spezzata. Bossi. Non è surrogabile il suo ruolo nella Lega, ma neanche nella Casa di Berlusconi. Il quale rinuncia a Tremonti per riposizionare l´asse, il punto dell´equilibrio geopolitico della Cdl. Spostandolo più a Sud. Più vicino a Roma che al federalismo. Ma, in questo modo, rinnega anche se stesso. Il proprio ruolo. Il proprio modello. Non è detto, per questo motivo, che le dimissioni di Tremonti siano sufficienti a superare i contrasti e le divisioni nella maggioranza. È, invece, lecito ipotizzare una fase di instabilità politica, dagli incerti sviluppi. Non è più scontata la previsione espressa dalla filastrocca concepita, mesi fa, da Edmondo Berselli: "La Casa crolla ma non cade". Minata alle fondamenta (la monarchia di Berlusconi, la personalizzazione, l´asse Milano-Nordest, la finanza creativa di Tremonti), la Casa potrebbe diventare instabile e insicura. Perfino sgretolarsi. E allora, davvero, il gioco si riaprirebbe, nella politica italiana. Senza le fratture e le rigidità che oggi bloccano il mercato elettorale. Perché a scoraggiare la mobilità degli elettori da uno schieramento all´altro, dal centrodestra al centrosinistra, non è (sol) tanto la debolezza dei moderati dei due versanti. È, soprattutto, il doppio pregiudizio, l´antitesi fra antiberlusconismo e anticomunismo, su cui reggono il sistema politico e l´orientamento degli elettori. L´ha "inventata" Berlusconi, riproducendo, in caricatura, quella fra democrazia e comunismo, che aveva caratterizzato la prima Repubblica. Proponendo e imponendo se stesso come simbolo della post-democrazia, unico argine contro il post-comunismo.

Gli altri l´hanno assecondato, accettando questa doppia frattura ideologica, in tempi di collasso delle ideologie.

Ma oggi, insieme al "modello Berlusconi", è destinato a ridimensionarsi anche l´antiberlusconismo. E l´anti (post) comunismo. Nell´immediato futuro, dunque, è ragionevole attendersi lo scongelamento di ampi settori di elettorato. Disposti a scegliere, con più libertà. Senza i pregiudizi e senza i vincoli del passato. Lontano e recente. Muovendosi, con più facilità, fra destra e sinistra.

Ciò costringe il sistema partitico italiano ad affrontare in fretta le questioni eluse, oppure continuamente rinviate. Quali progetti, quali soggetti, quali leader, quali modelli organizzativi. Riguardano il centrodestra, che sperimenta la poliarchia, dopo anni di monarchia. Ma, soprattutto, il centrosinistra. Che non ha più alibi. Deve andare "oltre" Berlusconi. La grande glaciazione è finita. Occorre disporsi, in fretta, a navigare in mare aperto.

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