Da La Repubblica del 24/06/2004

La misteriosa ascesa del giordano Al Zarqawi, presunto erede di Bin Laden alla guida di Al Qaeda

Il nuovo "sceicco del terrore" dalla jihad afgana alle decapitazioni

di Carlo Bonini

Chi è Abu Mussab al-Zarqawi? E´ davvero sua la voce diffusa ieri da un sito web in lingua araba con cui si promette «veleno e spada affilata» a Ilyad Allawi, primo ministro iracheno ad interim? Coglie nel segno il generale americano Mark Kimitt nell´attribuire con certezza alla banda di assassini che di Zarqawi spende il nome la responsabilità dello scempio degli ostaggi Nick Berg e Kim Sun Il?

Sono domande che conviene porre perché fragili e talvolta contraddittorie, allo stato, appaiono le risposte. Fragili e contraddittorie quanto la storia di questo cittadino giordano di 38 anni, di cui esiste una sola foto in bianco e nero risalente nel tempo e un nome, il suo vero nome: Fadel Al Khalayleh. Che forse si nasconde a Falluja o forse a Riad. O forse in Giordania. O forse al confine con l´Iran. Che forse si trascina su una sola gamba, avendo perso l´altra. O forse su una gamba e una protesi. Per la sua testa l´America è pronta oggi a pagare una taglia di 25 milioni di dollari. Non un centesimo di meno del prezzo fissato per la chimera Osama Bin Laden. Di cui, del resto, ormai nessuno più chiede. Soprattutto da quando la sua ubiquità è stata sostituita da quella di Fadel Al Khalayleh, alias Abu Mussab al-Zarqawi.

E´ storia non esattamente di ieri, ma del febbraio 2003, vigilia di guerra in Iraq. Il segretario Colin Powell vuole convincere le Nazioni Unite che ciò che annoda Saddam ad Al Qaeda non è solo un campo di addestramento lungo il Tigri in cui Mohammed Atta si sarebbe formato alle tecniche del dirottamento aereo. Ma anche un assassino che a Bagdad ha trovato rifugio. Abu Mussab Al Zarqawi. Sul tavolo delle evidenze che «impongono» la guerra e che il tempo si incaricherà di demolire una ad una, viene dunque calata quella foto in bianco e nero, corredata di una taglia allora ancora «modesta»: cinque milioni di dollari. La Cia - sostiene Powell - ha raccolto sul conto di questa testa matta informazioni sufficienti a farne un nuovo terribile fantasma da cui guardarsi. Zarqawi viene dato a Bagdad, quindi a Herat, nel Kurdistan iracheno, al confine con l´Iran. Dove, accredita ancora l´intelligence americana, prepara i suoi martiri ad immolarsi con gas nervini di fronte alla possibile offensiva militare delle forze della Coalizione.

In quel febbraio 2003, pochi conoscono Zarqawi fuori dal Paese in cui è nato - la Giordania - e dove, lui latitante, un tribunale lo ha condannato a morte quale ispiratore di una serie di piani di attacco ad obiettivi americani e israeliani. Si sa che discende dalla tribù beduina dei «Beni». Che, negli anni ?80, ha combattuto la Jihad in Afghanistan contro l´invasore sovietico, in quei battaglioni di «arabi-afgani» dove ha conosciuto Osama Bin Laden. I due impugnano entrambi le armi in nome di Allah ma sono rivali, al punto che, con la sconfitta sovietica, Zarqawi torna in Giordania, dove viene arrestato e sconta sette anni di galera con l´accusa di cospirazione nei confronti della monarchia.

Nel 2001, la Cia lo dà di nuovo in Afghanistan, dopo una latitanza che lo avrebbe portato a lunghi soggiorni in Europa. A contatti con «cellule» dormienti italiane e tedesche. Impegnato in «attività che - annota l´intelligence di Berlino - sembrano in realtà più concentrate sulla Giordania e dunque non coincidenti con le informazioni provenienti dall´America». Sta di fatto che, in quel 2001, Zarqawi sarebbe davvero nelle valli afgane, dove si combatte la prima campagna della Guerra al Terrore e dove schegge di un missile americano gli tranciano di netto una gamba.

Sembra non se ne debba parlare più. Ma, appunto, nel febbraio 2003 ecco il suo nome speso da Powell. Ecco al lavoro un tribunale giordano che gli imputa l´omicidio dell´americano Laurence Foley, assassinato ad Amman nell´ottobre del 2002. Il fantasma di Osama Bin Laden evapora, quasi fagocitato da quello di Abu Mussab Zarqawi.

Da allora, non c´è sangue versato dentro e fuori l´Iraq cui le intelligence occidentali non attribuiscano, sulla scorta di indizi mai sino in fondo svelati, la sua firma o il suo tacito assenso di asserito nuovo leader di Al Qaeda. La strage di Najaf (50 morti, tra cui l´Ayatollah sciita Al-Hakim appena rientrato dall´esilio iraniano), la strage di italiani a Nassiriya, la strage di Madrid, le stragi di Casablanca e Istanbul. Sempre lui. Sempre e ancora Abu Musab Al-Zarqawi, sceicco mutilato del terrore. Le prove? Ora una lettera intercettata nel febbraio 2004 e a lui attribuita in cui si chiama alla Jhiad contro l´invasore americano. Ora proclami scritti e verbali raccolti sul web. Insomma, una voce, una foto in bianco nero e un ennesimo fantasma imprendibile. Il nuovo nemico d´America e dell´Occidente. Comunque un nuovo franchising del terrore nel cui nome operare con il volto camuffato da una kefia.

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