Da Corriere della Sera del 09/06/2004

Accordi in cinque fasi con i gruppi etnici. Così i Servizi hanno isolato i rapitori

La collaborazione dell’intelligence con curdi, sciiti e sunniti ha funzionato. «Vincenti dialogo e fermezza»

di Magdi Allam

Un successo dei servizi segreti italiani destinato a fare storia. La liberazione dei nostri tre ostaggi in Iraq coniuga il principio della fermezza ideologica nei confronti del terrorismo con la cultura politica del dialogo con tutte le forze locali non direttamente colluse con il terrorismo. Una strategia che ha consentito di fare terra bruciata attorno ai sequestratori prima dell’assalto decisivo. «E’ chiaro che qualcuno ci ha aiutato a scoprire i sequestratori», ci dice una autorevole fonte dell’intelligence, «è stata molto importante la partecipazione degli iracheni che hanno disgiunto il fatto umano da quello politico». Sul blitz che ha portato alla liberazione afferma: «E’ stato un intervento umanitario, chirurgico e rispettoso delle persone che ci hanno aiutato». Precisa che «il governo italiano ha dovuto condividere la responsabilità militare, non solo politica, dell’intervento. E ha dato un consenso ragionato, calibrato, manifestando un atto di grande responsabilità».

A suo avviso «l’arma vincente è stata la pazienza». La pazienza necessaria a tessere una complessa trama articolata in cinque fasi. La prima fase ha comportato la creazione di una vasta e fitta rete di intese con tutti i gruppi etnici, politici e religiosi iracheni in grado di condizionare i sequestratori. Si sottolinea che, pur nella consapevolezza che i sequestratori erano arabi musulmani sunniti, si è voluto coinvolgere nella vicenda anche i curdi e gli sciiti. Così come, pur nella consapevolezza che i sequestratori fossero ideologicamente laici baathisti, anche se in combutta con gli estremisti islamici di Al Qaeda, ci si è rivolti anche alle forze integraliste sia sunnite sia sciite. A ciascuno si è offerto una contropartita politica o di altra natura in cambio della collaborazione a favorire il rilascio degli ostaggi.

La seconda fase ha consentito di fare terra bruciata attorno ai sequestratori ottenendone la delegittimazione politica da parte di tutte le forze irachene, compreso il leader radicale sciita Moqtada al Sadr. La terza fase ha registrato l’impegno dell’intelligence a infiltrare il gruppo dei sequestratori, tra cui sono stati individuati degli ex agenti segreti del regime di Saddam Hussein. La quarta fase ha portato, negli scorsi giorni, all’identificazione del luogo del sequestro e all’accertamento del numero preciso dei terroristi. La quinta fase, decisa nelle ultimissime ore, ha determinato l’assalto del luogo del sequestro e la liberazione dei nostri connazionali.

L’identità dei sequestratori ha confermato che si trattava della fazione più intransigente in seno alle forze baathiste legate al passato regime, che sul terreno hanno stretto un’alleanza con i militanti di bin Laden. A nulla sono valsi i molteplici tentativi di allacciare un negoziato, tantomeno di pervenire a una soluzione di compromesso. L’imbarazzo dei vari gruppi che si sono offerti per mediare, tra cui il tanto citato Consiglio degli ulema musulmano, è stato tale che hanno preferito sostenere pubblicamente di non conoscere i sequestratori.

Il fatto che insieme ai tre italiani ci fosse anche un ostaggio polacco, è un ulteriore indizio della natura esclusivamente politica del sequestro. L’obiettivo dichiarato sia della sedicente Resistenza irachena sia di Al Qaeda è di costringere gli italiani e i polacchi a ritirare le loro forze dall’Iraq, seguendo l’esempio spagnolo. Solo così, a loro avviso, anche la Gran Bretagna verrebbe a trovarsi nella condizione di dover abbandonare l’alleato americano all’auspicata sconfitta. E’ verosimile che la liberazione degli ostaggi abbia scongiurato una loro disumana strumentalizzazione in concomitanza con le imminenti elezioni europee e amministrative.

Per un altro verso è indubbio che il successo dell’intervento armato sia stato favorito dal clima di legalità e di credibilità internazionale che si sta conquistando il nuovo governo e l’Iraq sovrano che esso esprime. Ecco perché di fatto la liberazione di Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio rappresenta una vittoria di tutti coloro che credono nella stabilizzazione, pacificazione e democratizzazione dell’Iraq. Per contro è una indubbia sconfitta della sedicente Resistenza irachena e dei terroristi di Al Qaeda che vedono sfumare il loro progetto di trasformare l’Iraq nel fronte di prima linea della loro Guerra santa contro l’America e la civiltà occidentale.

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