Da La Repubblica del 09/06/2004

Fassino, leader dei Ds: "Tiriamo un sospiro di sollievo per la liberazione degli ostaggi"

"Il premier non strumentalizzi ricordi la sconfitta di Aznar"

C´è un fatto nuovo che venti giorni fa non c´era, è uno sviluppo che noi avevamo auspicato. Ma resta il giudizio negativo sulla guerra
Il Vecchio continente deve diventare protagonista della crisi in Iraq. Si mostri unito e assuma una posizione comune per dire se e come si può restare lì

di Goffredo De Marchis

ROMA - La felicità per la liberazione degli ostaggi, il ricordo di Antonio Amato e Fabrizio Quattrocchi, un avvertimento a Berlusconi: stia attento a strumentalizzare elettoralmente la vicenda dei sequestrati italiani perché rischia di essere punito. «Si ricordi di quello che è successo al suo amico Aznar». Ma le buone notizie che arrivano da Bagdad riportano Piero Fassino al complesso della vicenda irachena, molto lontano dalla campagna elettorale in Piemonte. «Adesso tocca all´Europa - dice il segretario Ds -. Il Vecchio continente deve finalmente diventare protagonista della crisi in Iraq. Deve essere unito, dire con una voce sola se e come si può stare lì».

Cominciamo dagli ostaggi.
«È un´ottima notizia di cui ogni italiano non può che essere soddisfatto. Tiriamo un sospiro di sollievo e il nostro pensiero va anche ad Antonio Amato e Fabrizio Quattrocchi che sono stati atrocemente assassinati. La soddisfazione unisce tutti, dall´altra parte in queste lunghe settimane di attesa gli ostaggi non sono mai stati un argomento di divisione tra le forze politiche».

Alcuni temono che la liberazione a tre giorni dal voto europeo venga usata a fini elettorali dalla maggioranza. Anche lei ha qualche sospetto?
«Mi auguro che il premier e il governo usino misura e buon gusto. Se fossero tentati di strumentalizzare il ritorno a casa di Agliana, Cupertino e Stefio, rischierebbero di essere severamente giudicati dai cittadini. Si ricordino la fine che ha fatto Aznar quando ha provato ad usare, alla vigilia delle elezioni, l´attentato dell´11 marzo... «.

Intanto la Francia, la Germania e la Russia annunciano il voto favorevole alla risoluzione Onu firmata dagli Usa. Ora la svolta c´è?
«Se ci sarà una svolta lo vedremo nei prossimi mesi, ma non c´è dubbio che nel Consiglio di sicurezza sta maturando un mutamento di scenario. Diciamo subito che questo cambio di rotta rappresenta il fallimento della strategia unilaterale di Bush, una strategia che lo ha portato ad affrontare la guerra praticamente da solo, che ha emarginato il ruolo dell´Onu e fermato le ispezioni promosse dalle stesse Nazioni unite. Oggi il presidente americano deve correre ai ripari, non sa come uscire dal pantano iracheno reso ancora più putrido dalle immagini delle torture ed è costretto a negoziare con Francia, Germania e Russia, cioè le nazioni che non hanno condiviso il conflitto. Insomma, la dottrina della guerra preventiva non è la strada giusta per affrontare i problemi del mondo, l´unica strada è la politica e il multilateralismo».

Il centrosinistra come accoglie queste novità, dopo aver chiesto il ritiro dei soldati italiani?
«Siamo soddisfatti, rivendichiamo una linea limpida e rigorosa. Abbiamo sempre detto no alla guerra preventiva, abbiamo sempre chiesto di riconoscere la funzione dell´Onu per riportare la crisi nella sede propria. Lo abbiamo detto già un anno fa e siamo stati sbeffeggiati dalla destra. Il 27 marzo, un mese e mezzo fa, Berlusconi non sentiva il bisogno di una nuova risoluzione e pochi giorni dopo dipingeva il Palazzo di Vetro come un posto dove siedono tanti stati dittatoriali. Oggi scopriamo che il Cavaliere si è innamorato dell´Onu... La verità è che Bush e Berlusconi sono caduti da cavallo e ora vogliono farci credere di essere scesi serenamente. Beh non è così, soprattutto per il nostro premier. Lui è andato da Bush a Washington invece di fare un giro delle capitali europee mentre Bush è venuto in Europa a parlare con Chirca per cercare di sbloccare la situazione. Questa è la realtà. La osservo con amarezza perché vorrei che il mio Paese fosse più autorevole sullo scenario internazionale. Invece il ruolo è stato irrilevante, non a caso il clou di questa nuova fase si è consumato sulla spiaggia della Normandia, dove Berlusconi non c´era».

Il Cavaliere però può rivendicare la presenza delle truppe italiane in Iraq in una situazione modificata mentre la lista Prodi ha appena votato per il ritiro. Forse quelle tre righe erano davvero troppo sintetiche.
«È una polemica del tutto sciocca. Nel momento in cui ha sottoscritto le tre righe, la lista unitaria ha anche presentato un documento ampio e articolato sulla crisi irachena. Quando abbiamo proposto il rientro la risoluzione non c´era. E comunque nel verbale stenografico della Camera c´è scritto quello che dissi in aula: se e quando l´Onu assumerà una funzione centrale in Iraq, l´Italia dovrà sostenerla attivamente. Oggi dico di più: siccome a questo cambio di scenario si è arrivati con il contributo determinante dei Paesi europei, quell´Europa che è stata divisa sulla guerra non si deve dividere ancora. Chiediamo al governo italiano e agli altri Paesi europei di discutere in quale modo il Vecchio continente concorre a una svolta in Iraq, all´applicazione della nuova risoluzione dell´Onu. All´Italia, soprattutto, il momento impone di uscire da una logica di rapporto esclusivo con gli Stati uniti. È necessaria un´intesa con le altre capitali europee».

Insomma, con l´Onu bisogna restare in Iraq?
«Se c´è un nuovo scenario bisogna sostenerlo, è chiaro. Io dico che il modo più giusto per farlo è che l´Unione europea si mostri unita e assuma decisioni e comportamenti comuni».

Avete invocato l´Onu per mesi, ora che le Nazioni unite entrano nella crisi irachena, la lista unitaria è attestata sul ritiro. Siete stati quantomeno intempestivi.
«La politica deve fare i conti con l´evoluzione dei fatti. Oggi c´è un fatto nuovo che venti giorni fa non c´era ed è uno sviluppo che noi abbiamo sempre auspicato. Ma resta fermo il nostro giudizio sulla guerra. Anzi, gli sviluppi di queste ore confermano quell´analisi: è stato un conflitto sbagliato che ha diviso l´Europa, ha emarginato l´Onu, ha inasprito i rapporti con gli iracheni e incrinato l´immagine dell´Occidente nei Paesi arabi e nelle società islamiche. Non a caso oggi gli Stati uniti devono cercare un accordo con quei Paesi che hanno sempre criticato l´intervento in Iraq».

Nemmeno col senno di poi il centrosinistra deve fare autocritica?
«Col senno di poi non c´è niente di cui pentirsi. Semmai la riflessione autocritica dovrebbe riguardare il governo e Berlusconi: prima ci hanno spiegato che l´Onu era inutile, un ferrovecchio e ora lo esaltano, prima non hanno mai avviato una discussione in sede europea o adesso festeggiano la posizione di Francia e Germania. Ripeto: noi abbiamo sempre sostenuto che se e quando l´Onu fosse intervenuto noi avremmo dovuto esserci, insieme alle altre nazioni europee».

Però avete firmato una mozione anche con chi è per il ritiro con o senza l´Onu.
«Nel momento in cui il consiglio di sicurezza vota all´unanimità una risoluzione e questo risultato è il frutto di una battaglia condotta dai Paesi europei, se ne deve tenere conto, bisogna dire che cambia lo scenario e che può aprirsi una fase nuova, fase che può arrivare a tanti più traguardi quando più passa attraverso l´azione europea. Non dimentichiamo che quei Paesi hanno ottenuto ben quattro diverse versioni del testo finale...».

Lei immagina un ruolo europeo che cancelli gli Stati uniti dall´Iraq?
«Nessuno può pensare di escludere gli Usa dalla crisi irachena. Ma l´attore in Iraq non può e non deve più essere solo l´America. Da quella crisi non si esce senza l´Europa».

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