Da Corriere della Sera del 29/05/2004

LE REAZIONI / Calderoli: il capo dell’esecutivo ha ragione

Follini: governi, poi pensi ai voti Fini sul fisco: prima i ceti medi

L’ironia del vicepremier: se il Cavaliere fosse al 51%, la Cdl avrebbe almeno il 75%. Magari...

di Roberto Zuccolini

ROMA - Non è venuto al congresso di Assago, su tante cose non la pensa allo stesso modo e lo dice chiaramente: «Governare viene prima del 51 per cento dei voti che Forza Italia vorrebbe ottenere». Marco Follini risponde a distanza a Silvio Berlusconi. E gli ricorda che «prima di essere leader del suo partito è presidente del Consiglio». Non solo, aggiunge che «pur capendo che sta in campagna elettorale e pur parlando al suo congresso» certe priorità si devono mantenere: «Francamente la buona riuscita del governo è più importante». E così il leader dell’Udc prende nuovamente le distanze dal Berlusconi d’attacco che ieri ha lasciato le briglie sciolte al suo cavallo di razza Giulio Tremonti. E che sul fisco ha invocato la maggioranza assoluta per portare avanti senza problemi la sua riforma.

Ma su questo tema in realtà il premier si è trovato di fronte anche Gianfranco Fini che, con gran parte di An, frena non poco sui progetti più radicali: «Se votare Forza Italia significa ridurre le tasse per tutti, votare An significa lo stesso ridurre le tasse: ma subito per i ceti medi e solo dopo per i ricchi». Insomma, gli alleati di Berlusconi continuano a portare avanti i loro distinguo. E continuano a non cantare nello stesso coro su non pochi argomenti. Ancora Fini: «Se Forza Italia avesse il 51%, la Casa delle Libertà avrebbe perlomeno il 75%, quindi magari». Unica concessione del vicepremier: il ricorso al voto di fiducia tutte le volte che serve. «E’ uno strumento regolamentare, non c’è niente di male a usarlo».

E la riforma elettorale? Meglio non parlarne, almeno in casa Udc. Tanto che a Firenze Marco Follini se la prende con «la corrispondenza di amorosi sensi» tra forzisti e diessini contrari alle preferenze nella battaglia regionale. Ma anche a livello nazionale fa capire che i progetti di riforma annunciati da Berlusconi, quelli che dovrebbero dare più peso ai partiti maggiori, non sono nelle corde del suo partito: «Mi permetto di sconsigliare una discussione a prescindere dalle cose che sono all’ordine del giorno». Come dire: non è il caso di affrontare ora l’argomento. E, se il segretario dell’Udc si trattiene, il fedelissimo Luca Volontè si scatena contro il ministro dell’Economia: «Le critiche che ha rivolto al presidente della Confindustria sulla concertazione difficilmente possono considerarsi frutto dello spirito di coalizione». E, poi, al premier: «Non si può andare avanti a colpi di fiducia: in un sistema parlamentare il dialogo è fondamentale».

Peccato che è proprio il contrario di ciò che pensa il leghista Roberto Calderoli, segno che regge l’asse con il Carroccio anche in campagna elettorale: «Mi sta benissimo l'ipotesi che la fiducia venga chiesta ogni volta che si renda necessaria». Perchè il vicepresidente del Senato si trova d’accordo con Berlusconi anche sul fatto che «con questa opposizione non si può dialogare».

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